Vincenzo Palmesano è un giornalista urticante, di quelli che non fanno sconti a nessuno, pronti a scontentare amici e nemici. Il suo nome è agli onori delle cronache perché nel vecchio Msi, tra i primissimi, forse il primo, ebbe il coraggio di affrontare la questione ebraica, di chiedere condanne non reticenti delle leggi razziali, spaccò i congressi su questo tema, non esitò ad affrontare anche i temi relativi alle discriminazioni subite dagli omosessuali, tema più che mai attuale in questi giorni.

In qualche modo anticipò a destra le svolte di questa stagione, ma come tutti i precursori non sempre è apprezzato, perché pone domande, non si rassegna al neoconformismo di ogni colore, ricorda le ambiguità e le contraddizioni a ciascuno di noi, Fini compreso, del quale è stato per altro un consigliere ed un amico fraterno. A Palmesano si deve anche una biografia non autorizzata del presidente della Camera, un libro coraggioso, ricco di spunti, capace di ricostruire le modalità della innovazione odierna, ma anche di vederne le ombre, i ritardi, le contraddizioni, i rischi per il percorso futuro. Dal momento che Palmesano è, come abbiamo detto, un giornalista urticante spesso del suo libro non si parla; è persino scomparso da un dibattito promosso da Raitre nel quale comparivano tutti gli autori di testi e biografie di Fini, meno Palmesano, uno dei giornalisti, per fortuna, meno controllabili che esistano in giro.

Abbiamo scelto di parlare di lui non tanto per il libro dedicato a Fini, ma perché nei prossimi giorni si aprirà un processo sulla presenza e le infiltrazioni della camorra nel casertano e in particolare ci sarà il processo ai boss che imperversano nel territorio di Pignataro Maggiore dove Enzo cerca di vivere, tentando di continuare nella sua battaglia per la legalità e per il libero esercizio del diritto di cronaca, anche se per lui è sempre più difficile trovare chi sia disponibile ad ospitare i suoi pezzi di argomentata denuncia..

Al processo erano state annunciate non poche richieste di costituzione di parte civile, ma alla fine sembra che a farlo sarà il solo Palmesano, così almeno ha denunciato il comitato anticamorra della zona.

Ci auguriamo davvero che le cose possano andare diversamente, che altri cittadini vogliano affiancare Vincenzo Palmesano, che le istituzioni non intendano girarsi dall’altra parte.

Vogliamo anche sperare che lo stesso presidente della Camera voglia trovare il modo di richiamare l’attenzione collettiva su questo processo che, peraltro, vedrà sul banco degli imputati personaggi non certo secondari nella gerarchia della camorra e dei suoi intrecci con la politica nazionale e territoriale. Per Vincenzo Palmesano e per i cronisti impegnati in quella terra di autentica frontiera vale lo stesso appello che “il Fatto” ha lanciato per alcuni cronisti calabresi lasciati soli con le loro penne contro i poteri criminali.

Sarà bene non lasciarli soli, sarà bene non lasciarlo solo; noi, su questo blog… sulla rete, con l’associazione Articolo21 cercheremo di non distrarci, di seguire il processo, di dare la parola se lo vorrà a Palmesano, di sollecitare quei pochi media nazionali che ancora seguono questi temi a tenere ben accesi i riflettori su questo processo, affinché l’oscurità, il buio, l’indifferenza non contribuiscano a rendere ancora più soli quelli che non hanno intenzione alcuna di alzare la bandiera bianca della resa.

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