La bistecca (clonata) è servita. E potrebbe comparire presto sulle tavole britanniche, rivoluzionando il mercato alimentare. Quando la scorsa estate l’Agenzia inglese per la Sicurezza alimentare (Fsa) aveva lanciato l’allarme per la presenza sul mercato di latte e carne provenienti da cloni, gli inglesi si erano indignati ed era partita la caccia all’untore. Nei giorni scorsi invece proprio il direttore della Fsa, Andrew Wadge, ha dato il via libera. I prodotti ricavati da bovini fotocopia non fanno male alla salute e sono esattamente identici a quelli tradizionali. La sicurezza di Wadge si basa sullo studio dell’Advisory Committee on Novel Foods and Processes, un organismo indipendente che esamina tutti i nuovi prodotti alimentari e consiglia la Fsa se approvarli oppure no. Il fatto che il comitato abbia promosso la fettina di laboratorio è un segnale che presto, qualsiasi allevatore farà richiesta di poter vendere cloni e derivati, otterrà regolare licenza.

Attualmente in Europa, Italia compresa, è vietato servirsi delle tecniche di clonazione di bovini e suini a scopo alimentare. Lo ha stabilito la Commissione Europea, che però non vieta di continuare a sperimentare per scopi curativi e farmaceutici. In Gran Bretagna tuttavia, se la Fsa lo riterrà opportuno, potrà rilasciare le licenze e aprire la strada al nuovo mercato.

In realtà anche la Food and Drug Administration americana aveva stabilito che carne e latte del bestiame concepito in laboratorio non sono dannosi, né provocano effetti collaterali o allergie. E recentemente l’Agenzia per la Sicurezza Alimentare Europea (Efsa) ha appurato che “nulla lascia supporre che esistano differenze nella carne e nel latte dei cloni e della loro progenie rispetto a quelli di animali allevati in modo tradizionale”. L’Efsa però ammette che gli animali clonati hanno un’aspettativa di vita più breve degli altri e spesso presentano anomalie e problemi respiratori. La Coldiretti ha più volte manifestato il suo dissenso nei confronti di questo nuovo approccio e sostiene che il 79% degli italiani sia contrario ai cloni in tavola.

Anche in Inghilterra gli animalisti hanno reagito con orrore all’apertura della Fsa. “L’industrializzazione della catena alimentare e l’uso degli animali come mere risorse solleva seri dubbi sull’etica di questo sistema”, ha attaccato sul Daily Telegraph Emma Hockridge di Soil Association, charity a favore di alimenti organici e naturali. “La carne e il latte potranno anche essere innocui ma gli animali coinvolti in questo processo soffrono moltissimo e muoiono presto”, ha sottolineato Peter Stevenson di Compassion in World Farming.

Lo studio sui prodotti alimentari dei cloni è stato sollecitato la scorsa estate quando in Inghilterra era scoppiato il caso della bistecca fotocopia. Un contadino scozzese, Callum Innes, della fattoria Newmeadow, aveva importato dagli Usa due tori, nati da embrioni clonati congelati. I due tori sono stati usati per la riproduzione e sono diventati padri di almeno 96 bovini che l’incurante Innes, senza licenza e quindi illegalmente, ha immesso nella catena alimentare. Il pronto intervento della Fsa ha evitate che anche il latte finisse tra i banconi dei supermercati.

Gli allevatori non condividono le preoccupazioni dei consumatori e per loro la clonazione non è altro che una sofisticata tecnica di riproduzione per bovini, suini e capre, che in futuro, secondo le previsioni di esperti del settore, verrà sfruttata sempre di più. L’Inghilterra, come sempre, potrebbe fare da apripista. Del resto la pecora Dolly, il primo mammifero clonato della storia, era nata proprio in Scozia, vicino a Edimburgo, nei laboratori dell’embriologo Ian Wilmut.

di Deborah Ameri

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