Faceva tenerezza, l’altra sera a Otto e mezzo, Carlito Rossella, presidente di Medusa, mentre tentava di sminuire i report di Elizabeth Dibble, numero due dell’ambasciata americana a Roma, sul nostro piccolo premier incapace, vanesio e rintronato dai bungabunga: “Opinioni personali di una vice che, com’è noto, leggeva Repubblica come primo giornale”.
Il pover’uomo ricordava l’immortale gag di Accadde al penitenziario, con Alberto Sordi che, arrestato per furto di tessuti e ubriachezza molesta e interrogato dal vicecommissario, pretende di parlare col titolare. “Lei è il vicecommissario?”. “Sì, perché?”. “Me n’ero accorto. Lei ha la tipica inesperienza di colui che fa le veci. Chiami il commissario”. “In questo momento il commissario di servizio sono io”. “No, lei è il vicecommissario di servizio, meglio essere precisi”. “Ma lei si rende conto della gravità della sua posizione?”. “No, è lei che non si rende conto. È qui che dimostra di essere vice. Se c’era il commissario, quello vero, avrebbe già afferrato, giudicato e assolto…”. Naturalmente lo portano via.
Rossella invece è sempre lì che spiega agli italiani, con l’aria del grande analista geopolitico, quanto è geniale il padrone che gli passa lo stipendio. L’altra sera mancava soltanto che ne magnificasse la chioma fluente, essendo anche il suo tricologo personale (anni fa, direttore di Panorama, fece coprire la pelata presidenziale, trapiantandogli col photoshop un ciuffettone che manco Little Tony).
A nessuno è venuto in mente di domandare a Rossella O’Hara che fine abbia fatto il suo filoamericanismo da Nando Meliconi, visto che pare tornato alla vita precedente, quand’era comunista cossuttiano. Ma questo è l’ordine di scuderia dei trombettieri di corte: attaccare gli americani pur di difendere il Nano Beta.
Anche Belpietro, su Libero, pare il corrispondente della Pravda. Dopo avere svelato ai suoi lettori di bocca buona che Mrs Dibble “copiava direttamente articoli di Travaglio o D’Avanzo” (come se ci fosse bisogno di Travaglio e D’Avanzo per scoprire che B. è un puttaniere incapace di governare), il popolare Via col Mento spiega che “la Casa Bianca e i suoi collaboratori non vedono di buon occhio le relazioni tra Putin e Berlusconi”. Hai detto niente: gli americani scoprono che il loro sedicente “più fedele alleato” tresca con il loro nemico storico, la Russia, divenuta nel frattempo uno “Stato mafia”, e con un vecchio arnese del terrorismo come Gheddafi, e non ci ringraziano neppure. Gli ingrati.
Anche Littorio Feltri, putiniano di complemento, dichiara guerra a Washington: “Gli statunitensi abbassino le arie e, se vogliono imparare a montare un pandemonio con pettegolezzi, vengano nella Penisola a prendere lezioni. O almeno leggano Repubblica… Ma lo sanno che qui le confessioni delle escort sono materia preziosa, molto ricercata e usata dai giornali per corroborare le tirature? Lo sanno che le stesse escort sono invitate nei talk-show superdemocratici e intervistate (circa le loro prestazioni) allo scopo di diffamare alcuni politici?”. Ma sì che lo sanno, gli statunitensi, e sanno anche chi sono gli “alcuni politici” che le invitano a casa propria e le pagano (uno, in particolare).
Il compagno Belpietrov intima alla signora Clinton di spedire “gli autori delle sferzanti critiche a farsi un giro in qualche Paese lontano, dove cercheranno di farsi dimenticare” ed esorta B. a “consegnare per via diplomatica una lettera di protesta” a Washington: in effetti è inqualificabile che gli americani pretendano un minimo di coerenza da un paese alleato della Nato “ma anche” dei nemici della Nato. Intendiamoci: volendo, si può pure decidere di uscire dalla Nato e addirittura di ricostituire il Patto di Varsavia con l’amico Putin. Ma “il guaio – diceva Montanelli – non è che gli italiani tradiscono regolarmente gli alleati: è che pretendono pure di farsene rilasciare l’autorizzazione scritta”.