Un Ministro della Repubblica può usare un sito web istituzionale e le risorse umane e tecnologiche che vi stanno dietro per finalità personali – nobili o meno nobili che siano – consistenti nell’esigenza di difendersi da una campagna stampa – diffamatoria o non diffamatoria che sia – che riguarda, peraltro, episodi risalenti ad un tempo nel quale non era neppure Ministro e, quindi, certamente, non nella sua qualità di Ministro?
E’ reato? E’ un illecito del quale dovrebbe interessarsi la Corte dei Conti? E’ una mancanza più o meno grave rispetto al codice di comportamento cui dovrebbe ispirarsi il personale della pubblica amministrazione e primo tra tutti chi siede sulla poltrona più alta (mai come in questo caso, solo in senso figurato!), allo scopo, tra l’altro, di dare il buon esempio? E’ semplicemente inopportuno.
L’episodio che segnala Alessandro nel suo post ha un impatto economico modesto sulle risorse della pubblica amministrazione (benché il Ministro sia recidivo) ma credo – e lo dico senza alcun preconcetto di natura politica nel senso deteriore del termine – che rappresenti un’occasione per affrontare l’argomento una volta per tutte.
Nel caso di specie poi, la circostanza ha un risvolto tragi-comico.
Il Ministro Brunetta, infatti, è lo stesso che il 26 maggio 2009 ha firmato una circolare sull’Utilizzo di internet e della casella di posta elettronica istituzionale sul luogo di lavoro proprio al fine di precludere ai dipendenti pubblici di utilizzare tali risorse per scopi personali.
Ironia della sorte, nella circolare, il Ministro, tra l’altro, richiama l’art. 10, comma 3 del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici a norma del quale “il dipendente non utilizza a fini privati materiale o attrezzature di cui dispone per ragioni d’ufficio” e, come se non bastasse, ricorda che “la giurisprudenza della Corte dei conti…ha sanzionato l’indebito utilizzo della connessione ad internet da parte di un dipendente, statuendo che essa configura profili di responsabilità a carico del medesimo per il danno cagionato all’amministrazione, consistente nel mancato svolgimento della prestazione lavorativa durante la connessione”.
Si direbbe, dunque, che il Ministro predica bene ma razzola male…
Ma il risvolto ironico della vicenda non finisce qui.
Il vulcanico Ministro dell’innovazione è, infatti, lo stesso che il 26 novembre 2009 ha firmato una Direttiva relativa al “miglioramento della qualità dei servizi e delle informazioni online al cittadino” e, quindi, varato delle linee guida (26 luglio 2010) per i siti web della PA.
Le linee guida in questione, tra l’altro, richiamano al par. 1.1.6 l’esigenza che la comunicazione attraverso i siti internet delle pubbliche amministrazioni debba ispirarsi alla legge 7 giugno 2000, n. 150 recante “Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni”, la quale, tra l’altro, prevede che “Le attività di informazione e di comunicazione sono, in particolare, finalizzate a:
a) illustrare e favorire la conoscenza delle disposizioni normative, al fine di facilitarne l’applicazione;
b) illustrare le attività delle istituzioni e il loro funzionamento;
c) favorire l’accesso ai servizi pubblici, promuovendone la conoscenza;
d) promuovere conoscenze allargate e approfondite su temi di rilevante interesse pubblico e sociale;
e) favorire processi interni di semplificazione delle procedure e di modernizzazione degli apparati nonché la conoscenza dell’avvio e del percorso dei procedimenti amministrativi;
f) promuovere l’immagine delle amministrazioni, nonché quella dell’Italia, in Europa e nel mondo, conferendo conoscenza e visibilità ad eventi d’importanza locale, regionale, nazionale ed internazionale”.
Non mi sembra di leggere tra le finalità della comunicazione istituzionale della Pubblica Amministrazione, la difesa della reputazione personale di un Ministro, rispetto a fatti attinenti alla sua vita privata.
Per questo genere di attività, probabilmente, sarebbe opportuno – e forse anche obbligatorio – avvalersi esclusivamente di blog e siti internet privati.
Il rischio elevato, in difetto, è che presto ci si ritrovi siti istituzionali zeppi di link a siti e blog privati dei singoli Ministri o, magari, utilizzati per fare campagna elettorale.