Dal “fuoco amico” al “fango infame”. Si accende lo scontro interno nell’Italia dei Valori su quello che sembra delinearsi come il “caso De Magistris”. Antonio Borghesi e Sonia Alfano, rispettivamente vicepresidente del Gruppo alla Camera ed eurodeputata del partito di Antonio Di Pietro, si sono contrapposti frontalmente: il primo invoca l’autosospensione dall’Idv dell’ex procuratore di Catanzaro, Alfano, invece, lo difende.
A scatenare lo scontro è stato il rinvio a giudizio di De Magistris per omissione di atti d’ufficio davanti al tribunale di Salerno. Nello specifico, si tratta di omissione di indagini su una presunta collusione tra magistrati di Lecce e di Potenza con ipotesi di reati che vanno dall’associazione per delinquere all’estorsione al favoreggiamento di banche che applicano tassi usurari. Indagini che gli erano state assegnate e richieste dal Gip. Per questo Borghesi ha scritto una lettera all’eurodeputato rinviato a giudizio chiedendogli di lasciare il partito perché così prevede il codice etico dell’Idv. Nella lettera, il deputato veronese, esprime la sua solidarietà e vicinanza, si dice certo che “saprai dimostrare la tua estraneità dei fatti” ma, per coerenza con le tante campagne di legalità portate avanti insieme con il partito, le tue dimissioni sono ovvie. E ricorda, Borghese, un precedente: “Per effetto dei tuoi attacchi un nostro ex parlamentare, Americo Porfidia, solo indagato e non come te rinviato a giudizio, e per fatti privati, è stato costretto ad autosospendersi dal partito passando al gruppo misto”.
Immediata la presa di posizione di Sonia Alfano in difesa di De Magistris: “Porfidia è iscritto nel registro degli indagati per estorsione, pure aggravata dal favoreggiamento della camorra. Altro che fatti privati, la camorra è mafia, Borghesi, e lei omaggia Porfidia del titolo di ‘nostro’ deputato? Ma sarà il suo, non certo il mio deputato”. Alfano non si ferma qui. E attacca frontalmente il vicepresidente del gruppo alla Camera definendolo un “danno per l’immagine del partito”. Scrive Alfano nel suo blog: “A leggere Borghesi che si preoccupa del danno di immagine che subirà l’Italia dei Valori da questa vicenda è troppo, lui che viene da un partito razzista, xenofobo e secessionista come la Lega Nord, che si è dichiarato favorevole al rilevamento delle impronte digitali dei nomadi rom, anche per i bambini. Chi è dunque il vero danno per l’immagine di Italia dei Valori, riconosciuto come partito aperto e tollerante delle minoranze, che si schiera in difesa dei diritti umani e della Costituzione italiana? Un partito, l’Idv, che gli ha ridato una verginità a cui mai avrebbe potuto aspirare dopo i suoi ‘verdi’ trascorsi”.
La risposta di Borghesi non si è fatta attendere. Dalla “signora Alfano” ho “ricevuto una valanga di fango”. Io penso, scrive, “che le regole e la legge siano uguali per tutti e non è dunque possibile che per qualcuno non valga e in particolare per chi sta in alto”. Del resto, sostiene Borghesi, la mia richiesta è “nè più né meno quanto anche Marco Travaglio aveva chiesto di fare dalle colonne del Fatto. Solo che la stessa cosa detta da me ha scatenato la violenta reazione della signora Alfano”. A cui, fra l’altro, ribatte: “Non c’è nulla di ciò che ho fatto nella mia vita da rinnegare o di cui debba vergognarmi”. La Alfano “reca a me una offesa paragonabile a quella che lei potrebbe provare se qualcuno le dicesse che sta sfruttando la morte di suo padre”. E conclude richiamando l’impegno all’interno del partito e accusando l’eurodeputata di aver “tentato sistematicamente di mettere il cappello sui candidati alternativi a quelli istituzionali”.
Sonia Alfano, ovviamente, ribatte. Tralasciando gli attacchi personali, scrive sul suo blog: “Io e Luigi de Magistris continueremo a camminare fianco a fianco come fatto fino ad ore” e per questo, aggiunge, “ho deciso di aderire ufficialmente e formalmente all’Associazione InMovimento”, riconoscendo “nella partecipazione democratica il miglior rimedio alla deriva autoritaria che sta subendo il nostro Paese”. Insomma: io mi impegno attivamente. Che a Borghesi suonerà anche come: ti lascio alle tue beghe di Palazzo. Il caso De Magistris rimane ancora irrisolto.
Il testo integrale della lettera di Antonio Borghesi
“E’ doveroso da parte mia rispondere alla valanga di fango (anzi di m…) che con un metodo di dossieraggio, che credevo pratica diffusa di giornalisti prezzolati, la signora Sonia Alfano ha ritenuto di gettarmi addosso nel suo intervento su “Il Fatto Quotidiano”. La mia colpa era di aver osato chiedere a Luigi De Magistris, rinviato a giudizio per omissione di atti di ufficio nella sua qualità di magistrato, di autosospendersi (non di dimettersi) così come previsto dal Codice etico di Italia dei Valori. Né più né meno quanto anche Marco Travaglio aveva chiesto di fare dalle colonne del “Fatto”. Solo che la stessa cosa detta da me ha scatenato la violenta reazione della signora Alfano. Io penso che “le regole siano regole”, che “le regole che un partito si dà siano legge” per chi ne fa parte, e che “la legge sia uguale per tutti” e che dunque non sia possibile che per qualcuno non valga ed in particolare per chi sta in alto. Altrimenti è giusto cambiare le regole per tutti!. Ciò vale per De Magistris, rinviato a giudizio, per Porfidia , indagato, (“nostro” ex deputato perché eletto nelle liste Idv così come De Magistris e la Alfano), e per tutti coloro(per fortuna pochi) che in questi mesi, disciplinatamente, si sono adeguati al codice etico.
Ho 61 anni, mi sono avvicinato alla politica per la prima volta nel 1995, quando ne avevo 46, e dunque ho costruito la mia vita nella società civile (sono professore ordinario di Economia e Gestione delle Imprese nell’Università). Sono un uomo fortunato perché non c’è nulla, ma proprio nulla, di ciò che ho fatto nella mia vita da rinnegare o di cui debba vergognarmi. Ho commesso errori, perché errare è umano, ma quando è stato necessario li ho sempre riconosciuti e ho cercato di porvi rimedio.
Chiunque può leggere sulla mia biografia, presente sul sito www.antonioborghesi.it, che nel 1995 sono stato eletto Presidente della Provincia di Verona, come indipendente, a capo di una giunta formata da Lega Nord, Partito Popolare, Verdi e Patto Segni. Successivamente ho aderito alla Lega Nord, partito dal quale me ne sono andato nel novembre 1998 non condividendone le scelte secessioniste. Vorrei solo ricordare a tutti che in quegli anni Bossi girava le piazze del Nord scagliandosi contro Berlusconi, identificato come “il mafioso di Arcore” ed inneggiava a Di Pietro ed al lavoro di “Mani Pulite”. Il mio giudizio sulla Lega xenofoba, razzista e secessionista é facilmente individuabile in molti miei interventi nell’aula della Camera, a partire dal 2006 quando vi sono stato eletto.
Nel 2000, cioè circa due anni dopo essermene andato dalla Lega ed essere ritornato al mio lavoro nella società civile, ho incontrato Antonio Di Pietro ed insieme a lui ho contribuito alla costruzione di questo partito, come dirigente locale e nazionale. Come si vede è del tutto scorretto e falso parlare di me come di un voltagabbana o di uno che ha ri-acquistato la verginità perduta, grazie a Idv.
Nell’autunno del 1997 sono stato indagato per “abuso d’ufficio e turbativa d’asta” in relazione alla vendita di una azienda agricola di proprietà della “Fondazione Barbieri”, che presiedevo in quanto Presidente della Provincia di Verona. Come si può leggere nei resoconti verbali del Consiglio Provinciale (che tengo a disposizione di chiunque li desideri) all’epoca fui io stesso a comunicare ai consiglieri provinciali che avevo ricevuto notizia di essere indagato, che non sentendomi colpevole di nulla avrei chiesto immediatamente al magistrato di essere interrogato, e che in ogni caso, ove mai fossi stato rinviato a giudizio, un minuto dopo mi sarei dimesso da Presidente . Dopo qualche mese, nella primavera del 1998, il Pubblico Ministero chiese l’archiviazione dell’indagine per non aver commesso né abusi di ufficio né turbative d’asta (tengo a disposizione l’atto per chi lo desideri). E’ dunque totalmente falsa l’affermazione della signora Alfano che io sarei stato rinviato a giudizio. Tra l’altro ricevetti nell’occasione i complimenti del magistrato poiché, grazie alla mia azione, la Fondazione incassò dalla vendita 600 milioni in più, e, dopo una sostanziale inattività durata vent’anni, sei mesi dopo inaugurò la prima casa-famiglia, destinata alle persone spastiche.
Premesso che io sarei d’accordo che le impronte digitali siano prese a tutti, italiani e non (ma è l’Idv che in passato lo ha affermato compreso Antonio Di Pietro), la magistratura e le forze di polizia hanno in passato scoperto numerose bande di Rom che consapevolmente ed in modo criminale utilizzavano i loro bambini, in quanto non penalmente punibili, per effettuare furti nelle abitazioni. In quella occasione ho dichiarato, e non me ne pento, che avrebbero dovuto essere prese le impronte digitali a quei bambini, ma perché quella era la strada per riconoscere e catturare i loro mandanti, cioè i loro genitori. Ricordo per altro che in quel comunicato stampa dissi anche ”le problematicità di una decisione del genere sono molte” e che ”cautela e sensibilità devono andare di pari passo con i controlli”.
Per tornare alla questione del codice etico di Idv, ricordo a tutti che mai, da quando esiste il partito Italia dei Valori, Antonio Di Pietro è stato rinviato a giudizio. Tutti ricorderanno altresì che Antonio Di Pietro per il solo fatto di essere “indagato” (non rinviato a giudizio) si dimise nel 1996 da Ministro dei Lavori Pubblici.
Quanto a Luigi De Magistris, che ha risposto al mio invito in modo tecnico, anche se opinabile, come del resto ha fatto con Marco Travaglio, egli si è ben guardato dall’usare i vergognosi e putridi metodi di lotta politica ai quali ricorre la signora Alfano. La mia stima nei suoi confronti risale a tempi non sospetti, come è facilmente dimostrato dai post presenti sul mio sito quando egli era ancora magistrato e quando accolse la candidatura in Italia dei Valori.
Quanto alla signora Alfano, che si rivolge a me in modo così violento ed inqualificabile, ritengo che non potrà mai essere trovata una mia dichiarazione o un mio atto che possa in qualche modo risultare offensivo nei suoi confronti. Eppure reca a me una offesa paragonabile a quella che lei potrebbe provare se qualcuno le dicesse che sta sfruttando la morte di suo padre.
Quanto infine alla “area auto evidente nel partito”, alla quale io apparterrei secondo la signora Alfano, mi è facile ribadire che io non appartengo ad alcuna corrente perché finora per fortuna questo partito ne è stato indenne. Ho sempre combattuto e sempre combatterò “le correnti” o “aree di diversa sensibilità”, come qualcuno le ha chiamate, poiché penso che siano il vero motivo della disgregazione di una organizzazione. Può dire lo stesso la signora Alfano che pone invece in essere da sempre comportamenti volti alla creazione di queste aree? Ad esempio tentando sistematicamente, come ha fatto nei recenti congressi regionali, di mettere il cappello sui candidati alternativi a quelli istituzionali?“.