Prima che venissero approvate le nuove norme del codice stradale chiunque si trovasse alla guida di un mezzo a 2 o 4 ruote non poteva avere nel sangue più di 0,5 g/l, pena multe salate, perdita di punti e sospensione della patente (le sanzioni variano a seconda del grado alcolemico rilevato). Una soglia abbastanza diffusa anche negli altri paesi europei e considerata compatibile con una “moderata” bevuta tra amici. Dal 30 luglio scorso è stato invece introdotto l’alcol zero dai 14 ai 21 anni, obbligo esteso a tutti i neo-patentati per i primi 3 anni di guida e ai guidatori professionali. Per tutti gli altri resta il classico 0,5.
Si scopre però che la Società italiana alcologia, durante la discussione del testo della riforma del codice, aveva presentato in commissione al Senato una proposta per estendere le disposizioni sull’alcol zero alla guida anche agli over65, specificando che “se si accetta il criterio di una maggiore vulnerabilità giovanile agli effetti di quantità pur moderate di alcol e di conseguenza si scelga di adottare il limite zero sino ai 21 anni, è allora indispensabile adottare tale livello anche al di sopra dei 65 anni di età, età in cui si riduce drasticamente la capacità di metabolizzare l’alcol”. A sostegno di questa tesi ci sono i dati diffusi dall’Osservatorio Nazionale Alcol-Cnesp dell’Istituto superiore di sanità, che individuano come “bevitori assidui” soprattutto giovani e anziani: sotto i 16 anni in pericolo un ragazzo su quattro e una ragazza su sette. Mentre gli ultra-65enni fanno peggio: a rischio uno su due, per un totale di 3 milioni di anziani a rischio.
Dati che non devono aver fatto breccia sui politici che, non volendo inimicarsi le già infastidite lobby dell’alcol, hanno stralciato parte della proposta portando nel disegno di legge solo l’alcol zero per i giovani. Basta leggere le recenti dichiarazioni del Presidente dell’Epat (Esercizi Pubblici Associati di Torino e Provincia), Carlo Nebiolo, per capire le tensioni in atto: “Il vero freno alla ripresa del comparto del vino si chiama etilometro. Prima quattro clienti consumavano dalle due alle tre bottiglie, ora si fermano a una”. Le ragioni della sicurezza contrastano con quelle di produttori e ristoratori ma questo non può portare a demonizzare l’etilometro ministeriale che, avendo bevuto tre bottiglie in quattro persone, farà sicuramente registrare valori ben superiori a quelli di legge.
“Le proposte avanzate e sostenute dalla Sia sono basate sull’evidenza scientifica – spiega a ilfattoquotidiano.it Emanuele Scafato, presidente della Società italiana alcologia – e su quanto viene richiesto ai governi europei dall’Oms e sollecitato dal Parlamento Europeo; livelli di alcolemia media di 0,2 per tutti, livelli zero per i giovani e, aggiungiamo noi, livelli zero per gli ultra-65enni. Le ragioni sono semplici. Considerata la fisiologia degli anziani, e tenuto conto del ridotto metabolismo dell’alcol a causa della perdita quantitativa dell’enzima alcol deidrogenasi, è noto che a partire dai 65 anni, si incrementa esponenzialmente la vulnerabilità e il rischio alcolcorrelati. Gli anziani sono poi la parte di popolazione che assume più farmaci, come antidolorifici, antiinfiammatori, sedativi, antidepressivi etc. per i quali è vietato l’uso di qualunque quantità di alcol il cui effetto è assolutamente imprevedibile ma comunque rischioso in relazione all’idoneità psico-fisica alla guida, in considerazione anche della non trascurabile diminuzione dei riflessi che si accompagna all’invecchiamento”.
Evidenze rilevanti proposte dalla comunità scientifica e dagli organismi di tutela della salute che, però, il legislatore non ha considerato, scegliendo di non tutelare insieme ai giovani anche gli ultra-65enni. Resta da chiedersi come mai le due commissioni di Camera e Senato abbiano stralciato questa parte della proposta. A voler pensare male, si può immaginare che abbiano voluto “autoescludersi” dall’alcol zero (tanti politici sono over 65, primi tra tutti il ministro dei Trasporti Altero Matteoli e – tra pochi giorni – il sottosegretario ai Trasporti Bartolomeo Giachino), e che non abbiano voluto approvare una norma troppo impopolare.
Tuttavia i dati Istat presentati in questi giorni dicono che il 74% dei morti per incidente stradale ha più di 30 anni e che i giovani non sono i soli soggetti a rischio. Nessuno lo ha fatto notare al Parlamento, nemmeno l’unico soggetto forte che avrebbe potuto farlo, cioè il il Forum nazionale dei giovani, riconosciuto con la Legge 30 dicembre 2004, n. 311, quale unica piattaforma nazionale di organizzazioni giovanili italiane che devono “impegnarsi per il coinvolgimento dei giovani alla vita sociale, civile e politica del Paese, coinvolgendoli nei processi decisionali del Paese”. Il suo presidente, Carmelo Lentino, risponde: “Sinceramente non lo sapevo, se così fosse la discriminazione sarebbe più evidente”. Contattato da ilfattoquotidiano.it, il sottosegretario ai trasporti Giachino non ha voluto rispondere alla nostre domande.
di Claudio Cangialosi – www.sicurauto.it