da “Inciucio“, di Peter Gomez e Marco Travaglio, editori Riuniti, 2005
Insieme alla grande mangiatoia del Cda Rai, i partiti più che mai famelici hanno imbandito un’altra tavola piena di vivande appetitose: quella delle tre Authority di cosiddetta “garanzia”. Nelle democrazie vere esse hanno il compito di vigilare sul rispetto delle regole, ma in Italia sono occupate da chi le regole le scrive, cioè da ex parlamentari, ex ministri, ex sottosegretari in cerca di un posto e di un pasto caldo. Fra Antitrust, Comunicazioni e Privacy, ci sono 16 poltrone da spartire. E i partiti non si fanno pregare. Anzi, il mercato delle poltrone per il rinnovo delle Authority entra nel grande Monòpoli delle nomine che comprende anche la Rai, la Corte costituzionale (con due posti vacanti, quelli di Valerio Onida e Carlo Mezzanotte) e persino le aziende controllate da Finmeccanica: Enel, Eni e Sviluppo Italia. Un gioco complicato dalla circostanza che, come al solito, ci sono più aspiranti che cariche, più sederi che sedie.
Il via alle danze l’han dato ai primi del 2005 i presidenti delle Camere, Casini e Pera, nominando due nuovi commissari all’Antitrust al posto di quelli scaduti a novembre: l’ex sindaco polista di Bologna Giorgio Guazzaloca, appena trombato da Sergio Cofferati, e il commissario uscente dell’Authority per le Comunicazioni Antonio Pilati. I due andranno ad affiancare i due membri superstiti nominati nel 2000: due cattedratici super partes di grande levatura come Nicola Occhiocupo, già rettore e ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Parma, e Carlo Santagata De Castro, ordinario di Diritto bancario alla Sapienza di Roma. Al di là del valore delle persone, le due nuove nomine scatenano reazioni indignate non solo da Prodi e dall’intero centrosinistra, ma anche da osservatori pacati come Mario Monti e Sabino Cassese, che ricordano sul “Corriere” il requisito di “notoria indipendenza” previsto dalla legge per quell’incarico. Dove sarebbe l’indipendenza di Pilati, indicato da molti come l’ispiratore della legge Gasparri (vedi p. 176 di questo libro), già autore di ricerche per conto della Fininvest. “Dopo aver ideato una legge pro-Mediaset – scrive il “Corriere della Sera” – Pilati dovrà controllare se Silvio Berlusconi dalla postazione di Palazzo Chigi favorisca o meno le aziende di cui è proprietario. Il meno che può succedere è che se ne lavi le mani.” Già, perché la pur blandissima legge Frattini sul conflitto d’interessi affida proprio all’Antitrust il controllo sull’osservanza dei suoi dettami anzitutto da parte dei membri del governo. Ed è curioso che un uomo indicato nell’altra Authority dal partito del titolare del più colossale conflitto d’interessi del mondo occidentale vada a vigilare sul conflitto d’interessi medesimo. Quanto all’ex macellaio Guazzaloca, oltre a essere stato fino a pochi mesi prima sindaco di Bologna come “indipendente” di Forza Italia, è consigliere d’amministrazione, vicepresidente e membro del comitato esecutivo della Locat (la finanziaria di Unicredit), nonché presidente della Leasys (società per il noleggio di autovetture posseduta da Fiat ed Enel), socio della Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna e azionista della macelleria Marconi. Insomma, è legato ad aziende e società alcune delle quali possono ricadere sotto la competenza dell’Autorità garante della libera concorrenza.
Ora, a marzo, scadranno anche il presidente dell’Antitrust Giuseppe Tesauro; il presidente (Stefano Rodotà), il vicepresidente (Giuseppe Santaniello) e i due commissari dell’Autorità garante della Privacy; e l’intera Authority per le Comunicazioni, formata da 8 membri più il presidente (Enzo Cheli). All’Antitrust il Cavaliere, che detesta Tesauro, troppo indipendente, vuole un proprio fedelissimo: i suoi preferiti sono il suo ex ministro della Funzione pubblica Luigi Mazzella, il suo ministro uscente alle Attività produttive Antonio Marzano e Carlo Mezzanotte, giudice costituzionale in scadenza e soprattutto ex avvocato di Berlusconi e Previti nell’affaire Mondadori. Ma alla fine la spunta il consigliere di Stato Antonio Catricalà, che è stato prima capo di gabinetto del ministro delle Poste Antonio Maccanico, e poi negli ultimi anni ha collaborato gomito a gomito con il Cavaliere come segretario generale di Palazzo Chigi. Commenta Massimo Riva sull’“Espresso”:
La recente legge sul conflitto d’interessi assegna proprio alla suddetta Autorità il controllo sull’operato dei membri del governo, presidente del Consiglio in testa. È a Catricalà, stretto collaboratore di Silvio Berlusconi come segretario generale di Palazzo Chigi, che ministri e sottosegretari dovranno fornire ogni informazione su beni e attività private, proprie e dei loro congiunti. E sarà sempre Catricalà a dover decidere se questa o quella decisione del governo possa essere inficiata da interessi privati, e dunque configurare una incompatibilità con la funzione pubblica dei singoli soggetti. Che un simile ruolo di controllore del governo venga assegnato a chi dal 2001 lavora fianco a fianco con il presidente del Consiglio è una decisione che si qualifica come un arrogante insulto all’intelligenza dei cittadini e come una minacciosa deviazione dell’esercizio dei poteri che la legge assegna ai presidenti delle Camere.14
Anche l’opposizione sulle prime insorge, sia per Guazzaloca e Pilati, sia per Catricalà, ma poi viene messa a tacere con un bel po’ di poltrone. E lo stesso accade il 18 marzo, quando il governo nomina presidente dell’Authority per le Comunicazioni il presidente della prima sezione del Tar del Lazio Corrado Calabrò, voluto dal vicepremier Gianfranco Fini (An). Nomina annunciata dal ministro Gasparri (An) pochi minuti dopo che un’altra sezione del Tar Lazio ha escluso dalle elezioni regionali nel Lazio la lista Alternativa sociale di Alessandra Mussolini, nemica giurata del candidato della Cdl Francesco Storace (An). Calabrese, 70 anni, a 28 Calabrò era già capo della segreteria di Aldo Moro. Da allora ha infilato una dozzina di incarichi ministeriali, capo di gabinetto all’Industria, al Bilancio, all’Agricoltura, all’Istruzione, alla Sanità. Presidente di varie sezioni del Consiglio di Stato, ha collezionato nel solo 1991 ben 13 arbitrati. Amico di Maccanico ma anche di Corrado Carnevale, il famoso giudice della Cassazione, Calabrò a tempo perso studia astrofisica e scrive poesie: ha totalizzato 18 volumi in versi (alcuni per Mondadori), un romanzo erotico finalista al premio Strega e due lauree honoris causa nell’Europa dell’Est, una a Odessa l’altra a Timisoara. Come presidente del Tar Lazio, si occupava dei ricorsi presentati contro le decisioni della Consob, della Banca d’Italia e soprattutto dell’Antitrust. E in quest’ultima veste ha scritto varie sentenze che davano ragione a Mediaset. Ora, l’Authority per le Comunicazioni dovrà vigilare – come prevede la legge Gasparri – sulle tv e sulla par condicio, sui telefoni e anche sul conflitto d’interessi.
Sia Catricalà sia Calabrò otterranno in Parlamento i voti del centrosinistra, indispensabili per la maggioranza dei due terzi prevista per l’investitura ufficiale. Anche perché in cambio l’Unione ottiene la presidenza della terza Authority, quella della Privacy, per il professor Franco Pizzetti, costituzionalista e ghost writer di Romano Prodi.
Quando tutti i tasselli vanno al posto giusto dopo la grande abbuffata, ecco come si presentano le tre cosiddette Authority, che resteranno in carica per sette anni:
Antitrust. Presidente Catricalà. Componenti: Guazzaloca, Pilati, Occhiocupo e Santagata De Castro.
Comunicazioni. Presidente Calabrò. Commissari: Giancarlo Innocenzi, ex dirigente Fininvest e ora sottosegretario alle Telecomunicazioni (Forza Italia); Enzo Savarese, ex deputato di An, già dirigente di Alitalia; Stefano Mannoni, costituzionalista e collaboratore del “Foglio” (Lega nord); Gianluigi Magri, sottosegretario all’Economia (Udc); Nicola D’Angelo, magistrato amministrativo, già capo di gabinetto del ministro Maccanico e poi capo dell’ufficio legislativo di Fassino alla Giustizia (Ds); Michele Lauria, senatore della Margherita; Sebastiano Sortino, direttore generale della Federazione editori di giornali (prodiano); Roberto Napoli, ex senatore dell’Udeur.
Privacy. Presidente Franco Pizzetti (Margherita); vicepresidente Giuseppe Chiaravalloti, ex magistrato, governatore uscente della Calabria (Forza Italia); componenti l’ex deputato dei Verdi Mauro Paissan e l’ex consigliere comunale napoletano Giuseppe Fortunato (An).
A proposito di Giuseppe Fortunato, è utile sapere che è stato condannato in via definitiva a 6 mesi di reclusione per divulgazione di segreto d’ufficio. Nel ’94, come presidente della commissione Trasparenza del Comune di Napoli in quota An, si fece consegnare dalla Sip i tabulati del sindaco Antonio Bassolino e dei suoi assessori. E, avendovi scoperto telefonate private, in certi casi a linee erotiche, non solo denunciò il tutto alla magistratura penale e contabile, ma pensò bene di divulgarlo anche in una conferenza stampa. Di qui la condanna per aver violato quella privacy che ora, come componente dell’apposita Authority, dovrà garantire. L’uomo giusto al posto giusto.