Nella giornata mondiale per il diritto allo studio circa 20 mila persone hanno sfilato nel capoluogo lombardo. Si sono verificati alcuni disordini. Una delegazione ha portato solidarietà ai migranti sulla ciminiera
Il corteo parte alle 9.30 da Largo Cairoli. La testa è lasciata proprio a una fila di migranti. In mano uno striscione con una scritta in italiano e in arabo: “Siamo tutti sulla torre”. Quella in via Imbonati, dove tre stranieri protestano da una decina di giorni contro la “sanatoria truffa”. Cori contro il razzismo. E contro le politiche del governo sulla scuola pubblica. Uno striscione dice: “Di notte bunga bunga. Di giorno finanzia le scuole paritarie dei preti”. Un gruppo di studenti lancia uova contro un liceo artistico paritario, il Giovanni XXIII in corso di Porta Vigentina. Nel cortile vengono pure gettati alcuni petardi e due bombe carta. Non è l’unico momento di tensione della giornata. Alcuni ragazzi coperti dal fumo nero di un candelotto danneggiano a colpi di mazza i vetri della filiale di Banca Fideuram in corso di Porta Romana. Mentre le scritte spray “La crisi ve la creiamo noi” e “Assassini, merde” vengono lasciate sulle vetrine di altre banche lungo il percorso della manifestazione. Secondo il vice sindaco Riccardo De Corato, i danni costeranno alla città 60mila euro.
Verso mezzogiorno il corteo arriva davanti al provveditorato di via Ripamonti. Qui ancora tensione: una cinquantina di ragazzi incappucciati e con caschi in testa si schiera davanti alle forze dell’ordine in assetto anti sommossa.
La calma torna quando gli agenti permettono a un gruppo di 300 studenti di raggiungere in metropolitana la ciminiera dell’ex Carlo Erba in via Imbonati. Qui i manifestanti salutano con un applauso i tre immigrati che dal 5 novembre scorso protestano in cima alla torre. Uno di loro porta un megafono alla bocca e dall’alto promette che i tre non scenderanno finché il governo non approverà una vera regolarizzazione. Secondo Najat Tantaoui, marocchina di 32 anni, il problema non è solo ottenere una sanatoria, ma avere garantiti quei diritti che oggi gli stranieri non hanno: “Ho due figli. Sono nati qui, ma non sono considerati italiani”, racconta. “Noi stranieri soffriamo, così come soffrono gli studenti”.