L’accordo militare franco-inglese è un passo verso l’Europa.
Ricorda l’ex ministro britannico per l’Unione europea del governo Blair, Denis MacShane. Era l’estate del 2005, e dopo una partita a tennis tra colleghi parlamentari di prima mattina, negli spogliatoi si imbatte in David Cameron. “Devi correre tu per la leadership dei Conservatori, dato che sei il politico più simile a Tony Blair. Però dovrai sacrificare l’euroscetticismo del tuo partito”. “Sono più euroscettico di quanto immagini, Denis”, gli rispose l’attuale primo ministro.
E così è stato per almeno i cinque anni successivi. Questa settimana però Nicolas Sarkozy ha attraversato la manica per venire a Londra a firmare un trattato di cooperazione militare sempliemente storico, proprio con David Cameron. Basti dire che d’ora in poi e per 50 anni vengono messi in comune gli esperimenti sulle testate nucleari delle due nazioni, storicamente rivali. Verrà usata una sola portaerei comune, e sarà creato un corpo congiunto di 5000 soldati. Più per forza che per amore, Londra si appoggia a Parigi per mantenere gli standard della difesa all’indomani dei tagli di bugdet che hanno colpito anche i suoi militari, e i francesi, unendo le forze si sentono in grado di rinfrancare la loro intramontabile aspirazione alla grandeur.
L’accordo riguarda anche noi, almeno in quanto europei, se solo si pensa che le forze armate di Francia e Regno Unito costituiscono la metà di quelle dell’unione e il 70% della spesa in ricerca e sviluppo. Non è difficile capire la portata di un simile accordo sulla creazione, futura e possibile, di una forza di difesa comune. E sarebbe opportuno che si sviluppasse una discussione a proposito di quale modello di difesa vorremmo per il nostro continente, dell’uso del nucleare, di cosa dovrebbe essere un’Europa davvero capace di garantire pace e diritti. Ma questo forse è un discorso che richiede tempo.
Quello che fa invece impressione è l’ira scatenatasi tra i Conservatori contro Cameron. Non è la prima volta, e non sarà l’ultima. Con un patto di questa portata con la Francia, il leader tory potrà dire quello che vuole sull’Europa. Eppure, per forza se non per amore, proprio lui avrà fatto molto di più di Tony Blair, il più europeista dei leader britannici. Dimostrando, se ce ne fosse bisogno, che la politica da queste parti, ha soprattutto un colore: quello del pragmatismo.