Emergenza rifiuti in Campania, è il caos. Napoli è stretta nella morsa di quasi tremila tonnellate di spazzatura e a Terzigno torna l’incubo degli scontri di piazza. Ieri pomeriggio sono state trovate e disinnescate tre bombe a mano nei pressi di un punto di incontro dei comitati antidiscarica. La tensione è salita in seguito all’imminente riapertura della Cava Sari, chiusa da sabato per un’ordinanza del sindaco Domenico Auricchio, che interrompeva il deposito dell’immondizia. Ma la notte è trascorsa senza incidenti. Non ci sono stati sversamenti di spazzatura. La zona è stata presidiata dai comitati di cittadini che vogliono impedire il passaggio dei camion. Il presidio è durato fino a quando il freddo e la pioggia non hanno indotto gran parte dei manifestanti a tornare a casa.
La miccia si è accesa con l’avviso di garanzia al sindaco di Terzigno. La Procura di Nola lo ha iscritto nel registro degli indagati per interruzione di pubblico servizio contestando le conclusioni dell’ordinanza che mettono in relazione la discarica con l’inquinamento delle falde acquifere e sventolando le recentissime analisi di Arpac e Asl, in contrasto con le valutazioni dei consulenti del Comune.Il questore Santi Giuffré ieri diceva di aspettarsi una “notte calda”. E Auricchio è pronto al dietrofront: “A me sta a cuore la salute dei cittadini, se la Procura dice che non ci sono rischi, non ho motivo di mantenere in vigore il provvedimento”.
E se a Terzigno potrebbero presto tornare camionette e poliziotti in tenuta antisommossa per scortare il ritorno degli autocompattatori, a Napoli si rischia di rimanere stritolati nella monnezza. Impressionanti i cumuli di sacchetti neri abbandonati sui marciapiedi, ben 2800 tonnellate nel solo capoluogo. Mucchi enormi nel centro storico, come non se ne vedevano dal gennaio 2008. Montagne di immondizia anche davanti Villa Rosebery, la residenza napoletana del Capo dello Stato. L’affannosa corsa ai rimedi potrebbe produrre toppe peggiori del buco. Il manager della società del settore rifiuti, sotto garanzia di anonimato, regala la seguente riflessione: “Nel giorno in cui il governo Berlusconi decreta che in Campania non c’è bisogno di discariche cancellando quelle poche che andavano aperte, con quale credibilità il ministro Raffaele Fitto convoca la conferenza Stato-Regioni per chiedere agli altri governatori le loro discariche per aiutare i napoletani”? Quindi non c’è da meravigliarsi se Puglia, Emilia e le regioni del Nord dicono no ai rifiuti campani. Così si torna a giocare una carta già impiegata in passato: spedire la spazzatura all’estero. Durante l’era Bassolino partiva stipata nei treni, direzione Germania. Stavolta dovrebbe viaggiare in nave, verso la Spagna. Come rivelato dal quotidiano “Il Mattino”, si lavora a un accordo tra la Provincia di Napoli, la A2A (l’impresa che gestisce l’inceneritore di Acerra) e un’impresa andalusa. Obiettivo: trasportare in Spagna 20.000 tonnellate di frazione umida al mese al prezzo poco modico di 140 euro a tonnellata, comprensivo del trasporto. Costo totale mensile: 2 milioni e ottocento mila euro. Oltre 33 milioni di euro annui. Pagherebbe la Protezione Civile. E così gli stir, liberati dall’umido che li ingolfa bloccandoli, dovrebbero tornare a tritovagliare a pieno regime per smaltire le 9000 tonnellate di spazzatura abbandonata sui marciapiedi di Napoli e provincia.
L’impresa spagnola offrirebbe una struttura in grado di accogliere sino a 6 milioni di tonnellate di umido. E anche se ne destinasse solo un sesto alla spazzatura campana, questo significherebbe assicurare ai quattro stir campani circa quattro anni di pieno funzionamento. Durante i quali realizzare i termovalorizzatori di Napoli Est e Salerno. E dare alla Campania l’agognata autonomia. Ma l’accordo cela dei limiti. A parte il prezzo non particolarmente concorrenziale, pochi sanno che la frazione umida trito vagliata che esce dagli stir campani è composta per acqua al 40%. Quasi 30 euro a tonnellata, quindi, verrebbero spesi solo per spedire acqua in Spagna. Quando con impianti adeguati si potrebbe ridurre a monte il volume e il peso del rifiuto, privandolo dell’acqua. Gli investimenti necessari verrebbero ammortizzati dal risparmio sulle spese dell’invio. Mandare tutto all’estero, inoltre, comporta l’impiego di 200 tonnellate di plastica al mese per gli imballaggi big bag. Anche questo comporta un costo. Che sarebbe eliminato se si riuscisse a portare l’umido in impianti italiani. E anche sui tempi ci sono incognite: difficile chiudere l’intesa entro poche settimane. Mentre bisogna fare presto. Napoli è un mondezzaio a cielo aperto, si rischia il disastro ambientale evocato dal presidente della commissione parlamentare sui rifiuti Gaetano Pecorella se entro un mese non si trova un rimedio.