Cultura

Teheran, parte seconda

Ho letto i tanti commenti giunti sul blog al mio post sul World Philosophy Day (WPD) a Tehran. In molti mi chiedevano di specificare cosa avrei detto al congresso. Su La Stampa di ieri, è riportata una parte – quella più strettamente filosofica – del mio intervento. Trascrivo qui di seguito per i lettori de Il Fatto Quotidiano l’introduzione, di natura politica, che farò precedere al mio discorso, intitolato “Universalismo, verità, tolleranza”. Lo faccio nella speranza di suscitare reazioni sul merito della riflessione e sulla proposta politica in essa contenuta (come avvenuto ad esempio in una discussione con Eco su queste tematiche), anziché commenti ispirati all’insensata equiparazione della critica delle politiche del governo israeliano e del sionismo all’antisemitismo, magari conditi da attacchi al sottoscritto (si veda, se proprio necessario, la reazione di Volli al mio post su ilfattoquotidiano.it). Sono certo consapevole della contraddizione, che in molti hanno notato, tra l’accettazione dell’invito di Tehran e il boicottaggio della kermesse israeliana (prima, ed egiziana poi) al Salone del Libro di Torino. Ma è poi tale? Forse no. Entrambe le questioni sono non solo culturali, ma anche politiche. E nel caso del Salone del Libro, che i paesi occidentali (l’Italia, poi…) – e non i loro intellettuali – non perdano occasione per ribadire il proprio sostegno alle decennali pratiche imperialistiche del governo israeliano, prendendo accordi con quest’ultimo per organizzare un evento – in Occidente, non a Tel Aviv – che inevitabilmente finisce per mortificare la causa legittima e colpevolmente trascurata dei Palestinesi, è a mio parere poco accettabile. O comunque, sembra imporsi una scelta, quella che appunto descrivo qui sotto. Un mondo multipolare ha le sue esigenze.

Ecco la mia introduzione a cio che dirò in Iran.

Universalismo, verità, tolleranza

Sono pienamente consapevole dell’onore che mi avete tributato invitandomi al World Philosophy Day. Sono già stato a Teheran anni fa, quando il presidente Katami invitò l’Accademia della Latinità, della quale sono uno dei due vicepresidenti. Oggi sono qui in altra veste: quella di filosofo, e quella di deputato del Parlamento europeo. Sono essenzialmente due le ragioni per le quali ho deciso di accettare l’invito a Teheran: il mio impegno professionale per la filosofia, e il mio impegno politico per promuovere la causa della rivolta internazionale contro l’imperialismo statunitense. Il conflitto fondamentale che caratterizza il mondo odierno è di duplice natura, filosofica e politica, e riguarda le politiche di una potenza economica e militare che pretende anche di rappresentare la ragione e i diritti umani, agitati in nome di una sorta di missione divina. Sapete perfettamente cosa questa pretesa significhi in termini di oppressione di popoli e interventi offensivi nei domini riservati degli stati. Benché non possa dire di condividere, filosoficamente e politicamente, le posizioni ufficiali del governo iraniano e di molti intellettuali del vostro paese, ho deciso di schierarmi in favore della lotta dei tanti popoli che, come quello iraniano, e quelli di paesi latino-americani come il Venezuela, Cuba, la Bolivia e il Brasile, si stanno ribellando al potere della polizia internazionale capeggiata dagli Stati Uniti. Posso ovviamente esprimere le più ampie riserve su molte posizioni ufficiali del governo iraniano: la pena di morte (che è tuttavia pratica corrente nella cosiddetta capitale della democrazia, gli Stati Uniti), ma anche (quella che a me appare come) la forte commistione tra la religione ufficiale dello stato e il diritto civile, che invece dovrebbe a parer mio garantire tutte le scelte morali e filosofiche dei cittadini, e tra queste una maggiore libertà d’insegnamento nelle scuole e nelle università, ma anche l’assenza di persecuzioni nei confronti dell’omosessualità e in generale di tutti gli orientamenti sessuali. Potrei ricordare molti altri punti di dissenso che sono propri anche dell’opinione pubblica occidentale, sebbene quest’ultima sia fortemente influenzata dalla propaganda imperialista e persino sionista. Ciononostante, in nome della causa comune contro l’imposizione soffocante del consenso di Washington, scelgo volutamente di rimandare l’esame delle tante questioni di libertà appena ricordate. Ben sapendo che anche nel mio “mondo libero”, molte delle libertà che spesso invochiamo per i cittadini iraniani non sono rispettate. Quello che mi ripropongo di fare, d’ora in poi, è contribuire, per quanto mi è possibile, alla lotta per realizzare queste libertà sia nel mio mondo occidentale sia nel vostro, ben consapevole del fatto che molti di coloro che in Occidente pretendono di difendere e affermare i diritti umani sono in realtà alleati dell’oppressore. Menziono per tutti gli pseudo-democratici sostenitori dello stato d’Israele, che è oggi uno dei più orribili esempi, ipocrita, di aggressione militare contro quegli stessi diritti.

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