Potere al popolo, purché “costi meno” dello Stato. Per quanto possa essere una contraddizione in termini questa è la nuova rivoluzione conservatrice in Gran Bretagna. Ha il nome pomposo di “Big Society” e l’obiettivo, non meno ambizioso, di cambiare l’indirizzo del potere. Dalle stanze dei bottoni di Whitehall alle case dei cittadini. Il governo incentiva a organizzarsi in cooperative e a farsi carico dei servizi, soprattutto in campo sociale. Per riuscirci però le coop devono presentare un piano di gestione e dimostrare di avere costi inferiori a quelli attuali. Scuole, ospedali, prigioni, servizi di assistenza. Ma anche pulizia e decoro delle strade, rete dei bus, riciclo dei rifiuti, fornitura di internet veloce, potranno essere gestiti dalle donne e dagli uomini che già lavorano nel settore o che intendono mettersi in associazione con altri cittadini. Ce l’ha fatta, per esempio, il Central Surrey Health, una costola del Servizio Sanitario Nazionale in Surrey, che è stato rilevato dai 770 impiegati e che produce ogni anno servizi per il valore di 26 milioni di sterline.
La Grande Società, come la vede il premier David Cameron, è in grado di sostituirsi allo Stato. Trasferendo i poteri dalla centralità del governo alle autorità locali, fino ai cittadini. In tempo di globalizzazione un’ode al localismo. “Si tratta della più grande ridistribuzione di potere dalle elite della politica agli uomini e alle donne della strada”. Così l’ha spiegata Cameron.
Phillip Blond, della thin tank ResPublica, che fa da consulente a Cameron, sostiene che il modello di Big Society possa essere esportato anche in Italia. Anzi, il nostro Paese sarebbe avvantaggiato, perchè le numerose organizzazioni religiose incarnano già, pur senza profitto, questo modello di “imprenditoria del sociale”, diffuso soprattutto in Lombardia. In Italia inoltre ci sono più di 15.000 cooperative sociali, fondazioni e associazioni. Ci lavorano circa 350.000 persone che forniscono servizi a 5 milioni di utenti. Un modello da non prendere in considerazione, secondo il modello inglese, sono invece le ronde padane: in Gran Bretagna, infatti, gli unici settori che rimarranno interamente a carico dello stato sono la difesa e la sicurezza.
In un fondo speciale sono stati depositati 10 milioni di sterline per finanziare i progetti in fase di partenza. Inoltre nascerà a breve la Big Society Bank, un serbatoio cui andranno a finire tutti i soldi depositati nei cosiddetti conti bancari dormienti, ovvero non più attivi da 15 anni. Secondo una nuova legge il governo potrà appropriarsi di questi beni che saranno dirottati per realizzare il sogno di Cameron.
Opposizione e parti sociali non sono entusiasti. Il Labour accusa Cameron di mascherare sotto buone intenzioni i brutali tagli alla spesa pubblica. E i sindacati sostengono che con questo sistema il governo stia solo tentando di scrollarsi di dosso le sue responsabilità. Temono anche che questo smantellamento dello stato possa portare a privatizzazioni selvagge, come quelle degli anni Ottanta sotto Margaret Thatcher. I detrattori fanno notare che cambiare gestione dei servizi proprio dopo i tagli è una ricetta sicura per il fallimento. “Trasferire la responsabilità sulla gente per indurla a fare di più con meno denaro è assurdo”, ha attaccato sulle pagine del Times Dave Prentis, segretario generale di Unison, uno dei più grandi sindacati del settore pubblico. E Londra potrebbe anche essere richiamata dall’Unione Europea. Secondo le regole Ue ogni contratto del valore superiore di 156.000 sterline deve essere pubblicizzato e soggetto a una gara d’appalto. Mentre nel progetto dei Conservatori gli impiegati intenzionati a formare la cooperativa non avrebbero nessuna concorrenza da battere.
di Deborah Ameri