L'associazione milanese, che da anni lotta contro il business del racket degli alloggi popolari, oggi torna a denunciare "lo stato di totale abbandono in cui vivono le vittime dell'usura in Italia"
“Accesso al fondo di solidarietà per casalinghe, dipendenti pubblici, pensionati e immigrati, vittime di usura. Possibilità per gli imprenditori di ottenere in tempi brevi gli aiuti dello Stato. No al potere delle lobby all’interno del Comitato nazionale antiracket”. Sono queste le richieste di Sos Racket e Usura. L’associazione milanese, da anni in prima linea nella lotta contro il business degli alloggi popolari abusivi, oggi torna a denunciare “lo stato di totale abbandono in cui vivono le vittime dell’usura in Italia”. E va oltre. Da ieri, il suo presidente, Frediano Manzi è in sciopero della fame e della sete e annuncia la sospensione delle cure mediche (soffre di ipertensione cronica). “Per 17 anni ho mentito alle migliaia di persone che ho assistito, dicendo loro che lo Stato li avrebbe difesi. Ma ora, vedendo come vanno le cose, non lo dico più”.
Parole forti che Manzi torna ancora una volta a ripetere: “Vogliamo che lo Stato sostenga le vittime di usura”.
Dati alla mano (Sos impresa-Confesercenti, ottobre 2010), in Italia sono 600.000 le persone che si piegano al malaffare, 200.000 commercianti. Afferma Manzi: “Noi chiediamo la modifica della legge sull’usura che di fatto non permette l’accesso al ‘Fondo di solidarietà per le vittime’ a casalinghe, dipendenti pubblici, pensionati e immigrati: il 30% del totale. Con la norma in vigore, loro possono solo denunciare i propri carnefici. Ma come puoi sperare di convincere i cittadini a farlo – conclude – senza la garanzia di un aiuto?”.
La legge di riferimento per le vittime di usura, di cui Sos Racket chiede due modifiche, è la n. 108, del 7 marzo 1996. L’articolo 14 del testo istituisce il Fondo “presso l’Ufficio del Commissario straordinario del Governo”, l’ente che provvede “alla erogazione di mutui senza interesse”. La legge stabilisce un termine di sei mesi per la domanda. La vittima fa istanza al prefetto, che accoglie la pratica e a sua volta la passa al Comitato Nazionale Antiracket, con sede in via Cesare Balbo 37 a Roma. Ma il tempo che passa tra la domanda e l”utilizzo dei soldi è esagerato: “Di norma passano dai 3 ai 5 anni”, afferma Manzi. Un tempo “inaccettabile, che crea un naturale sentimento di sfiducia verso le istituzioni”.
Nel mirinodell’associazione c’è anche il Comitato e la Federazione delle Associazioni Antiracket e Antiusura Italiane (Fai). Di fatto dominate da “sistemi clientelari” e “lobbistici”. Afferma Manzi: “Nel Comitato sono presenti solo associazioni iscritte alla Federazione. Noi chiediamo, invece, che tutte le organizzazioni antiracket e antiusura che operano nel territorio possano entrare a rotazione nel comitato. In questo modo anche noi potremo garantire ai nostri assisti un miglior servizio. Com’è possibile – aggiunge Manzi – che se una pratica è in mano al Fai, la vittima di usura ottiene i soldi del fondo in un anno, mentre per le pratiche delle altre associazioni, di anni, ce ne vogliono dai 3 ai 5?”.
Lo scorso 7 febbraio, Manzi denuncia una realtà sconvolgente. Un sexy gate che coinvolgerebbe il prefetto Carlo Ferrigno, commissario straordinario anti-racket dal 2003 al 2006. Verità da accertare e “oggi al vaglio della magistratura milanese”. Secondo quanto afferma Manzi, infatti, “un’inchiesta è stata aperta dal sostituto procuratore di Milano, Stefano Civardi”. A inchiodare Ferrigno le testimonianze video di due donne, pubblicate sul sito di Sos racket. Le due vittime sostengono di essere state minacciate: avrebbero ottenuto l’accesso al fondo, solo in cambio di favori sessuali. Reati e violenze si consumavano a Milano, Torino e Roma, anche negli stessi uffici del Comitato Nazionale Antiracket.