“Il Minzulpop è la versione moderna e farsesca del Minculpop visto che, come diceva Karl Marx, le tragedie della storia tendono a ripetersi, ma in forma di farsa…”, questo è un brevissimo estratto dalla prefazione che Marco Travaglio ha scritto per il libro “Minzulpop”, edito da Nutrimenti, una piccola e coraggiosa casa editrice, e presentato nella sede della Fnsi.
L’autore o meglio gli autori sono un collettivo di lavoro formato da giornalisti,ricercatori, blogger, che hanno scelto come pseudonimo collettivo quello di Hari Seldon, la figura centrale del Ciclo della Fondazione,il capolavoro di Isaac Asimov.
Tragedia e farsa sono davvero la sostanza di queste pagine ricche di cifre, dati,citazioni, autentiche perle pescate nella rete,nella memoria che ci restitiuisce la storia della progressiva unificazione strutturale di quelle che un tempo erano due aziende: la Rai e Mediaset.
Tragedia perchè il libro contesta alla radice la tesi trasversalmente condivisa che la tv non sposterebbe un voto. Una panzana simile costerebbe la bocciatura in qualsiasi corso di scienza della comunicazione. Sotto questo profilo il minzolinismo, in senso lato, rappresenta l’aspetto estremo del conflitto di interessie e, come tale, sostengono gli autori ha costretto tutti, ma proprio tutti, salvo quelli che sono sul libro paga, a doversi ricredere.
L’analisi che i ricercatori di Hari Seldom hanno condotto sul Tg1 e il Tg5 rivela l’impressionante assonanza di linguaggi, di scalette, di titoli. 25milioni di italiani ricevono ogni giorno questo ombardamento mediatico.
Oltre il 70% di loro decide il voto soprattutto in base ai tg, i dati sono il frutto di una ricerca condotta dal Censis e coordinata dal professor De Rita, non da una associazione di bolscevichi in pensione.
Il segreto, il libro lo documente in modo prezioso, stanell’oscurare tutte le notizie relative alla crisi economica, al precariato, alle mancate ricostruzioni, alle cricche, alle condanne trasformate in prescrizioni, alle promesse non mantenute e nell’amplificare la fuffa, la non notizia, le gesta del condottiero. Il tutto condito dalla ricerca dell’effettaccio di cronaca nera, dalle Avetrana di turno.
L’amplificazione della conaca nera suscita senso di paura e di ansia,richiesta di ordine,tutta roba buona per acchiappare voti, e non a caso ne beneficia la Lega.
L’oscuramento dei temi sociali ed economici,della progressiva distruzione dello stato sociale,come ha dimostratoin una sua ricerca l’osservatorio di Articolo21, è invece necessario per consentire la propaganda totale,quella che caratterizza questa fase della vita politica,segnata da una mostruoso e pericolosa miscela di volontà di potenza e di manifesta impotenza. Una coalizione disgregata, un leader al tramonto, tentano di difendersi e di sopravvivvere non grazie alla azione politica, ma utilizzando i media e imponendo la propaganda totale,quella che esalta il capo, cancella quello che può infastidire, e, vedi gli ultimi casi, bastona i dissidenti, e soprattutto gli ingrati che hanno osato a ribellarsi al padre padrone della coalizione.
Il libro, tuttavia, si dedica non solo a Minzolini, quanto al coro che gestisce la comunicazione del piccolo Cesare, i coristi della propaganda, e qui si incontrano le perle pescate dalla rete.
Sentite questa invettiva rivolta contro Emilio Fede che, nel 1994, si era scagliato contro Montanelli che si era permesso di esprimere le sue preoccupazioni sul Berlusconi politico: “non serve una lezione di intolleranza proprio mentre infuria la polemica su quanto sia favorito, rispetto ai concorrenti un candidato che possiede tre reti televisive…questo episodio moltiplica l’inquietudine, mostra lontane tentazioni da Minculpop e lascia sbigottiti..”, chi le ha scritte? Enzo Biagi? Furio Colombo? No, Paolo Bonaiuti, allora vice direttore del Messaggero, poco prima di diventare il portavoce del presidente Berlusconi.
Imperdibile anche questa:”Vi chiamate Casa della Libertà, ma di libertà vi è rimasta solo quella vigilata,ite di tenere alla famiglia e di essere ontro il divorzio, ma avete due famiglie a testa e siete tutti divorziati,volete mandare in carcere i ragazzi per sei spinelli, ma se viene un cane poliziotto a Montecitorio si arrende il cane…”, parola di Daniele Capezzone, allora segretario radicale,ora portavoce bis del cavaliere. Intemperanze giovanili? No, citazioni tratte dalla rete, datate al 2006, discorso tenuto in una piazza di Roma, gremita da gay e lesbiche, chi sa cosa gli avrebbe raccontato dopo la esibizione dell’amico che ama le donne,perchè sempre meglio una bella ragazza che essere gay.
Si potrebbe proseguire per pagine e pagine,anche perché il libro è scritto in modo rigoroso, ma vivace e godibile, soprattutto è un libro che non si limita alla descrizione del “destino cinico e baro” che ci è toccato,ma tenta di individuare i percorsi d’uscita, li individua non solo nelle tradizionali forme di opposizione, ma soprattutto nelle potenzialità della rete he rappresenta il formidabile nemico dellapropaganda totale, che, per sua natura, ha bisogno di una società chiusa,oscurata ed oscurantista. L’esercito che si è messo in moto, i cercatori delle verità oltre le veline di ogni tipo, sono diventati troppi per essere messi tutti sotto controllo, il loro impegno, la loro tigna democratica, il loro amore per la costituzione, possono rappresentare una delle strade per superare non solo Berlusconi, ma il berlusconismo che ha contagiato anche chi pensava di esserne immune.
“Il vero problema non è Minzolini perché lui è stato messo lì per fare un certo lavoro, ma chi ha messo lì Minzolini, e cioè il gigantesco conflitto di interessi che in Italia non permette più di distinguere l’interesse pubblico da quello privato”, le parole di Andrea Camilleri che commentano questo libro ci sembrano non solo condivibili, ma anche un promemoria per il futuro, affinchè, se e quando Berlusconi riprenderà la via di casa, non riprendano fiato e vigore politico quelli che il conglitto di interessi non è la priorità, quelli che con il conflitto di interessi non si prendono voti, quelli che lasciamo questi temi agli antiberlusconiani di professione, quelli che, aggiungiamo noi, ogni tanto potrebbero anche chiedere scusa per aver contribuito alla affermazione del Minzulpop.