“A Firenze non è nato un leader, ma un popolo”, dice dalla Stazione Leopolda il sindaco di Firenze Matteo Renzi. Eppure, nonostante le sue parole, è a capo degli emergenti democratici che vogliono “rottamare” l’attuale classe dirigente del Pd. E’ un sabato caldo per la politica italiana: se Futuro a Libertà apre la sua convention a Perugia, due “generazioni” del Pd si scambiano frecciate a 250 kilometri di distanza. “È in corso uno scontro all’arma bianca” rimarca Isabella Bertolini del Pdl.
Mentre a Roma il segretario Bersani riunisce i circoli del Partito democratico (un appuntamento fissato in contemporanea con la tre giorni fiorentina), a Firenze Matteo Renzi e Pippo Civati conducono una convention politica dalla caratteristiche inedite, a metà tra un “telefono aperto” radiofonico, e un “social forum” riformista.
Il botta e risposta tra le due città è costante. Bersani si limita a “chiedere rispetto” per il suo lavoro. Ma quando dall’assemblea romana la segretaria di un circolo della provincia di Teramo si rivolge ai rottamatori e afferma: “Avrei voluto che Matteo Renzi e Pippo Civati fossero qui” , dalla platea parte una bordata di fischi.
La risposta fiorentina è immediata: Renzi dal palco legge un’agenzia di stampa che riporta i fischi romani, quindi chiede ai duemila presenti “un applauso di affetto e vicinanza per i lavori dei circoli”. I duemila presenti si alzano in una standing ovation. Qualche giornalista dopo chiederà al sindaco se “non sia stata una risposta demagogica”. Renzi nega. E’ chiaro a tutti i cronisti che a Roma i “vecchi” hanno fatto un autogol.
Intanto dal palco dell’Auditorium della Conciliazione Bersani si concentra su quello che dovrebbe essere il fine dell’opposizione, non una battaglia interna al partito, ma contrapporsi alla maggioranza di governo. “Saremo il primo partito. Il premier e Bossi ci fanno un baffo” e aggiunge “Silvio Berlusconi non può fare certe cose – allundendo al caso Ruby – e guidare il Paese” e ha invitato Fini a “staccare la spina”. Per poi annunciare: “L’11 dicembre faremo una grande manifestazione a Roma contro il governo su democrazia, lavoro e solidarietà e parleremo a un Paese sbandato”. Manifestazione alla quale ha aderito lo stesso Renzi.
A Firenze tutto è stato studiato nei minimi dettagli. A metà giornata duemila persone si siedono a consumare ribollita e salumi toscani (costo/contributo 20 euro). L’acqua “alla spina” è gratis e quattro reti wireless sono intasate dalle troppe connessioni. Ma è il taglio dato alla tre giorni che convince i militanti presenti. “Dobbiamo tornare ad ascoltare – dice Renzi -. Siamo qui per questo, è molto più importante che intervenire”.
Dal palco infatti parlano ragazzi e militanti che si sono prenotati via mail. Prendono la parola e sotto di loro un cronometro scandisce l’avanzare dei cinque minuti concessi a ciascuno. A coordinare, i due capi-rottamatori: dj Renzi e dj Civati, i conduttori non di un’assemblea di partito, ma di quella che sembra una trasmissione radiofonica. Il format prevede che ogni intervento parta da una parola scelta: un iscritto ha scelto “L’Aquila” e parla dei “no” che deve dire il Pd (“anche alla Fiom e alla Cgil”); ecco che dj Renzi lancia uno spezzone video con un Maurizio Crozza in versione Veltroni. L’autrice satirica Francesca Fornario conclude il suo intervento dedicato al “Sei” (“il voto che gli elettori Pd danno al loro partito, mentre quelli della Lega, o Di Pietro, al loro partito danno dieci”); e Civati legge in diretta i messaggi arrivati sulla bacheca Facebook – anche le critiche. Si va avanti così tutto il giorno: green economy e il finale del film su Kennedy; banda larga e Willy il Coyote; diritti dei gay e social network.
Se il sabato della politica italiana è caldo, domani la temperatura salirà ancora. Chiude la tre giorni di Firenze, ma anche l’incontro di Roma e la convention di Perugia (“Fini non è un interlocutore affidabile”, ribadisce Renzi in una conferenza stampa murata da telecamere e taccuini).
Come continueranno i rottamatori? Dicono che scriveranno l’“alfabeto di Firenze”, un documento con le “parole” uscite durante gli interventi. Ma non c’è una posizione politica univoca, non proposte chiare sulle questioni di attualità: tanta per ora l’attenzione dei relatori ai “diritti” e poca a proposte concrete per lo sviluppo economico. A tirare le fila saranno naturalmente loro: Renzi e Civati, domani mattina, non più da dj, ma da leader (anche loro avranno a disposizione cinque minuti come gli altri). Tra i presenti domani ci saranno anche il sindaco di Bari Michele Emiliano, Debora Serracchiani, Ivan Scalfarotto.
Ma, ancora, dove vogliono arrivare i rottamatori? “Vogliamo solo dare il contributo delle ‘parole’ di questo popolo al Partito Democratico” dicono. Eppure c’è chi scommette che, a breve, la sfida sarà al cuore della leadership Pd. Ed è sicuro che i rottamandi D’Alema, Veltroni, Bersani, ecc.; faranno di tutto per non essere spediti allo sfasciacarrozze.
di Federico Mello e David Perluigi