Italia peggio di Grecia e Irlanda, vero pericolo per l’euro.
Più o meno questa la sintesi di quanto scritto ieri sul più autorevole quotidiano economico tedesco, la Frankfurter Allgemeine Zeitung (Faz).
Un lungo editoriale dal titolo “L’Italia si avvicina all’abisso” che metteva in guardia sulla situazione dei conti pubblici italiani e sul rischio che una nostra crisi fosse devastante per l’euro. Tanto da consigliare alla presidente Merkel di tener conto della possibile crisi dell’Italia nella negoziazione del Patto europeo di stabilità.
Un articolo che rappresentava una vera e propria bomba: se l’analisi contenuta fosse corretta, infatti, occorrerebbe porsi subito il problema di un tale imminente disastro. Se fosse errata o, peggio, in malafede, bisognerebbe preoccuparsi di ciò che in Germania pensano di fare verso il nostro Paese.
Eppure, oggi nessuno dei grandi quotidiani italiani ne parla.
Ieri, l’AGI è stata l’unica agenzia stampa a dare la notizia, salvo poi dopo due ore “annullarla” senza alcuna spiegazione. Tanto da far nascere il sospetto che la “Provvidenza” sia intervenuta per limitare i danni al ministro Tremonti.
Ma vediamo cosa diceva l’articolo di Faz .
Riportando i dati sul debito pubblico italiano, giunto a settembre alla cifra record di 1845 miliardi di euro, oltre 150 miliardi di euro in più di quello della Germania, l’articolo metteva in guardia sul rischio che “una crisi del debito italiano, se affrontata in modo dilettantesco, potrebbe scatenare un’enorme carica esplosiva per l’unione monetaria europea e per la stessa Ue, ma purtroppo l’Italia si avvicina a questa crisi, senza che i politici italiani se ne interessino“.
E continuava: “La paralisi politica potrebbe diventare pericolosa già nel 2011 poiché Silvio Berlusconi è debole, ma l’opposizione spaccata non è in grado di trarne profitto. Per evitare una nuova vittoria di Berlusconi, i suoi avversari puntano ad un ritorno al sistema proporzionale, in una parola alla palude degli Anni ’80“.
Il giornale tedesco vede “scenari cupi per il futuro poiché il Paese è senza guida, incapace di prendere decisioni e ben lontano dal compiere le necessarie riforme“.
Dopo aver rilevato che anche in tempi di ripresa economica la crescita italiana è solo dell’1%, mentre il deficit pubblico aumenta, il giornale osserva che è “solo una questione di tempo su quando gli investitori tireranno le conseguenze con una fuga dai titoli di Stato“.
Continuando a leggere si trova che “a fallire è stata una generazione di politici, che con il bipolarismo voleva creare maggiore stabilità. Adesso è in marcia un nuovo tipo di condottiero di partito, che prende per arte di governo il clientelismo e i vuoti paroloni quotidiani. Questa gente blocca da anni con tatticismi quotidiani le riforme di lungo respiro“. E poi “il mondo politico italiano continua a cullarsi in una sensazione di sicurezza, troppa, come potrebbe dimostrarsi”, “se si verificassero turbolenze a causa della montagna del debito italiano, le crisi della Grecia e dell’Irlanda sarebbero uno scherzetto al confronto“.
Per questo motivo, quando Angela Merkel e il ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, tratteranno sulla riforma del Patto europeo di stabilità, “dovrebbero mettere in conto la possibilità di una crisi dell’Italia“.
Cosa c’è di vero in questo articolo?
Di sicuro il fatto che il debito pubblico italiano è una zavorra che ci sta portando a fondo: basti pensare che ogni anno i soli interessi ci costano 70 miliardi di euro, praticamente due manovre finanziarie.
Che il ritorno al sistema proporzionale sarebbe una palude che cancellerebbe qualsiasi speranza di ripresa.
Che la classe politica è incapace di fare riforme perché ridotta a comitati d’affari senza obiettivi che non siano gestire e foraggiare le clientele.
Soluzioni? Innanzitutto dibattito, dibattito, dibattito.
Sino a quando gli italiani non saranno messi in condizioni di conoscere ipotesi alternative di riforma, non avremo nessuna speranza che la politica affronti alla radice il problema che rischia di farci sprofondare nell’abisso.
La verità è che in Italia abbiamo avuto trent’anni di “democrazia acquisitiva”, dove cioè il consenso veniva acquistato con la spesa pubblica. Per invertire la tendenza, occorre porsi la riduzione del debito pubblico come priorità, in modo da recuperare quei fondi necessari per trasformare il nostro welfare e dare respiro all’economia. Non sono immaginabili politiche a favore di precari e disoccupati se lo Stato è in bancarotta.
Una condizione necessaria è che la politica, intesa come arte nobile e non come associazione a delinquere a danno dei cittadini, riconquisti credibilità e moralità.
È la partita delle prossime settimane. Anche se partiamo con cinque gol di svantaggio…