“Alt alla legge regionale che rischia di privatizzare l’acqua della Lombardia”. E’ perentorio lo slogan dei comitati per l’acqua pubblica che intendono bloccare l’approvazione del progetto di legge votato lo scorso 26 ottobre dalla giunta Formigoni per riformare il servizio idrico. Le altre regioni prendono tempo capeggiate dal Veneto del governatore Zaia che chiede una moratoria all’applicazione del Decreto Ronchi, il provvedimento del Governo che contiene la riforma dei servizi pubblici locali, e obbliga a cedere ai privati la gestione dell’acqua. La Toscana accentra le competenze a un unico commissario regionale mentre la Puglia va in direzione opposta ha con una legge che sancisce la gestione totalmente pubblica.
“Con questo testo di legge l’acqua di tutta la Lombardia – commenta Roberto Fumagalli del contratto mondiale sull’acqua – finirebbe nelle mani di poche imprese private interessate solo a fare profitto. E sarebbe la fine delle virtuose gestioni pubbliche: Milano risulta all’avanguardia con la tariffa più bassa d’Europa: 72 centesimi per mille litri”.
Il testo in discussione ribadisce che “l’acqua è e rimane un bene pubblico, le tariffe non aumentano, le Province assumono le competenze delle ex Ato (Ambito territoriale ottimale) e i Comuni vanno ad acquisire un ruolo di fondamentale importanza all’interno della Consulta nella quale saranno inseriti”.
Ma di fatto i sindaci vengono esclusi dal controllo degli acquedotti perchè con la nuova legge avranno un ruolo consultivo ma non vincolante nelle scelte di nuove strutture create ad hoc dalla regione: l’Ufficio d’Ambito. Il presidente di Anci Lombardia e sindaco leghista di Varese Attilio Fontana è pronto alle barricate: “Pronti alla guerra totale se il parere dei comuni non sarà vincolante”.
Di diverso avviso l’assessore lombardo all’Ambiente energia e reti Marcello Raimondi: “Con questo progetto di legge abbiamo fatto uno sforzo importante per garantire gli investimenti necessari in futuro, la gestione ottimale, la rappresentanza degli enti locali, ma, soprattutto, cosa che ci sta ancora più a cuore, il miglior servizio possibile ai cittadini, ai prezzi più bassi”.
La spada di Damocle sulla legge lombarda è rappresentata anche dalla Corte Costituzionale che nei prossimi mesi si esprimerà sui 3 referendum nazionali che chiedono il controllo pubblico dell’acqua. In Lombardia sono state raccolte 237 mila firme, su un totale nazionale di 1 milione e 400 mila. Con la loro firma, attraverso la richiesta di referendum, i cittadini hanno posto un’imprescindibile questione di democrazia: la gestione di un bene essenziale alla vita non può essere delegato ai privati.
Ora la questione è in mano alla maggioranza lombarda che il 23 novembre voterà in consiglio regionale. I comitati si organizzano con una manifestazione davanti al Pirellone (sede della Regione Lombardia) per sabato 13 novembre.