NEW YORK – Dopo lo scandalo pedofilia, negli Stati Uniti la Chiesa cattolica svolta a destra. Martedì la Conferenza dei vescovi statunitensi ha eletto un nuovo presidente. E’ Timothy Dolan, responsabile della diocesi della Grande Mela. Secondo il New York Times, i porporati “cercavano una voce ortodossa, potente e autorevole, per ribadire l’insegnamento della Chiesa”, specie dopo le tante critiche secondo cui “i vescovi hanno perso la loro autorità morale per gli scandali di abuso sessuale”.
Nella politica come nella Chiesa, l’America va verso posizioni meno progressiste. L’alternativa a Dolan era monsignor Gerald Kicanas, arcivescovo di Tucson, Arizona, alfiere della corrente per la “giustizia sociale”. Il presule della diocesi di New York, che lo ha battuto con 128 voti contro 111, è meno “liberal” e continuerà a ribadire il suo no alla riforma sanitaria di Barack Obama, perché a suo parere spinge verso l’aborto. Sono servite a poco le clausole approvate proprio per le preoccupazioni dei contrari all’interruzione di gravidanza.
Eppure, durante il dibattitto sulla “health care”, ospedali e infermiere cattoliche si erano schierati a favore della riforma voluta dalla Casa Bianca, andando contro la conferenza dei vescovi. Con Dolan i “ribelli” avranno vita difficile. “Siamo pastori e insegnanti – ha detto – non siamo solo un gruppo di insegnanti nella comunità cattolica, noi siamo ‘gli’ insegnanti”. I prelati intervengono spesso nel dibattito pubblico americano, soprattutto quando si parla di matrimoni tra omosessuali, che alcuni Stati permettono ma che i religiosi non vogliono. Il confronto è spesso acceso, visto che alcuni politici cattolici – come il vice presidente Joe Biden – hanno opinioni chiaramente diverse da quelle del Vaticano.
Il monsignore eletto a vice presidente della Conferenza dei vescovi è Joseph Kurtz, della diocesi di Louisville, Kentucky, già responsabile della commissione che si occupa proprio di matrimonio, ovviamente contro quello omosessuale. “E’ un segnale che la Conferenza farà sentire nella guerra di culture”, commenta Thomas Reese, prete gesuita al Centro teologico “Woodstock” alla Georgetown University. Qualche segnale si poteva già leggere nella “dichiarazione di Manhattan”, che il neo presidente della Conferenza aveva contribuito a redigere: no all’aborto, no alle unioni omosessuali, che vanno considerate minacce alla libertà religiosa.
Il Vaticano ha avuto voce nella scelta del nuovo presidente? In teoria no, ma l’appoggio d’Oltretevere c’è sicuramente, visto che quest’anno Dolan era stato nominato tra i responsabili di un gruppo che deve indagare sugli abusi nei seminari irlandesi. Di carattere estroverso, sempre disponibile al confronto in occasioni sociali, talvolta con una birra in mano, Dolan farà certamente sentire la sua voce. Anche contro il presidente degli Stati Uniti.