Per la ratifica dello Start sono necessari 67 dei 100 voti del Senato. Già ora, per i democratici, è difficile arrivare a questa cifra (al momento hanno 58 voti). Il via libera di Kyl è fondamentale per sbloccare lo stallo e avere più consensi. E l’anno prossimo la situazione sarà ancora più difficile: da gennaio i senatori democratici scenderanno a 53, perché gli eletti dello scorso 2 novembre arriveranno a Washington.
A parecchi repubblicani la linea di Obama sul nucleare non piace: secondo loro gli armamenti atomici degli Stati Uniti vanno tenuti in piedi. Proprio per venire incontro alle loro preoccupazioni, la Casa Bianca aveva assicurato 4,1 miliardi di dollari – aggiuntivi rispetto agli 80 miliardi già stanziati – per ammodernare l’arsenale nucleare che rimarrebbe in funzione anche dopo il taglio di un terzo. Kyl e altri colleghi repubblicani, però, non hanno voluto sentire ragioni. Il senatore dell’Arizona vuole più soldi, e l’assicurazione che i laboratori atomici rimarranno aperti.
Il vice presidente Joe Biden, delegato da Obama per le trattative con il partito di Bush, ha detto che continuerà a cercare la ratifica entro la fine dell’anno. “Un fallimento a passare il nuovo trattato Start quest’anno potrebbe mettere in pericolo la nostra sicurezza nazionale”, ha sottolineato il vice presidente, aggiungendo che mantenere buoni rapporti con Mosca “è fondamentale per avere (lo spazio aereo per portare) rifornimenti alle nostre truppe in Afghanistan e per imporre forti sanzioni contro il governo dell’Iran”.
Lo stesso presidente Barack Obama, durante il suo recente viaggio in Asia, aveva rassicurato il suo omologo russo Dimitri Medvedev sulla ratifica dello Start, definita una “priorità” per la sua amministrazione. Il nuovo scenario politico americano, però, non gli consente grandi margini di manovra. La riduzione degli armamenti, così come la legge per proteggere l’ambiente dal cambiamento climatico, rischiano di rimanere sogni nel cassetto.