Il processo Marlane si farà. Venerdì è arrivata la decisione del tribunale di Paola che riaccende le speranze di giustizia per i familiari degli oltre quaranta ex operai dell’industria tessile di Praia a Mare deceduti per tumore. Grandi assenti della vicenda le istituzioni. Dal Ministero dell’Ambiente alla Regione Calabria, passando per la provincia di Cosenza e il Comune di Praia a Mare, il cui attuale sindaco compare fra gli imputati: nessuno si era costituito parte civile.
Dopo una battaglia legale durata mesi, fra richieste di trasferimento e udienze rinviate a causa dell’assenza di Niccolò Ghedini (fra gli avvocati della difesa), il giudice per le udienze preliminari Salvatore Carpino ha rinviato a giudizio i 13 indagati dell’inchiesta sulla “fabbrica della morte” della cittadina in provincia di Cosenza. Tutti ex responsabili dello stabilimento o dirigenti della Marzotto, proprietaria della Marlane dalla fine degli anni’80, Silvano Storer, Jean De Jaegher, Lorenzo Bosetti, Vincenzo Benincasa, Salvatore Cristallino, Ivo Comegna, Carlo Lomonaco, Giuseppe Ferrari, Lamberto Priori, Ernesto Fugazzola, Antonio Favrin, Attilio Rausse e Pietro Marzotto dovranno ora rispondere a vario titolo, nel corso del processo che si aprirà il 19 aprile 2011, delle accuse di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose o disastro ambientale, per la morte di oltre quaranta lavoratori, per le patologie tumorali che hanno colpito almeno altri sessanta ex dipendenti dello stabilimento e per i danni causati dall’interramento illegale di tonnellate di rifiuti industriali.
I tumori sarebbero stati contratti direttamente in fabbrica secondo le ipotesi della procura di Paola che attribuisce al mancato rispetto delle norme in materia di prevenzione degli infortuni e all’inquinamento ambientale dello stabilimento oggi dismesso l’origine dei numerosi casi di malattia fra i dipendenti. Sotto accusa in particolare le esalazioni tossiche provenienti dalle sostanze utilizzate per le lavorazioni, in primis i coloranti che, secondo le testimonianze degli ex lavoratori della Marlane, fino alla fine degli anni ‘80 venivano buttati senza alcuna misura di precauzione per gli operai in vasche aperte, liberando gas che inquinavano pesantemente l’aria all’interno della fabbrica tessile.
“E’ davvero un grande successo – affermano dal sindacato SLAI Cobas di Praia a Mare, protagonista insieme alle famiglie degli operai di una battaglia che si è snodata lungo tre indagini nel corso degli ultimi dieci anni – non si vuole infierire su nessuno, ma qualcuno dovrà pur rispondere delle persone decedute e della lunga scia di lavoratori affetti da patologie attribuibili, è quasi certo, alla Marlane, e dovrà anche dar conto chi ha coperto per anni le nefandezze che vi si consumavano, chi si è reso responsabile di omissioni o peggio e chi, chiamato a svolgere una funzione di controllo, invece di farlo come il ruolo e l’etica gli imponevano molto probabilmente si girava dall’altra parte. E la gente moriva, tanta, certamente troppa per un piccolo centro come questo”.