I principali trader energetici del mondo ridimensionano la propria presenza nella City per rivolgersi alla più accogliente Svizzera che si prepara a diventare il primo centro mondiale della distribuzione di greggio
Sotto il peso di un regime fiscale meno favorevole e di una regolamentazione crescente, la City londinese sarebbe prossima a perdere la sua leadership nel settore del trading energetico a favore di un concorrente già affermato e sempre più agguerrito: la città di Ginevra. E’ l’ipotesi avanzata in questi giorni dal Financial Times a fronte delle recenti mosse delle principali società attive nel commercio di materie prime energetiche, petrolio in testa. Mosse che, a breve, dovrebbero trasformare la piazza elvetica nel principale centro di smistamento dell’oro nero del Pianeta. Il luogo, in altri termini, nel quale prenderanno forma le decisioni più importanti nella determinazione del prezzo del greggio.
A dettare la nuova linea sono ovviamente i grandi competitor, a cominciare dalla Trafigura, terza società di trading del mondo, domiciliata ad Amsterdam e attiva in 44 Paesi. I suoi dirigenti hanno già ordinato il trasferimento a Ginevra di circa 80 dei 300 operatori attivi a Londra in linea con quanto stabilito dalla Vitol, numero uno mondiale del settore, già pronta a spostare sulle rive del lago elvetico 25 dei suoi 200 trader operanti nella capitale britannica. Nel frattempo anche la Bp ha già iniziato a ridurre il proprio personale nel Regno Unito, un segnale di come la tendenza interessi ormai anche il segmento dell’estrazione.
Tutti in fila dunque, per incrementare la propria presenza sulle sponde del lago ginevrino al culmine di un processo di “colonizzazione” avviato a partire dagli anni ’80 da uno degli operatori più spregiudicati che la storia ricordi: l’americano di origine belga Mark Rich. Fondatore di Glencore, ad oggi seconda società del settore con un fatturato 2009 di oltre 106 miliardi di dollari, Rich aveva iniziato la sua carriera nell’allora leader di mercato Phillips Bros, specializzandosi in seguito nell’acquisto dei diritti di esportazione dei Paesi in guerra o soggetti a embargo come il Sudafrica, la Libia, Cuba e l’Iran. Accusato di associazione a delinquere, commercio con il nemico ed evasione fiscale, Rich fu costretto a lasciare in fretta e furia gli Usa per rifugiarsi nella placida Zug, nel cuore delle Alpi svizzere, e continuare a operare indisturbato. Graziato da Bill Clinton nel 2001, non ha mai rimesso piede in America.
La parabola di Rich ha costituito una vera e propria fonte di ispirazione per gli altri inquilini del lungolago. Giganti del mercato come Vitol – che nel luglio 2008, quando il petrolio toccò il record storico dei 147,27 dollari per barile, riuscì con le sue operazioni a compensare l’11% di tutte le transazioni di oro nero del New York Mercantile Exchange (Nymex) – o come l’ambiziosa Mercuria, registrata a Larnaca, nell’isola di Cipro, e oggi protagonista di una crescente espansione nel comparto biofuels. Senza contare la più misteriosa di tutte: la leggendaria Gunvor di cui non si riesce a determinare con certezza nemmeno l’assetto proprietario.
La società, ha sostenuto in passato lo stesso Financial Times, risulta controllata da una holding olandese, la Gunvor International BV, proprietà della cipriota Gunvor Cyprus Holding Ltd appartenente a sua volta alla Eis Clearwater Advisors, una società domiciliata nelle Isole Vergini Britanniche. Secondo il Ft le fortune della compagnia sarebbero legate all’amicizia tra il premier russo Vladimir Putin e Gennady Timchenko (co-fondatore della società insieme allo svedese Torbjorn Tornqvist). Gunvor avrebbe ampiamente beneficiato dall’uscita di scena del concorrente Yukos, il colosso messo fuori gioco proprio da Putin nel 2003.
L’aumento della presenza in Svizzera, comunque, non costituisce a oggi l’unica importante novità per il settore. La Glencore, dicono i bene informati, potrebbe lanciare una Ipo ad inizio 2011 per fare così il suo ingresso in Borsa e rompendo un tabù storico per i trader ginevrini. A oggi, nessuna delle prime cinque società del settore è quotata sul mercato, una scelta che ha garantito prima di tutto il privilegio delle segretezza. La maggior parte delle stesse non rivela i propri dati finanziari costringendo così gli analisti a ragionare per stime che identificano un giro d’affari nell’ordine di grandezza dei miliardi di dollari. Dai loro uffici in riva al lago, non distanti da quelli della SGS – Société Générale de Surveillance, la più grande compagnia che ispeziona i carichi delle navi, gli operatori spostano le petroliere in ogni angolo del Pianeta influendo in modo decisivo nella determinazione dei prezzi, grazie anche ai rapporti privilegiati vantati con tutti i principali attori di mercato (governi, authorities, multinazionali dell’estrazione). Ad oggi, si stima, i loro ordini spostano quotidianamente il 15% della produzione globale di petrolio. L’equivalente della somma dei barili prodotti da Iran, Iraq, Kuwait, Emirati Arabi Uniti e Venezuela.