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Inghilterra, stretta del governo sull’immigrazione

Londra – Il governo impone un nuovo tetto all’immigrazione extra Ue, che raggiungerà il minimo storico in Gran Bretagna entro il 2015. E un limite anche agli studenti, ancora provenienti da oltre i confini europei – dato che agli altri non può essere imposta nessuna restrizione – stimati in più del 50% del flusso migratorio. Circa 120.000 di loro potrebbero non avere accesso alle università.

L’annuncio è stato dato nel pomeriggio di ieri dal Ministro degli Interni, che ha promesso di ridurre i flussi da “centinaia a decine di migliaia”, e di “tagliare il legame tra soggiorno temporaneo e permanente”, con chiaro riferimento ai permessi per studenti, certamente uno dei primi obiettivi delle politiche conservatrici di riduzione dell’immigrazione. Theresa May, la nuova Lady di ferro del governo Cameron, ha precisato come il numero degli ingressi dei lavoratori qualificati si fermerà a 21.700, scendendo di 6.300 unità, un quinto rispetto a quelli programmati per il 2010. Inasprendo, e se possibile aggravando, la tendenza alla chiusura delle frontiere già iniziata dall’ultimo governo laburista.

Capitolo a parte quello dei lavoratori trasferiti dalle loro aziende. Formalmente dovranno dimostrare di guadagnare più di 40.000 sterline lorde l’anno se vogliono restare per un periodo lungo, o minimo 24.000 se vogliono rimanere almeno un anno. Il provvedimento tuttavia è molto meno restrittivo di quanto previsto in un primo momento, tanto da rappresentare una chiara vittoria delle pressioni provenienti dalle multinazionali, prime fra tutte quelle americane che hanno grandi interessi, dalla City alle industrie farmaceutiche e alimentari.

Le regole d’oltremanica sono una volta tanto ben più stringenti rispetto alle nostre. L’ultimo decreto flussi italiano prevede fino al 31 dicembre 2010 l’ingresso di 86.000 lavoratori. Quanto agli studenti, il decreto del Ministero degli Esteri pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 28 aprile 2010 stabilisce il tetto in poco più di 51.000, più o meno in linea con le domande. È anche vero che, salvo alcuni casi di eccellenza universitaria nel nostro Paese, molti studenti sono attratti piuttosto dalla qualità degli atenei britannici, o chiedono permessi di studio per apprendere o migliorare l’inglese.

Ma perché il governo se la prende proprio con loro? Netta la posizione della May, che spiega come la metà degli studenti extra Ue varchi i confini del Regno Unito per frequentare corsi di preparazione alla laurea. “Troppi a questo livello – ha sostenuto il Ministro alla Camera dei Comuni – vengono da noi con la prospettiva di vivere e lavorare piuttosto che studiare. È ora di fermare questo abuso”.

Preoccupazioni sono state espresse da John Moutford, direttore della Association of Colleges, che ha ricordato come gli studenti extra Ue portino ricchezza al Paese iscrivendosi ai corsi di laurea. Le rette che devono pagare, a cui non è imposto alcun limite, permettono infatti di finanziare parte del sistema universitario, ora al collasso dopo i tagli dei fondi pubblici da poco annunciati. Inoltre la mossa del governo potrebbe ledere il prestigio delle istituzioni accademiche a vantaggio di paesi che adottano politiche più accoglienti.

Sarcastico il commento di Peter Skyte, dirigente nazionale del sindacato Unite, secondo cui le misure salva-multinazionali, che lasciando spazio alle manovre delle grandi industrie andranno a minacciare i diritti dei lavoratori britannici. Gli fa eco il laburista Ed Balls, ministro ombra degli interni, quando parla di un “governo in stato confusionale” sulle politiche dell’immigrazione, dato che il favore alle imprese fa diventare il tetto nient’altro che “un imbroglio, un tentativo, una foglia di fico”. E gli studenti pagano.