In Italia si stima ci siano tra le 70 e le 90 testate nucleari americane, tutte nelle basi di Aviano e Ghedi Torre: bombe B-61 con una potenza che va da 45 a 170 kiloton (ossia fino a 13 volte la bomba di Hiroshima), utilizzabili dai caccia F-16 statunitensi, belgi e olandesi e dai Tornado italiani e tedeschi, e rientranti nella nuclear sharing, la “condivisione nucleare” che coinvolge i Paesi membri nella pianificazione per l’uso di armi nucleari da parte della NATO (che prevede il dislocamento statunitense di armi nucleari tattiche in Europa). Ma ha senso tutto ciò? Ha ancora senso la presenza in Europa dell’Alleanza atlantica, a più di sessant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale e a oltre venti dal crollo del blocco sovietico?

L’Europa continua ad essere letteralmente invasa dalle “forze NATO”, le quali, in realtà, sono forze militari americane che occupano in modo più o meno lecito il suolo di altri Paesi sovrani. Tra i quali, ovviamente, l’Italia. Oltre a chiedersi il motivo di una tale presenza sul suolo di Paesi che dovrebbero essere alleati dell’unica “super-potenza” rimasta, viene da chiedersi cosa farebbero gli americani se ci fosse sul loro territorio anche una sola base militare straniera, o una sola testata nucleare non di loro proprietà. Di sicuro, come affermò Beppe Grillo in una delle sue “pillole rosse”, non si arrabbierebbero nemmeno; diventerebbero pazzi!

Quindi perché ci si dovrebbe stupire se migliaia di vicentini, ad esempio, sono contro l’allargamento di quella che dovrebbe diventare la più grande base americana in Europa (la Dal Molin)? O se già diversi Paesi europei ribadiranno oggi e domani a Lisbona il loro desiderio di disfarsi delle bombe americane presenti sul proprio territorio? E perché ci dovremmo mettere ancor più in una posizione problematica sia a livello di possibili attacchi da parte del presunto terrorismo internazionale che di tensioni interne al continente europeo (ad esempio con la Russia)? Per denaro? Non proprio, se si osservano i calcoli riportati sul sito nodalmolin.it, che dimostrano come la quasi totalità dei costi sia a carico dei Paesi ospitanti le basi USA/NATO.

Ma anche se queste basi, al di là della loro utilità o meno, dovessero portare soldi, o “business” come pensano in molti, basterebbe ciò a legittimarne la presenza e soprattutto la possibilità di fare partire ed atterrare aerei che, in barba al Trattato di Non Proliferazione Nucleare sottoscritto e ratificato anche dall’Italia, trasportano testate nucleari? E per scopi ovviamente tutt’altro che pacifici, in barba anche al fatto che l’Italia, stando all’articolo 11 della nostra Costituzione, “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

Di questo (si spera) discuteranno oggi e domani i capi di Stato e di governo dei Paesi aderenti alla NATO che si incontrano a Lisbona. Del fatto che già durante la riunione dei Ministri degli esteri della NATO dell’aprile 2010, Germania, Belgio e Olanda (e in ottobre anche Norvegia e Lussemburgo) avevano sollevato obiezioni sulla permanenza di armi atomiche USA in Europa. Ci sono però due nazioni che non hanno mai manifestato il desiderio di disfarsi dell’arsenale nucleare americano presente sul proprio territorio: Italia e Turchia.

Non sembrerebbe quindi una coincidenza il fatto che ora siano proprio queste due le candidate a ricevere le testate nucleari rimosse dal resto d’Europa. Sì, perché nel rapporto “U.S. non-strategic nuclear weapons in Europe: a fundamental NATO debate, presentato a fine ottobre 2010 da un comitato dell’Assemblea parlamentare della NATO, si parla dell’intenzione dell’Alleanza atlantica di «raggruppare le armi nucleari in meno località geografiche». Le località in questione, cioè quelle interessate a tale ricollocazione, secondo alcuni esperti sarebbero appunto le basi controllate dagli USA di Aviano in Italia e Incirlik in Turchia.

A questo proposito gli attivisti di Avaaz.org hanno lanciato una petizione online per chiedere al Presidente Berlusconi e ai Ministri Frattini e La Russa di opporsi al piano della NATO di trasferire le armi nucleari americane attualmente in Europa in Italia, e di intraprendere i passi necessari al graduale smantellamento degli armamenti nucleari nei siti di Aviano e di Ghedi Torre (le due basi nelle quali si troverebbero già dalle 70 alle 90 testate nucleari americane). Una petizione che, nel caso si dovessero raccogliere almeno 25 mila firme, li porterà a consegnarle direttamente al Presidente e ai Ministri presenti al vertice di Lisbona.

Qui non c’è niente di ideologico, né tanto meno una qualche forma di disprezzo nei confronti di un popolo, quello statunitense, che sotto certi aspetti è in condizioni peggiori delle nostre, e si ritrova a dover mandare migliaia dei suoi ragazzi in giro per il mondo, spesso controvoglia, evidentemente in mancanza di alternative professionali a casa loro. Si parla di dati, di cifre, di legittime preoccupazioni di Paesi sovrani che si ritrovano in casa armi micidiali altrui, e del fatto che la presenza americana sul suolo del nostro continente è uno dei più grandi limiti alla nascita di una vera “sovranità europea”, di un governo ed un’economia comunitari indipendenti da ogni influenza di Washington. E, come ricorda Greenpeace: «Quando l’Europa non verrà più considerata come un teatro di possibili guerre nucleari, un deposito o una portaerei degli Stati Uniti, la Guerra Fredda sarà finalmente conclusa».

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