Il giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Bari Antonio Lovecchio ha revocato la confisca dei terreni su cui sorgeva l’ecomostro Punta Perotti e ha disposto la restituzione dei terreni alle imprese costruttrici che subirono tale confisca al termine del processo per lottizzazione abusiva della zona.
Il progetto per la realizzazione degli ecomostri – costruiti dalle imprese Matarrese, Andidero e Quistelli – nacque negli anni Ottanta con tutte le carte in regola: concessioni edilizie e autorizzazioni di Comune e Regione. Che Punta Perotti non fosse abusivo lo stabilì anche la Cassazione nell’ottobre ’97, quando restituì ai proprietari gli immobili che erano stati sequestrati.
La magistratura barese, due anni dopo, assolse otto persone tra costruttori e progettisti, sancendo che tutte le carte erano in regola, ma dispose la confisca del complesso per varie violazioni ambientali. Tale provvedimento, confermato dalla Cassazione nel 2001, insieme con l’assoluzione degli otto imputati per aver agito in buona fede, fu alla base delle procedure per l’abbattimento.
Il 20 gennaio 2009 la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha ritenuto la confisca dei suoli una sanzione arbitraria e condannò l’Italia per violazione dell’art.7 della Convenzione dei diritti, ritenendo che la confisca illegale costituisse un’ingerenza nel legittimo diritto dei ricorrenti di beneficiare delle loro proprietà. Oltre a riconoscere alle imprese un indennizzo di 40 mila euro ciascuna, la Corte di Strasburgo si riservò di quantificare il danno materiale da risarcire e invitò il governo italiano a cercare un accordo con i costruttori entro sei mesi.
Edificato sul lungomare di Bari nel 1995, Punta Perotti è il nome di un complesso immobiliare costruito all’altezza della spiaggia di Pane e Pomodoro. Prende il nome di Armando Perotti, a cui è dedicata la strada. Le macerie del palazzo sono state sotterrate sul posto nonchè parzialmente ridotte in ghiaia e utilizzate per la riqualificazione del lungomare. Dopo l’abbattimento si è proceduto a preparare l’area per la costruzione di un parco pubblico, con la realizzazione di impianti sportivi e aree a verde.
Le società costruttrici Sudfondi, Iema e Mabar in una nota congiunta commentano così la vittoria giudiziaria ottenuta questa mattina: “La revoca della confisca dei terreni di Punta Perotti conferma per l’ennesima volta, il comportamento corretto tenuto dai legali rappresentanti delle società, sempre assolti in tutti i gradi di giudizio, e rappresenta una ulteriore soddisfazione morale che si aggiunge alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo”. “La restituzione delle aree arbitrariamente ed illegittimamente confiscate – spiegano – va considerata come un primo parziale risarcimento dei gravissimi danni patiti” a cui “dovrebbe seguire, in base alla legge 102/2009, la liquidazione da parte dello Stato degli ulteriori danni sulla base dell’attuale destinazione urbanistica dell’area di Punta Perotti”.“In mancanza di una immediata e soddisfacente liquidazione del risarcimento danni – aggiungono i costruttori – la Corte europea di Strasburgo, dove la causa è ancora pendente a questo scopo, provvederà direttamente a quantificare gli importi e ad ingiungere il pagamento allo Stato italiano”.
“E’ opportuno sottolineare, inoltre – insiste la nota – che la decisione del Tribunale di Bari è immediatamente esecutiva e che la paventata variante urbanistica volta a rendere inedificabili le aree di Punta Perotti, oltre che essere in aperta violazione della legge e della sentenza della Corte Europea, non sortirebbe altro risultato che diminuire il valore degli immobili restituiti alle società ed aumentare ancora di più il rilevantissimo importo dovuto dallo Stato a titolo di risarcimento, con enorme aggravio per le casse del Comune di Bari”. I costruttori, dopo la restituzione delle aree, “valuteranno le più appropriate e legittime scelte imprenditoriali nel contesto delle decisioni che saranno adottate dalle autorità italiane e dalla Corte europea con la ormai prossima sentenza sulla quantificazione economica dei danni”.
Le associazioni ambientaliste fanno fronte comune contro la ricementificazione dell’area. “La revoca della confisca dei suoli su cui sorgeva l’ecomostro di Punta Perotti ci allarma – commentano Francesco Tarantini, Presidente di Legambiente Puglia e Marino Spilotros, presidente del Circolo di Bari – chiediamo al Comune di Bari di porre in essere tutte le iniziative possibili per evitare che su quell’area verde, diventata oggi simbolo della legalità e della tutela dell’ambiente, si ritorni a costruire”. “Auspichiamo – continuano i due esponenti di Legambiente – che le società costruttrici siano disponibili a venire incontro alle esigenze di un’intera città, ma anche dell’Italia, dal momento che il Paese intero si è mobilitato contro quello scempio edile”. “Noi – concludono – difenderemo, se necessario, con nuove battaglie l’area di Punta Perotti da nuove cementificazioni visto che, finalmente, dopo tanti anni, si è trasformata in un parco verde attrezzato e frequentato da centinaia di famiglie”.
Secondo il Wwf la decisione di questa mattina “pone il problema del futuro di quell’area che deve rimanere assolutamente inedificabile escludendo definitivamente ogni possibilità di ricostruzione”. In una nota, l’associazione presideuta da Stefano Leoni dichiara: “Da un punto di vista ambientale e paesaggistico, poco importa se a sbagliare siano stati i soggetti privati o pubblici. Certo è che lo scempio era davvero enorme sotto tutti i punti di vista, scempio a cui fortunatamente grazie anche al coraggio del sindaco Emiliano si è rimediato con l’abbattimento. Oggi non occorre dunque tanto recriminare rispetto alla nuova decisione dei magistrati di restituzione dei terreni, ma portare questi terreni in proprietà pubblica.
Il sindaco di Bari, Michele Emiliano, durante una conferenza stampa nella sede romana della regione Puglia, ha rivendicato l’opereato dell’amministrazione nella vicenda di Punta Perotti: “Io della demolizione sono orgoglioso e lo rifarei 100 volte”. Per mettere la parola fine alla vicenda, Emiliano ha proposto un accordo di programma tra lo stato e i soggetti proprietari dei terreni su cui sorgeva il complesso, poi confiscati: “Quello che è certo – assicura – è che non possiamo consentire che sull’area del parco di Punta Perotti si possa ancora edificare”. “Siamo disponibili – spiega il sindaco – a trovare un accordo per spostare quei valori edificabili in un’altra area. Se l’accordo non dovesse essere trovato l’amministrazione comunale varerà una variante al piano regolatore di inedificabilità di quell’area. Per noi l’area Punta Perotti è il simbolo della rinascita e non può essere cancellata da norme contraddittorie e da sentenze che vanno contro il comune sentimento delle persone”.
Cronaca
Punta Perotti, i terreni ai Matarrese
I costruttori: “Bene, è solo primo passo”
Decisione del gup di Bari Lovecchio dopo l'abbattimento: "Restituire la zona alle imprese che subirono confisca". Le imprese rispondono: "Ora rivogliamo i soldi". Sindaco e associazioni d'accordo: "L'area rimanga inedificabile"
Il progetto per la realizzazione degli ecomostri – costruiti dalle imprese Matarrese, Andidero e Quistelli – nacque negli anni Ottanta con tutte le carte in regola: concessioni edilizie e autorizzazioni di Comune e Regione. Che Punta Perotti non fosse abusivo lo stabilì anche la Cassazione nell’ottobre ’97, quando restituì ai proprietari gli immobili che erano stati sequestrati.
La magistratura barese, due anni dopo, assolse otto persone tra costruttori e progettisti, sancendo che tutte le carte erano in regola, ma dispose la confisca del complesso per varie violazioni ambientali. Tale provvedimento, confermato dalla Cassazione nel 2001, insieme con l’assoluzione degli otto imputati per aver agito in buona fede, fu alla base delle procedure per l’abbattimento.
Il 20 gennaio 2009 la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha ritenuto la confisca dei suoli una sanzione arbitraria e condannò l’Italia per violazione dell’art.7 della Convenzione dei diritti, ritenendo che la confisca illegale costituisse un’ingerenza nel legittimo diritto dei ricorrenti di beneficiare delle loro proprietà. Oltre a riconoscere alle imprese un indennizzo di 40 mila euro ciascuna, la Corte di Strasburgo si riservò di quantificare il danno materiale da risarcire e invitò il governo italiano a cercare un accordo con i costruttori entro sei mesi.
Edificato sul lungomare di Bari nel 1995, Punta Perotti è il nome di un complesso immobiliare costruito all’altezza della spiaggia di Pane e Pomodoro. Prende il nome di Armando Perotti, a cui è dedicata la strada. Le macerie del palazzo sono state sotterrate sul posto nonchè parzialmente ridotte in ghiaia e utilizzate per la riqualificazione del lungomare. Dopo l’abbattimento si è proceduto a preparare l’area per la costruzione di un parco pubblico, con la realizzazione di impianti sportivi e aree a verde.
Le società costruttrici Sudfondi, Iema e Mabar in una nota congiunta commentano così la vittoria giudiziaria ottenuta questa mattina: “La revoca della confisca dei terreni di Punta Perotti conferma per l’ennesima volta, il comportamento corretto tenuto dai legali rappresentanti delle società, sempre assolti in tutti i gradi di giudizio, e rappresenta una ulteriore soddisfazione morale che si aggiunge alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo”. “La restituzione delle aree arbitrariamente ed illegittimamente confiscate – spiegano – va considerata come un primo parziale risarcimento dei gravissimi danni patiti” a cui “dovrebbe seguire, in base alla legge 102/2009, la liquidazione da parte dello Stato degli ulteriori danni sulla base dell’attuale destinazione urbanistica dell’area di Punta Perotti”.“In mancanza di una immediata e soddisfacente liquidazione del risarcimento danni – aggiungono i costruttori – la Corte europea di Strasburgo, dove la causa è ancora pendente a questo scopo, provvederà direttamente a quantificare gli importi e ad ingiungere il pagamento allo Stato italiano”.
“E’ opportuno sottolineare, inoltre – insiste la nota – che la decisione del Tribunale di Bari è immediatamente esecutiva e che la paventata variante urbanistica volta a rendere inedificabili le aree di Punta Perotti, oltre che essere in aperta violazione della legge e della sentenza della Corte Europea, non sortirebbe altro risultato che diminuire il valore degli immobili restituiti alle società ed aumentare ancora di più il rilevantissimo importo dovuto dallo Stato a titolo di risarcimento, con enorme aggravio per le casse del Comune di Bari”. I costruttori, dopo la restituzione delle aree, “valuteranno le più appropriate e legittime scelte imprenditoriali nel contesto delle decisioni che saranno adottate dalle autorità italiane e dalla Corte europea con la ormai prossima sentenza sulla quantificazione economica dei danni”.
Le associazioni ambientaliste fanno fronte comune contro la ricementificazione dell’area. “La revoca della confisca dei suoli su cui sorgeva l’ecomostro di Punta Perotti ci allarma – commentano Francesco Tarantini, Presidente di Legambiente Puglia e Marino Spilotros, presidente del Circolo di Bari – chiediamo al Comune di Bari di porre in essere tutte le iniziative possibili per evitare che su quell’area verde, diventata oggi simbolo della legalità e della tutela dell’ambiente, si ritorni a costruire”. “Auspichiamo – continuano i due esponenti di Legambiente – che le società costruttrici siano disponibili a venire incontro alle esigenze di un’intera città, ma anche dell’Italia, dal momento che il Paese intero si è mobilitato contro quello scempio edile”. “Noi – concludono – difenderemo, se necessario, con nuove battaglie l’area di Punta Perotti da nuove cementificazioni visto che, finalmente, dopo tanti anni, si è trasformata in un parco verde attrezzato e frequentato da centinaia di famiglie”.
Secondo il Wwf la decisione di questa mattina “pone il problema del futuro di quell’area che deve rimanere assolutamente inedificabile escludendo definitivamente ogni possibilità di ricostruzione”. In una nota, l’associazione presideuta da Stefano Leoni dichiara: “Da un punto di vista ambientale e paesaggistico, poco importa se a sbagliare siano stati i soggetti privati o pubblici. Certo è che lo scempio era davvero enorme sotto tutti i punti di vista, scempio a cui fortunatamente grazie anche al coraggio del sindaco Emiliano si è rimediato con l’abbattimento. Oggi non occorre dunque tanto recriminare rispetto alla nuova decisione dei magistrati di restituzione dei terreni, ma portare questi terreni in proprietà pubblica.
Il sindaco di Bari, Michele Emiliano, durante una conferenza stampa nella sede romana della regione Puglia, ha rivendicato l’opereato dell’amministrazione nella vicenda di Punta Perotti: “Io della demolizione sono orgoglioso e lo rifarei 100 volte”. Per mettere la parola fine alla vicenda, Emiliano ha proposto un accordo di programma tra lo stato e i soggetti proprietari dei terreni su cui sorgeva il complesso, poi confiscati: “Quello che è certo – assicura – è che non possiamo consentire che sull’area del parco di Punta Perotti si possa ancora edificare”. “Siamo disponibili – spiega il sindaco – a trovare un accordo per spostare quei valori edificabili in un’altra area. Se l’accordo non dovesse essere trovato l’amministrazione comunale varerà una variante al piano regolatore di inedificabilità di quell’area. Per noi l’area Punta Perotti è il simbolo della rinascita e non può essere cancellata da norme contraddittorie e da sentenze che vanno contro il comune sentimento delle persone”.
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La punizione
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Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Su dazi, Ucraina, Medio Oriente la linea è la stessa e resta condivisa. Mentre sul ReArm, il Pd ha dovuto trovare una sintesi, raggiunta in una lunghissima mediazione iniziata ieri nel primo pomeriggio e andata avanti fino a questa mattina. Da una parte la linea dura della segretaria Elly Schlein e della maggioranza dem. Dall'altra quella più 'aperturista' sul piano Von der Leyen della minoranza. Il punto 8 della risoluzione è quello in cui si è trovato l'equilibrio tra le anime dem. Una mediazione che fa dire ad Alessandro Alfieri, coordinatore della minoranza, di essere "soddisfatto" mentre arriva a Montecitorio per la riunione congiunta dei gruppi.
Da una parte, infatti, c'è la richiesta di una "radicale revisione" del ReArm, fronte dal quale Schlein non si è mossa. "Il piano ReArmEu, proposto dalla Presidente della Commissione europea Von der Leyen, va nella direzione di favorire soprattutto il riarmo dei 27 Stati membri e va radicalmente cambiato, poiché così come presentato non risponde all’esigenza indifferibile di costruire una vera difesa comune", si legge nelle premesse.
Dall'altra, c'è un giudizio positivo sul Libro bianco della difesa europea, il testo sul cui voto i dem si sono divisi in Europa tra le astensioni della maggioranza e il sì dell'area riformista. Nelle premesse si argomenta: "All’Unione europea serve la difesa comune e non la corsa al riarmo dei singoli Stati. La Commissione europea sta preparando il Libro bianco sul futuro della difesa europea che rappresenta l’avvio di un percorso di discussione per la costruzione di una difesa comune".
Quindi il punto 8 della risoluzione in cui il Pd chiede al governo di "promuovere, nel corso del negoziato che si aprirà dopo la presentazione del Libro bianco sulla difesa europea e i suoi strumenti, tutti gli elementi che puntano a una governance democratica chiara del settore, agli investimenti comuni necessari per realizzare l’autonomia strategica e colmare i deficit alla sicurezza europea, al coordinamento e all’integrazione della capacità industriali europee e dei comandi militari, all’interoperabilità dei sistemi di difesa verso un esercito comune europeo".
Ed insieme di "promuovere, pertanto, una radicale revisione del piano di riarmo proposto dalla Presidente Von der Leyen, sulla base delle critiche e delle proposte avanzate in premessa, al fine di assicurare investimenti comuni effettivi non a detrimento delle priorità sociali di sviluppo e coesione, e di condizionare tutte le spese e gli strumenti europei alla pianificazione, lo sviluppo, l’acquisizione e la gestione di capacità comuni per realizzare un’unione della difesa".
Londra, 18 mar. (Adnkronos) - Re Carlo e la regina Camilla festeggiano quest'anno 20 anni di matrimonio - il 9 aprile, mentre saranno in Italia - ma, nonostante questo, sembra che trascorrano "molto tempo separati". Anzi, forse il segreto della loro felicità come coppia è dovuto proprio al fatto che ciascuno dei due sta per conto proprio nei fine settimana. Camilla si ritira nella sua amata e "disordinata" casa di campagna nel Wiltshire senza Charles ogni weekend, secondo Ingrid Seward, caporedattrice della rivista Majesty, che ha dichiarato che "in realtà i sovrani trascorrono parecchio tempo separati. La casa di Ray Mill è, se vogliamo, per Camilla una sorta di liberazione dalla vita reale. Prima di sposare Charles, fece un patto con lui: avrebbe tenuto quella casa come rifugio".
"Va ogni fine settimana, quando può, e ci va anche d'estate per trascorrere un po' di tempo con i suoi nipoti e i suoi figli, ed è qualcosa che la allontana dall'intero mondo reale e dove va soprattutto per rilassarsi - racconta l'esperta reale - Molto spesso non va a Highgrove a meno che lei e Charles non abbiano altri impegni. Si tratta di allontanarsi dalle restrizioni dovute alla sicurezza ed essere circondati da personale e persone che fanno cose per te, il che, ovviamente, sarebbe meraviglioso per tutti noi. Penso che nel suo caso abbia bisogno di un posto dove potersi effettivamente rilassare ed essere semplicemente se stessa, e andare in giro con jeans sporchi, se vuole, senza essere costantemente controllata".
Una fonte ha dichiarato all'Express che Camilla "al Ray Mill può sedersi con un grande G&T, togliersi le scarpe e guardare Coronation Street, che Charles detesta". Il re, invece, quando è libero nei weekend, si reca spesso a Highgrove o a Sandringham, mentre durante la settimana i due risiedono insieme a Clarence House. Della residenza di campagna di Camilla nel Wiltshire si è parlato la scorsa settimana, quando si è saputo che il re ha acquistato una casa confinante, che sarebbe stata adibita a sede per matrimoni, pagandola 3 milioni di sterline per proteggere la privacy della moglie.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il governo si impegni "a sostenere il riconoscimento dello Stato di Palestina, nel rispetto del diritto alla sicurezza dello Stato di Israele, per preservare la realizzazione dell’obiettivo di 'due popoli, due Stati'". E' quanto si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Inoltre, si chiede di "sostenere il piano arabo per la ricostruzione della Striscia di Gaza ed ogni iniziativa diplomatica volta ad assicurare il rispetto della tregua e un reale rilancio del processo di pace: per la liberazione degli ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas, per la protezione dei civili e per la fine delle violenze nei territori palestinesi occupati, per il rispetto della tregua in Libano e per scongiurare il rischio di futuri attacchi da parte di Hezbollah e Iran, nonché le violazioni del diritto internazionale da parte di Israele e, infine, affinché siano rispettate le risoluzioni delle Nazioni Unite".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo di "ribadire la ferma contrarietà all'utilizzo dei Fondi di coesione europei per il finanziamento e l'aumento delle spese militari". E' quanto si legge nella risoluzione dem sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede al governo di "scegliere senza esitazioni e ambiguità, di fronte alle minacce globali e alle sfide inedite rappresentate dalla nuova amministrazione americane, l’interesse europeo, all’interno del quale si promuove e realizza il nostro interesse nazionale, anche una attraverso la costruzione di alleanze, a partire dai paesi fondatori dell’Europa, per collocare l’Italia sulla frontiera più avanzata dell’integrazione contro le spinte disgregatrici e i ripiegamenti nazionalisti". E' quanto si legge nella risoluzione dem sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Ribadire la ferma condanna della grave, inammissibile e ingiustificata aggressione russa dell'Ucraina e a continuare a garantire pieno sostegno e solidarietà al popolo e alle istituzioni ucraine, mediante tutte le forme di assistenza necessarie, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, promuovendo con urgenza un’iniziativa diplomatica e politica autonoma dell'Unione europea, in collaborazione con gli alleati, per il perseguimento di una pace giusta e sicura, che preservi i diritti del popolo ucraino a partire da quello alla propria autoderminazione, l’ordine internazionale basato sulle regole e offra le necessarie garanzie di sicurezza per una soluzione duratura". E' quanto si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Il piano ReArmEU, proposto dalla Presidente della Commissione europea Von der Leyen, va nella direzione di favorire soprattutto il riarmo dei 27 Stati membri e va radicalmente cambiato, poiché così come presentato non risponde all’esigenza indifferibile di costruire una vera difesa comune che garantisca la deterrenza e un percorso di investimenti comuni in sicurezza realizzati non a detrimento delle priorità sociali, di coesione e sviluppo dell’Unione". Si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
"La difesa non può essere considerato un bene pubblico separato dal benessere sociale, ma è parte integrante di una strategia globale che prevede di garantire non solo la sicurezza fisica dei cittadini europei, ma anche la loro sicurezza sociale ed economica: tanto più l’affermazione dei nazionalismi disgregatori dell’unità europea è legata anche alla percezione di insicurezza economica e sociale, nonché alla paura nei confronti delle sfide globali".