Porte e armadi forzati nell’ufficio Gip del Palazzo di Giustizia di Milano. Un nuovo capitolo arricchisce il caso Ruby. Ad agosto ignoti hanno tentato di entrare nelle stanze di due giudici che si occupano della vicenda scaturita dalle rivelazioni della giovane marocchina.
Già a luglio, precisamente il 20, la Procura aveva inviato ai giudici le richieste di intercettazione delle utenze telefoniche di Ruby, di sua madre e di Lele Mora, ed era già stato aperto un fascicolo per favoreggiamento della prostituzione a carico dello stesso Mora, di Emilio Fede e di Nicole Minetti. Alla fine di agosto, il primo episodio: sconosciuti forzano la porta del capo dei Gip, Laura Manfrin e cercano di aprire l’armadio dove sono custodite alcune carte dell’inchiesta. Due giorni dopo, nel mirino, finiscono porta e armadi dell’ufficio del Gip, Cristina Di Censo, titolare dell’indagine. A questo punto, la Procura avvia un’inchiesta a carico di ignoti, ritenendo che ci sia una connessione tra questi due episodi e l’indagine su Mora, Fede e Minetti. Gli accertamenti però non portano a nulla e non vengono identificati gli autori delle effrazioni e la Procura archivia il caso.
Tuttavia vengono prese precauzioni eccezionali per evitare che il fascicolo che contiene scottanti rivelazioni sulle feste nella residenza di Silvio Berlusconi finisca nelle mani di sconosciuti e le carte dell’inchiesta sono affidate a un uomo della Polizia giudiziaria che ha il compito di trasportarle dal quarto piano (sede della Procura) al settimo piano (dove ci sono i Gip) del Tribunale. A quanto si è appreso, i documenti bersaglio dei presunti tentati furti riguardano dichiarazioni di Ruby su feste ad Arcore a cui avrebbero partecipato due ministre, una conduttrice televisiva e Noemi Letizia.
Il presidente del Consiglio è informato dell’esistenza delle indagini sin dal primo interrogatorio di Ruby davanti al pm. Ed ha affidato da tempo all’avvocato di fiducia e deputato Pdl, Niccolò Ghedini, di seguire gli sviluppi della vicenda.