L’Aquila, 20 mesi dopo il terremoto, è una città che rischia uno spopolamento inesorabile: oltre 1.300 persone hanno chiesto il cambio di residenza, le iscrizioni alle scuole sono scese di quasi 800 unità e non ci sono dati certi su chi se n’è andato senza ufficializzarlo. Fare scelte di vita diverse sta diventando una scelta forzata: non c’è un progetto organico per la città, mancano certezze su tempi, modalità e risorse per la ricostruzione; sul futuro delle attività produttive, economiche e commerciali; sulle tasse.
La ricostruzione
“I lavori sulle case gravemente danneggiate non sono mai iniziati. E parliamo di 10, forse 12mila edifici, molti dei quali nei centri storici. Non c’è nemmeno la normativa per fare i progetti perché manca il prezzario cui attenersi per presentarli.”, dice l’assessore alla Ricostruzione dell’Aquila Pietro Di Stefano. “La Regione ne aveva stilato uno a settembre, per ottemperare a un’ordinanza di luglio. Ma è risultato da rivedere perché aveva portato a progetti di lavorazione con un costo eccessivo, fra i 600 e i 900 euro a metro quadro. Così siamo ancora fermi.” Per quanto riguarda la ricostruzione leggera, sono stati erogati in via definitiva 9.023 contributi per le case classificate A, B e C, quelle con danni minori. Devono ancora essere erogati circa 1.400 contributi, rispetto alle domande che sono state presentate dai proprietari. Ma per quante abitazioni, i lavori si possono definire conclusi? “La stima è fra il 50% e il 60%”, dice l’Assessore. Insomma, la ricostruzione, quella vera, è ancora in alto mare.
Gli sfollati
Allora dove vivono gli aquilani? Secondo l’ultimo report del Commissario per la Ricostruzione, il progetto C.A.S.E. accoglie 14.205 persone (non sono mai state 30mila, come aveva dichiarato ad agosto del 2009 il premier Silvio Berlusconi) che, probabilmente, da gennaio dovranno contribuire all’ospitalità pagando un affitto. In che termini e con quali modalità, lo si scoprirà entro il 31 dicembre. Poi ci sono i Moduli Abitativi Provvisori (M.A.P.) che ospitano 6.945 persone. A questi si sommano 804 sfollati nel “fondo immobiliare” e 1.410 che alloggiano in appartamenti in affitto concordato con la Protezione civile. Quindi c’è il nodo non risolto che riguarda i nuclei monofamiliari o alcune coppie: 2.246 persone vivono ancora in albergo, 436 in caserma. Sono perlopiù anziani. Per loro non si intravedono soluzioni a breve termine.
Infine, ci sono i terremotati che hanno trovato soluzioni abitative a proprio carico e che ricevono il contributo di autonoma sistemazione. Molti di loro hanno lasciato la città, ma non esiste un dato ufficiale in merito. I pagamenti del contributo sono in ritardo di cinque mesi, e lo sarebbero di otto, se il Comune dell’Aquila non avesse anticipato 25 milioni di euro.
Ma è sugli aventi diritto al contributo che si consuma una vera e propria guerra dei numeri. Se fino a un mese fa erano oltre 26.000, oggi nel report ufficiale si legge che sono 14.953. Il motivo? Ci sono persone che non hanno presentato le documentazioni integrative in tempo, altri che devono chiarire la loro posizione, studenti fuori sede: insomma, è lecito aspettarsi che il numero degli aventi diritto al contributo torni a salire di parecchio. Nel frattempo, però, la situazione in divenire permette di utilizzare i numeri per mostrare successi che non ci sono.
Un gioco analogo su numeri e definizioni si rilevò a ottobre. Il report del Commissario datato 5 ottobre riportava la dicitura: “Totale persone assistite nel Comune di L’Aquila e nei Comuni del cratere 55.584”. Sul report del 12, invece, si leggeva: “Totale persone assistite 3.065”. Ovviamente, il numero di sfollati non era diminuito di 52mila unità in una settimana. Semplicemente, venivano definite “assistite” solo le persone che si trovavano in alberghi e caserme. Come se tutti gli altri non fossero più sfollati.
La citta che si svuota
Angelo Mancini, consigliere comunale, fa il punto sulle iscrizioni all’anno scolastico: “Diminuiscono in tutti gli ordini e gradi, con prevalenza in scuole per l’infanzia, elementari e medie”. Per la precisione, 203 iscritti in meno alle scuole per l’infanzia, 267 alle elementari, 161 alle medie, 165 alle superiori. “Il che significa che le famiglie se ne sono andate. E il piccolo aumento di poche unità nelle scuole limitrofe non compensa questo flusso in uscita”.
Parliamo dunque di almeno 2.400 persone, se consideriamo una media di 3 persone per famiglia. “Questo dimostra che il dato provvisorio di chi ha chiesto il cambio di residenza all’anagrafe è sottostimato. E tutto dipende dall’assenza di prospettive e certezze, a cominciare dalla questione delle tasse”.
Le tasse
Per la terza volta gli aquilani hanno ottenuto un rinvio del pagamento delle tasse. Altri 6 mesi appena, ossigeno con il contagocce concesso in extremis, quando già sembrava certa la restituzione al 100%. Ma cosa succederà allo scadere dell’ennesima, temporanea, proroga? “All’Aquila vogliamo un trattamento analogo a quello degli altri territori che hanno subito terremoti o calamità”, dice Luigi Fabiani, tributarista. Per esempio? “In Marche e Umbria hanno avuto riduzioni degli arretrati delle tasse al 40%, ad Alessandria al 10%, in Molise la sospensione durò cinque anni e per analogia non pagarono le tasse nemmeno nella provincia di Foggia, che non era stata colpita dal terremoto”.
“Il tema delle tasse è uno dei motivi per cui è stata indetta la manifestazione nazionale del 20 – continua Fabiani – ma nel frattempo il governatore Chiodi ha già annunciato che ci sarà una nuova riduzione sulle tasse. Ogni volta che si protesta, c’è una proroga o una nuova misura che ci dà respiro per qualche mese. Ma questo è grave perché, dal 6 aprile a oggi, non abbiamo avuto alcuna certezza sul lungo periodo e non possiamo pianificare il nostro futuro.”
Quanto al lavoro, oltre all’aumento dell’800% dei cassaintegrati, “il 40% delle attività produttive è fermo. Le altre hanno riaperto, spesso con un nuovo indebitamento, trovando a proprie spese nuove sedi, e delocalizzando, con forti punti interrogativi sulle future rendite. In questo scenario, le banche cominciano a restringere sui nuovi prestiti, ovviamente: è un salto nel buio anche per loro”.
Per ovviare al salto nel buio, ci vorrebbe un progetto d’insieme a lungo termine, che ai vertici non è stato ancora pensato dopo quasi venti mesi dal terremoto. Ci proveranno i cittadini: sabato 20, in occasione della manifestazione, inizierà la raccolta delle 50.000 firme necessarie per la presentazione di una legge di iniziativa popolare, che è già stata depositata in Cassazione.