Già il titolo del mirabolante servizietto di Minzolini, insuperabile prestigiatore della notizia, è parecchio eloquente: “Il fango della mafia sul premier“. Cavalcando l’assunto monocorde lagnato da Emilio Fede nel suo siparietto quotidiano, la redazione del minzo-tg, a proposito dell’annosa pornoquestione che ha coinvolto il papibunga, insinua nel cinegiornale del 5 novembre una verità di esorbitante gravità: la tesi più probabile del fattaccio, corroborata dal sottosegretario Mantovano, è che sia tutto un complotto pippo-pluto-mafioso di Cosa Nostra contro il filantropico presidente del Consiglio.
Si riciccia la solita manfrina della lotta del governo arcorese contro la criminalità organizzata e la giornalista Grazia Graziadei, già resasi celebre cinque mesi orsono per aver declamato “urbi et orbi” l’innocenza di Dell’Utri (che invece è stato condannato in appello a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa), adombra un altro terribile e fumoso sospetto. E, come Alice smarrita nel paese delle mer…daviglie, si pone un angoscioso interrogativo. E’ un caso che una delle piste seguite dai magistrati antimafia di Palermo e scaturite dalle indagini sul narcotraffico in Emilia Romagna e sulle rivelazioni della ex pidiellina Perla Genovesi abbiano portato a Trapani e in particolare a Castelvetrano, paese d’origine del latitante numero uno di Cosa Nostra, alias Matteo Messina Denaro, detto “Diabolik”?
“E’ solo una coincidenza o altro?“, chiede sconsolata la giornalista.
Chissà se un giorno i laceranti dubbi della nostra boccoluta Alice saranno dissipati. Confidiamo nell’intervento salvifico del direttorissimo, che come un novello Scappellaio matto, potrà rischiarare alla sua discepola l’occulto misterioso e greve in cui annaspa da svariati mesi.