E ora la spazzatura di Napoli e provincia dove andrà a finire? Chiusa per saturazione la discarica di Taverna del Re a Giugliano, che accoglieva gran parte della monnezza del capoluogo, e chiusa Cava Sari a Terzigno, lo sversatoio dei 18 comuni della zona rossa del vesuviano, a causa dell’ordinanza del sindaco Domenico Auricchio, la domanda potrebbe rimanere senza risposte immediate. E i rifiuti rischiano di restare in mezzo alle strade ancora a lungo. A Napoli giacciono sui marciapiedi circa 1500 tonnellate di immondizia, 115 autocompattatori dell’Asìa sono fermi perché già carichi di altre 1400 tonnellate, la cava di Chiaiano assorbe solo 700 tonnellate al giorno, gli stir di Giugliano e Tufino sono fermi da giorni a causa della saturazione della frazione organica stabilizzata, anche gli stir di Caivano e Battipaglia stanno per bloccarsi per lo stesso motivo, mentre i paesi dell’hinterland affogano in fiumi di sacchetti neri. L’emergenza rifiuti, insomma, si aggrava mentre l’interesse dei mass media si riduce.
E’ stato un week end di novità importanti sul fronte della monnezza napoletana. Napoli, stritolata da una crisi simile a quella del 2008, ha mosso i suoi passi per chiedere e ottenere aiuto dalle altre province campane, che potrebbero consentire alla città di respirare per qualche giorno. E a Terzigno, ieri sera, il sindaco Pdl Domenico Auricchio ha firmato l’ordinanza di chiusura di Cava Sari, uno dei fronti della protesta dei comitati che per settimane hanno manifestato contro le discariche nel Parco Nazionale del Vesuvio, tra presidi notturni alla rotonda di via Panoramica, falò, tafferugli con la polizia in tenuta antisommossa. L’ordinanza di Auricchio è fondata sui risultati delle analisi delle falde acquifere profonde rese note pochi giorni fa, che dimostrano il persistere di una situazione di inquinamento di nichel, zinco, alluminio, fluoruori e la presenza di Ipa (idrocarburi policiclici aromatici) con tracce di benzo(a)pirene superiori alle ‘concentrazioni di soglia di rischio’. “Tale anomala situazione – si legge nell’ordinanza – non trova riscontro nelle caratteristiche tipiche di acque sotterranee di origine vulcanica e può presumibilmente ricollegarsi alla presenza della discarica Sari nel territorio comunale”. Quindi, “atteso che tale situazione determina un grave pericolo per la salute pubblica e al fine di evitare un ulteriore aggravamento dell’inquinamento delle falde acquifere” il sindaco ha emanato l’ordinanza. Il prefetto di Napoli, Andrea De Martino, si è però mosso per chiedere ulteriore documentazione. Non è escluso che, se non adeguatamente soddisfatto dalle carte che gli perverranno, il prefetto possa annullare il provvedimento nelle prossime ore e ‘riaprire’ Cava Sari.
Lo stop ai conferimenti di immondizia a Terzigno è arrivato al termine di un lungo e duro consiglio comunale allargato ai comitati civici. Auricchio ha firmato nonostante una evidente riluttanza, pressato da diverse centinaia di cittadini che gremivano l’aula consiliare e la piazza sottostante per chiedere a gran voce di sbarrare per sempre l’ingresso dei camion in Cava Sari. E’ stata una svolta clamorosa: appena giovedì mattina la conferenza di presentazione dei risultati delle analisi delle falde acquifere si era conclusa con gli esponenti dei comitati e le ‘mamme vulcaniche’ a inveire contro i sindaci vesuviani, accusati di non fare abbastanza per chiudere la discarica, di minimizzare la gravità delle analisi, e di aver firmato il 29 ottobre un’intesa col governo Berlusconi che forniva garanzie sull’utilizzo della cava fino a esaurimento, in cambio della promessa di cancellare la ben più grande Cava Vitiello dal piano delle discariche regionali per lo smaltimento dei rifiuti. E’ l’intesa che Auricchio richiama nell’ordinanza. “Così non è possibile andare avanti – dice il sindaco di Terzigno – la gente è esasperata e vuole risposte certe. La prima risposta da dare è impedire che ci sia ancora il cattivo odore”. ”Dove porteremo i nostri rifiuti? Questo non lo so – confessa Auricchio – Ormai di tutto quello che accade danno la responsabilità a me. L’unica cosa che posso fare è quella di cercare di tutelare la salute dei miei concittadini”. Da stanotte quindi i 18 comuni del vesuviano non sanno dove sversare i propri rifiuti. La monnezza torna a essere l’incubo della Campania. Ricordare il proclama del 28 ottobre di Silvio Berlusconi, in conferenza stampa al termovalorizzatore di Acerra? “In tre giorni, massimo quattro, ripuliremo Napoli”, disse. E qualcuno ci aveva pure creduto.