L’aver deciso, su loro invito, di incontrare i ricercatori sul tetto della facoltà di Architettura ha tracciato la differenza tra chi criminalizza ogni forma di dissenso e chi invece, nella chiarezza delle posizioni politiche e culturali, ritiene che dietro la straordinaria mobilitazione del mondo della scuola e della università ci sia ben altro che l’opposizione ad una riforma. A Pier Luigi Battista diciamo semplicemente che senza Futuro e Libertà quei principi di meritocrazia, la fine di parentopoli, l’apertura di un percorso per la stabilizzazione meritocratica dei ricercatori e per i diritti degli associati, i fondi per le borse di studio e per il funzionamento ordinario dell’Università sarebbero scomparsi nei tagli orizzontali e irrazionali di Tremonti e nella fragile capacità e forza di rappresentanza politica dell’attuale Ministro dell’Università.
Detto questo, una forza politica movimentista e attenta a ciò che si muove nella società non può non avere una sensibilità sociale e culturale distante anni luce da un moderatismo senza anima e senza progetto, capace solo di vedere nemici in chiunque turbi la rappresentazione, falsa, di una nazione dove “va tutto bene e a gonfie vele”.
Già una volta, nel ’68, la destra politica non capì che dietro la mobilitazione straordinaria dei giovani non c’era soltanto cattiva ideologia o strumentalizzazione. Ieri come oggi c’è sopratutto voglia di senso e di qualità del vivere. Voglia di futuro e di partecipazione.
Per questo siamo saliti su quel tetto: non per discutere semplicemente di una riforma ma per contribuire, nel metodo e nell’estetica dell’agire politico alla costruzione di un movimento che non rifaccia errori tragici e che non si faccia “nemica” l’ennesima Generazione. Una forza sociale, moderna e futurista che sappia parlare all’Italia migliore e che sappia ascoltare i segnali di vita e di speranza. L’unica che vale la pena di costruire. L’unica che serve all’Italia di oggi.