Salvata dai crolli, una famiglia si riscopre più unità. Un paese ritrova il piacere di stare assieme e conosce l'Italia grazie ai soccoritori
Avevo unidici anni ed ero in casa con mia madre le mie sorelle e mia nonna che abitava al piano si sopra. Come tutte le domeniche eravamo rientrate dalla passeggiata in “piazza”e ci apprestavamo a cenare. Io ero in camera da letto a giocare e mia madre e le mie sorelle in cucina, quando all’improvviso andò via la luce, si sentì un grande boato e tutto cominciò a muoversi violentemente. Noi ci ritrovammo tutte sotto l’arco della porta della cucina abbracciate come a formare un unico corpo. Mia madre pregava e implorava ripetendo ossessivamente: ” Madonna di Pompei salva tutti e non ti scordare di noi”. Furono dei minuti interminabili , il pavimento traballava paurosamente, mobili che cadevano, stoviglie che si rompevano ,mia nonna che urlava al piano di sopra , poi all’improvviso tutto finì. Eravamo al buio, mia sorella con una scatola di fiammiferi andò a prendere mia nonna ed insieme scendemmo giù dove mio padre , giunto dalla “piazza” con il fiato in gola urlava il nome di mia madre.
Ci riunimmo in uno slargo insieme agli altri vicini del “casale” e di quella notte di pianto,terrore, paura, sgomento ricordo una luna enorme e bellissima. Fu una notte di grande umanità. Eravamo tutti consapevoli che una grande tragedia si era abbattuta su di noi ma che eravamo vivi. Dopo qualche ora tutte le famiglie si cercavano , si contavano. Il nostro gruppo familiare contava più di 50 persone la più piccola era una bimba di 3 mesi la più grande una nonna di 80 anni . Abbiamo vissuto insieme per più di tre mesi in un baraccone di legno costruito da mio padre , zii e parenti, costituito da due enormi “stanze” una per mangiare ed una per dormire.
Le giornate erano allegre: la mattina gli uomini andavano per il paese ad aiutare chi aveva bisogno e di sera si mangiava, si beveva e si giocava a morra fino a tardi, per noi ragazzini era uno spasso anche se a una certa ora si andava a letto, naturalmente vestiti, in lunghe file di letti dove ci tenevamo abbracciati. Quello fu un inverno rigido e nevoso, ma non ricordo di aver avuto freddo.
Poi arrivarono i militari. “Che bei ragazzi…”, dicevamo noi ragazzine che eravamo tutte invaghite di loro. Poi arrivarono i volontari di La Spezia: “Come parlavano bene”. Poi arrivarono gli aiuti materiali: coperte, giacconi, scarpe, tende, e ogni sorta di ben di Dio . E poi i soldi e con loro l’egoismo, l’avarizia, l’ingordigia, la cattiveria , la sopraffazione. Il terremoto del 1980 è stato per le nostre comunità uno spartiacque che ha segnato la fine di una cultura contadina e dunque solidale, leale, autentica e l’inizio della cultura moderna e dunque affarista, egoista e truffaldina.
La mia è stata una famiglia fortunata perchè abbiamo perso molto ma ci siamo salvati, siamo vivi. Oggi dopo 30 anni dal quel terribile evento ancora mi commuovo ripensando alle parole che mia madre ripeteva tenendoci abbracciate: “No, quella notte la Madonna non si è scordata di noi”.
Sandra Sgueglia
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