Ville, auto di lusso, ora anche una flotta aerea privata. Non stiamo parlando delle proprietà di un oligarca russo, né di una ricca contea della silicon valley, ma della città di Huaxi, nella provincia cinese dello Jiangsu, una specie di Brianza dell’estremo oriente. La “Città più ricca della Cina”, come viene definita, ha appena annunciato di voler dotarsi nel giro dei prossimi cinque anni, di una ventina di aeroplani per fini turistici e di addestramento dei piloti. Spesa prevista, un miliardo di Yuan, circa 150 mln di dollari.
Approfittando del fatto che il Governo cinese intende aprire una fetta del suo spazio aereo ai velivoli privati, Zhou Li, manager della Huaxi Village tourism company, ha spiegato all’agenzia di stampa ufficiale nuova Cina di voler cogliere l’occasione «per implementare l’industria turistica locale e attrarre un maggior numero di visitatori». A questo fine, i due elicotteri che la città già possiede (un Mc Donnell-Douglas e un Eurocopter) incominceranno a effettuare voli turistici da metà dicembre.
Ma cos’è Huaxi e perché si può permettere progetti del genere in un Paese in cui reddito procapite si aggira ancora intorno ai 3000 dollari? La città, che prende il nome dal fiume che la attraversa, è una specie di sintesi perfetta tra collettivismo socialista e capitalismo asiatico spinto agli estremi. Ogni cittadino, parliamo di circa 400 famiglie di ex contadini, è azionista di una holding, la Jiangsu Huaxi Jituan Gonsi, che controlla 58 imprese industriali e che è quotata in Borsa.
Tutti lavorano nelle industrie cittadine (manufatturiero, tessile, industria pesante) vivono in ville perfettamente somiglianti di almeno 400 mq, dotate di ogni comfort, e possiedono macchine di lusso: Audi, Bmw, Mercedes, Cadillac e via dicendo. La Holding di Huaxi assicura un bonus attorno ai 10 mila dollari all’ anno, un dividendo di 25 mila e un salario di 1500. Cifre da capogiro per il resto del Paese. Senza dimenticare l’assistenza sanitaria gratuita. E la quota annua pro capite di olio per friggere, molto utilizzato nella cucina cinese.
L’altro lato della medaglia è che ciascuno lavora sette giorni su sette e non può andarsene (anche se si può viaggiare), licenziarsi, o sposare qualcuno al di fuori del villaggio, a patto di perdere tutto ciò che possiede. Praticamente un lusso in affitto vita natural durante: un sogno per milioni di cinesi.
O un incubo a seconda dei punti di vista.
Huanxi, che negli ultimi 5 anni ha generato ricavi per 35 miliardi di dollari circa, deve la sua fortuna all’ottantatreene Wu Ren Bao, capo del comitato locale del partito comunista per 50 anni di seguito, ora in pensione. Personaggio controverso, dalle indubbie capacità politiche. Una specie di Mao locale, o meglio un Deng Xiaoping ante litteram, visto l’intuito nel cogliere le opportunità del mercato: in piena rivoluzione culturale mise in piedi una manifattura clandestina con alcuni paesani. Nell’84, all’inizio dello sviluppo commerciale, avviò una fabbrica di fertilizzanti spray che fruttò alle casse della città 200mila dollari.
IL Cielo Blu Del Socialismo
Un’idea di cosa sia Huaxi ce la si può fare guardando questo video di 8 minuti, dai mal celati toni propagandistici, prodotto dal portale cinese in lingua inglese CRI e realizzato dal reporter Mark Griffiths.
«Una città, un uomo, un miracolo» spiega Mark. Considerato che, data la mole di lavoro, gli abitanti non possono viaggiare molto, la municipalità ha pensato di portare il mondo a Huaxi: e così ha costruito una Statua della Libertà, una Torre Eiffel e un Arco di Trionfo.
Ogni anno la città è visitata da 2 milioni di turisti, secondo quanto spiega l’agenzia di Stato cinese. Ma sembra che riuscire a entrare in contatto con la popolazione locale e magari fare della domande sia piuttosto difficile. Specie per i giornalisti.
Piò o meno a metà filmato Mark, vicino a una bella cancellata in ferro battuto traduce le prime due righe dell’inno cittadino, diffuso dagli altoparlanti in tutta la città: “Il cielo sopra Huaxi è il cielo del Partito Comunista, la terra di Huaxi è la terra del Socialismo”. Canzone a volte interrotta – spiega il reporter – da una voce in inglese che esclama “Ci piace questo genere di socialismo!”.
Il dubbio che sia stata confezionata apposta per lui sorge immediatamente.