Il nostro occhio – di lavoratori e di studenti – si è abituato alla austerità “sovietica” (ed è un eufemismo) dell’architettura scolastica del nostro Paese. Aule, zone comuni, strutture esterne rispondono – quando non si tratta di edifici storici – ad una tendenza al minimalismo trascurato, tanto più incomprensibile perché quei luoghi sono destinati ad accogliere bambini e ragazzi. Luoghi che solo le mani capaci e la cura volontaria di qualche membro del personale Ata o in genere di qualche maestra creativa riescono a rendere tollerabili e, a volte, persino gradevoli.
Non è così ovunque: in una passeggiata estiva in provincia di Cuneo, nei luoghi della Resistenza e dell’appartenenza forte ad una storia bella ed alta – oggi ahimé minacciati dalla deriva leghista – mi sono divertita a fotografare facciate di edifici scolastici – quasi tutte scuole primarie e medie, la scuola dell’obbligo – che dicevano rispetto, istituzione, solennità.
Le brutture dell’edilizia scolastica, si sa, non riguardano solo la dimensione estetica: amianto, insicurezza delle strutture, evasione delle norme sono elementi ben più gravi della serranda che non funziona, del muro scrostato, della perdita in bagno. Abbiamo ancora tutti negli occhi le immagini dell’inchiesta di Iacona, che questa primavera sollevò scalpori e indignazioni immediatamente rientrati. Perché di quella desolazione non si parla più?
Anno dopo anno i nostri governi ritoccano il rapporto tra alunni e docente. I dati continuano a illustrare una situazione di pochissimi alunni per docente. Come mai, allora, le nostre classi sono così affollate? Non entro nel merito della questione: quei conteggi non tengono conto di una serie di elementi (insegnanti di sostegno, religione cattolica, obbligo della Repubblica di istituire scuole anche in comuni montani, isole piccole ecc), inesistenti nei sistemi scolastici con cui compariamo i nostri dati, che vanno ad alterare il rapporto. Il fatto è che le nostre classi spesso traboccano. E che vengono violate quotidianamente norme di sicurezza e diritto all’incolumità di studenti e personale.
Il Codacons chiede a genitori, docenti, Ata e alunni di denunciare la condizione in cui ogni giorno in molte scuole del Paese si fa lezione. Ecco le condizioni per inoltrare la denuncia:
1) classi formate con più di 25 alunni;
2) classi formate in aule con dimensioni inferiori a 45 mq netti (48 per le superiori) + 2 mq netti per ogni persona presente in aula diversa dall’alunno (ins. di sostegno, esperto esterno, compresenza, ecc) e con numero di alunni superiori ai 25;
3) classi formate con qualsiasi nr. di alunni ai quali
non viene garantito l’indice minimo di 1,80 mq netti procapite
(materne, elementari e medie) e di 1,96 mq netti rocapite per le
superiori;
4) classi formate da più di 25 alunni in aule con superficie
inferiore ai 45/50 mq netti.
Per numero di alunni si intende quelli risultanti dal registro di classe.
Sarebbe atto di responsabilità una partecipazione concreta a questa iniziativa del Codacons (clicca qui). E’ il momento di smettere rassegnazione e improvvidate soluzioni “fai da te” rispetto alle condizioni incivili nelle quali siamo spesso obbligati a svolgere la nostra funzione. E i nostri ragazzi ad esercitare il loro violatissimo diritto allo studio.