Per quanto il costituzionalista Valerio Onida e l’ambientalista Michele Sacerdoti si siano impegnati, la sfida è tra l’archistar Boeri e l’avvocato Pisapia. Un vero e proprio testa a testa, chiaramente fotografato dagli ultimi sondaggi: Swg assegna la vittoria a Pisapia con un gradimento tra 41,5% e 45,5%, mentre l’istituto Ipr da vincitore Boeri con una percentuale di preferenze compresa tra il 41 e il 45%. Per la cronaca Onida e Sacerdoti da entrambi i sondaggi oscillano il primo tra il 13 e il 17%, il secondo tra l’1 e il 3%.
Stefano Boeri e Giuliano Pisapia. Il primo sostenuto da buona parte del Partito Democratico, che gli ha destinato per lo più risorse umane, a partire dagli uomini chiave della comunicazione, provenienti dall’esperienza diretta delle elezioni provinciali e regionali di Filippo Penati e dalle primarie del Pd. Il secondo, invece, sostenuto da Nichi Vendola e Sel, parte del Pd (quella che era contraria alle primarie ma che si è adeguata ai diktat romani) e da una lobby trasversale: da Moni Ovadia all’editore Alessandro Dalai, dall’editore Rosellina Archinto a Gerardo D’Ambrosio. Pisapia si è dovuto costruire da solo la struttura elettorale, affidando la comunicazione alla Sec, una squadra che in poche settimane è riuscita a catalizzare attenzione e consensi, lavorando senza troppo rumore a contatto diretto con la società civile.
Per dire, se Boeri partecipava con Miuccia Prada e Patrizio Bertelli all’inaugurazione della mostra delle opere di John Baldessari, Pisapia discuteva di riforma elettorale con magistrati, politici e intellettuali. Va detto che l’architetto ha avuto il merito di mostrarsi disponibile al dialogo. Cercando così di allontanare da sé l’immagine un po’ distaccata dalle beghe milanesi. Professore ad Harvard, amico e collaboratore di Letizia Moratti nella traumatica esperienza di Expo 2015, coinvolto nei lavori al G8 della Maddalena ma anche in opere di rilievo internazionale. Boeri s’è messo l’elmetto ed è sceso in strada, tra la gente, per mostrare il lato umano. Senza rinunciare al confronto. Anzi. Ha risposto fino alla nausea sui rapporti avuti con Salvatore Ligresti. E’ riuscito persino a scrivere una lettera in risposta a Il Giornale che ricordava come, negli anni 70, andasse in giro a Milano a picchiare qua e là i rivali politici. A lui il merito di aver catalizzato buona parte dell’interesse che oggi hanno le primarie. Tra i suoi sostenitori di ferro c’è don Gino Rigoldi. Insieme al musicista Ludovico Einaudi e Renzo Piano. Ma anche il giurista Guido Rossi, Antonio Scurati e l’economista della Bocconi Severino Salvemini. Neanche Dario Fo e Bruno Ferrante, gli ultimi a sfidarsi nelle primarie per la poltrona di sindaco, riuscirono a spaccare così le anime milanesi. Ferrante vinse, tra le polemiche, e perse di poco contro la Moratti, allora alla sua prima esperienza da sindaco.
Oggi la Moratti, al momento candidato del Pdl ancora non definitivamente ufficializzato, sarà giudicata su quello che ha fatto in questi cinque anni. E se i sondaggi sono veritieri, i milanesi non sono entusiasti. Non è un caso dunque che alle primarie guardi con molta attenzione anche il centrodestra. Se vince Pisapia, infatti, è già pronto un terzo candidato: l’ex sindaco Gabriele Albertini. Una squadra è già al lavoro da prima dell’estate. L’eurodeputato non si candiderà con il Pdl, l’ha già detto anche a Berlusconi; ha il sostegno di un pool trasversale guidato da Massimo Cacciari e potrebbe avere l’appoggio di Futuro e Libertà, in primis. Ma questo si saprà solo dopo il 14 novembre, dopo le primarie. Che oltre ai candidati sconfitti potrebbero lasciare sul campo un intero partito: il Pd. Se Boeri dovesse uscire sconfitto contro l’avversario sostenuto da Sel, i vertici democratici locali dovranno prendere atto di aver fallito anche sul loro terreno, quelle primarie volute dal fondatore, Walter Veltroni, che a Milano anni fa elessero un ex prefetto a rappresentarlo e oggi un uomo sostenuto dal “nemico” Vendola.