L'economista Tito Boeri

Il governatore della Banca d’Italia ha gettato un sasso nello stagno ponendo la questione della stabilizzazione dei precari. Coloro che si occupano del problema da diverso tempo e che hanno avanzato anche diverse proposte in merito, se ne rallegrano. È il caso dell’economista Tito Boeri, fondatore de lavoce.info ed editorialista stimato che, già nel 2002, insieme a Pietro Garibaldi, lanciò la proposta del Contratto unico di ingresso, oggi diventata un disegno di legge del senatore del Pd, Paolo Nerozzi. Boeri non si sorprende del fatto che Draghi abbia parlato di precarietà perché, dice, “è una questione fondamentale per rilanciare la competitività, aumentare la produttività per agganciare i paesi emergenti”. Per quanto riguarda la stabilizzazione Boeri punta sul “Contratto unico di ingresso”, un contratto a tempo indeterminato – da introdurre sia nel sistema privato che in quello pubblico – con una fase di ingresso, non superiore ai tre anni, e una fase successiva di stabilità.

La fase di ingresso consente al datore di lavoro di procedere al licenziamento previo indennizzo al lavoratore (cinque giorni di stipendio per ogni mese lavorato) restando ferma la normativa in caso di licenziamento senza giusta causa. “Noi non proibiamo il contratto a tempo determinato o il cosiddetto co.co.co ma li rendiamo più costosi per il datore di lavoro. Se si vuole maggiore flessibilità occorre compensare maggiormente il dipendente”. A questo schema, nel ragionamento di Boeri, va accompagnata una riforma degli ammortizzatori sociali. “Occorre riformare i sussidi di disoccupazione, con un sussidio unico e con regole uguali per tutti ma anche con un sistema di reddito minimo garantito per contrastare la povertà”. Sulla stessa lunghezza d’onda è Giulio Zanella, economista e ricercatore all’università di Bologna e membro di Noisefromamerika, sito web di ricercatori che vivono e lavorano, o l’hanno fatto, negli Stati Uniti. “Draghi ha colto nel segno, sono d’accordo quando dice che i contratti a termine creano un disincentivo sia per lavoratori che per le imprese e questo riduce la componente fondamentale della produttività, lo stock di conoscenze, il capitale umano”.

Il modello a cui pensa Zanella è quello danese della flexsecurity: si può anche perdere il posto di lavoro ma lo si ritrova rapidamente e comunque, nel frattempo, c’è un welfare che sostiene chi è disoccupato o inoccupato. “Non credo che occorra avere l’ossessione del posto del lavoro a tutti i costi ma avere garanzia di poter avere un reddito e certezza di poter trovare facilmente un nuovo lavoro”.

La certezzadella flex security
L’idea della flexsecurity è stata tradotta da un disegno di legge presentato dal senatore del Pd Pietro Ichino: in cambio della facoltà di licenziare, motivi discriminatori esclusi, il datore di lavoro si impegna a corrispondere un indennizzo (un mese per anno lavorato) ma soprattutto ad accompagnare il dipendente nella ricerca di un nuovo lavoro e a garantire un’indennità di disoccupazione, a carico dell’azienda, fino a quattro anni. Zanella condivide l’approccio e infatti vede nella proposta di Boeri un limite: “Quello di proteggere il lavoro rendendo ancora difficile il licenziamento. Intendiamoci, non sono per limitare i diritti ma solo per favorire la fluidità del sistema, immaginando un robusto welfare per quando si viene licenziati e garantire una transizione indolore”. Chi invece preferirebbe che non si mettesse più mano al diritto del lavoro, limitandosi solo a una sua “ripulita”, è Carlo Guglielmi, presidente del Forum diritti-lavoro, autore qualche anno fa, insieme a Piergiorgio Allevi, di una proposta di legge di superamento della legge 30 con al centro la definizione corretta di lavoro subordinato e un limite alla ripetibilità dei contratti a tempo determinato. Guglielmi, che si definisce un giurista progressista sottolinea innanzitutto il paradosso della situazione attuale: “Siamo proprio noi, con una cultura di sinistra, che stiamo con la Fiom o il sindacalismo di base, a condividere le proposte di Draghi che cercano di salvare il capitalismo.

Sinistra capitalista
Quelli che invece dovrebbero difenderlo lo affossano con tagli a università e ricerca, estensione della precarietà, burocrazia e corruzione”.
Guglielmi si augura che non ci siano ancora ulteriori riforme “perché rischiano di fare peggio, come il Contratto unico di ingresso di Nerozzi”. La tesi è netta: si tratta di un meccanismo per cui se decidi di tenere entro 24 mesi tutti i rapporti smantelli il contratto a tempo indeterminato che da regola diverrebbe l’eccezione. Come si traduce in concreto l’invito di Draghi, allora? “Basta applicare le direttive europee, realizzare una vera democrazia sindacale in modo da far decidere i lavoratori e pretendere l’applicazione delle norme. Non c’è una panacea ma solo il rispetto delle regole: se c’è una crisi di mercato non la si può scaricare tutta sui datori di lavoro ma allora c’è bisogno dell’intervento di un ammortizzatore sociale. Se invece c’è un abuso va punito”. Anche con Guglielmi si arriva al nodo del welfare: “Io penso che occorre uscire dal cosiddetto workfare, tipo il sussidio fondato solo su 54 settimane lavorate nell’ultimo anno. Non è giusto e viola il principio di uguaglianza. Serve un ammortizzatore sociale universale che protegga tutti, quelli che hanno perso il lavoro e quelli che non lo trovano”.

Da Il Fatto Quotidiano del 7 novembre 2010

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