Ci risiamo, come non detto. Fino a poche ore fa Berlusconi era un leader finito, travolto dalle minorenni, abbandonato dagli amici, atteso al varco dai giudici costituzionali. E invece oggi sfodera l’ennesimo sorrisone: ragazzi, tutto sotto controllo, sciolgo un attimino la Camera e torno subito da voi.
Praticamente meglio di un lifting, un trapianto di consenso con relativa compravendita di poltrone, la passione più antica del nostro Paese. Per il Senato basterà qualche nocciolina, su Montecitorio toccherà investire magari qualcosa di più, ma tanto sono soldi e favori (pubblici) che torneranno presto indietro (privatizzati), che problema c’è.
Il problema è che il Cavaliere dimezzato è l’ennesimo esempio di un’invincibile dabbenaggine nazionale, la dimostrazione storica che l’uomo Berlusconi è l’animale politico meglio sottovalutato dal Dopoguerra in qua. Già si era schierata la folla compunta dei perdonisti: ecco pronto un lasciapassare per Silvio e tutte le sue marachelle se finalmente si ritira in villa (o al Quirinale, mannaggia la miseria).
Falso allarme, bontà fuori luogo – istituzionale. Il Cavaliere resistente continua a starsene sul groppone di un’Italia capace persino di considerare un futuro a metà piuttosto che cambiare storia. Perché il Pdl, per chi si fosse distratto nelle pieghe/piaghe della crisi, è ancora il partito di maggioranza relativa. Che Calvino, di nome Italo, ci perdoni da lassù.