Bruxelles ha detto basta. L’ennesima deroga italiana a scapito della salute dei cittadini questa volta non si farà. In una decisione datata 28 ottobre 2010, la Commissione europea ha respinto la richiesta dell’Italia di tollerare valori di arsenico fino a cinque volte superiori alla norma nelle acque di rubinetto di 128 comuni in cinque regioni della penisola. Un rifiuto che scoperchia un rischio sanitario fino ad oggi tenuto nascosto a oltre un milione di cittadini e che, da un momento all’altro, potrebbe obbligare molti sindaci a firmare ordinanze che dichiarano non potabile l’acqua in decine migliaia di abitazioni.
In una lettera del 2 febbraio 2010, l’Italia faceva richiesta di una terza deroga ai parametri definiti dalla direttiva 98/83 del Consiglio Ue sulla qualità delle acque destinate al consumo umano, chiedendo di innalzare la soglia massima autorizzata di arsenico nell’acqua di rubinetto dai 10 μg/l consentiti dalla legge fino a a 20, 30, 40 o addirittura 50 μg/l. Seppur considerata legittima perché motivata da una contaminazione di origine naturale e dal fatto che la fornitura di acqua nei comuni coinvolti non può essere garantita con mezzi alternativi, l’eccezione italiana non può essere tollerata perché troppo pericolosa, secondo Bruxelles, per la salute dei cittadini. “Le prove scientifiche nei documenti indicati in riferimento negli orientamenti dell’Organizzazione mondiale della sanità e nel parere del comitato scientifico dei rischi sanitari e ambientali consentono deroghe temporanee fino a 20 μg/l – si legge nel documento – mentre valori di 30, 40 e 50 μg/l determinerebbero rischi sanitari superiori, in particolare talune forme di cancro”.
Una doccia fredda per il Ministero della Salute, che ottiene la deroga solo per 8 comuni (i cui valori rientrano entro la soglia dei 20 μg/l) sui 130 oggetto della richiesta e che deve ora fare i conti con un inquinamento degli acquedotti di proporzioni inquietanti. Se Lombardia, Toscana, Trentino-Alto Adige e Umbria sono le regioni che contano comuni inseriti nella lista nera di Bruxelles, la situazione più critica è nel Lazio, dove sono in totale 90 le municipalità coinvolte nelle province di Latina, Roma e Viterbo, con picchi di utenze interessate che vanno dagli oltre 66mila abitanti di Aprilia ai 115mila del capoluogo di provincia dell’agro pontino, passando per gli oltre centomila residenti della Tuscia dove l’acqua di rubinetto è considerata pericolosa in quasi tutti i comuni della zona. Otto i comuni lombardi in provincia di Mantova, Sondrio e Varese dove l’arsenico supera il valore di 30 μg/l mentre anche fra le Dolomiti non mancano le situazioni a rischio con 26mila abitazioni a Trento e centinaia di famiglie coinvolte in provincia di Bolzano. In Toscana, con 11 comuni è la provincia di Livorno ad essere più esposta ai pericoli dell’arsenico mentre in Umbria è Orvieto con 21 mila case a rischio la città più colpita.
Dopo tre settimane di silenzio da parte del Ministero della Salute e di fronte alla minaccia dell’apertura di una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per la mancata comunicazione alla popolazione dei pericoli legati al consumo delle acque contaminate, oggi il ministro Ferruccio Fazio ha affermato che “il ministero della Salute sta avviando alle Regioni la comunicazione che abolisce la deroga che portava a 50 microgrammi per litro la concentrazione massima di arsenico nelle acque destinate al consumo”. “L’ordinanza di deroga – ha aggiunto Fazio – era stata fatta perché si prevedeva che non ci fosse alcun parere negativo da parte della Comunità europea”.
“Dopo la decisione dell’Ue è nostra intenzione attivare una procedura sospensiva urgente dinanzi al Tar, finalizzata a ottenere il blocco immediato delle fonti d’acqua i cui parametri sulle sostanze tossiche non rispettino la normativa – è la risposta del Codacons attraverso le parole del presidente Carlo Rienzi – Ciò significa che le acque contenenti arsenico in misura superiore ai 20 microgrammi al litro dovranno essere vietate e, quindi, non potranno essere consumate dai cittadini”.
“Ci troviamo tra l’incudine e il martello – dichiarano i sindaci della Tuscia sottolineando come il problema sia noto da tempo nel viterbese -. Da un lato dobbiamo evitare gli effetti dannosi che potrebbero essere causati dall’elevata concentrazione di arsenico, come tumori alla pelle e malattie incurabili per i bambini sotto i tre anni; dall’altra dobbiamo garantire l’approvvigionamento idrico alle nostre popolazioni. Per questo chiediamo che vengano attuati provvedimenti immediati”.
La lista dei 128 comuni a rischio, dal sito de Il Salvagente