Società

La vitalità della morte

Roberto Bolle è un ballerino splendido. Certo non serve che lo dica io. Ieri sera, a New York, dove lui era per l’inaugurazione della video installazione realizzata da Robert Wilson che lo vede protagonista in una serie di “immagini immobili”, abbiamo chiacchierato brevemente di vita e morte, disciplina e poesia. Mi aveva colpito, infatti, quanto detto poco prima da Wilson a proposito del movimento che non nasce da una nostra decisione ma esiste al di là di noi ed è anche nella nostra immobilità.

Guardando le “immagini immobili” di Bolle era assolutamente possibile coglierne la leggiadria del movimento, l’eleganza del gesto, la poetica della disciplina. Guardando le immagini, non so perché, ho pensato a Mario Monicelli e al suo gesto di porre fine alla sua vita, volando via da una finestra. E quel gesto, nell’infinita tristezza che può lasciare a chi resta, mi è sembrato leggero, di una leggerezza soave e mai superficiale. E mi è sembrato leggero anche il suo corpo, poi, immobile ma in movimento. Il movimento che nella vita non creiamo e non fermiamo, ma esiste a prescindere da noi stessi. Ero lì a parlare con Roberto Bolle, che in ogni sorriso e sguardo vivace e con ogni perfetto movimento muscolare sembra gettarti in faccia il bello della vita e, in qualche strano modo, siamo finiti a parlare del “lago dei cigni” e della poesia dell’ultimo battito d’ali del cigno. Che muore ma non muore davvero perché rivive perpetuamente in quel movimento lieve e infinito che si rinnova da decenni sui palcoscenici di tutto il mondo.

Credo che ci sia un gran rispetto per la vita nell’arrivare a 95 anni con la lucidità e la passione di Mario Monicelli. Credo ci sia stato rispetto per la vita anche nello scegliere il “movimento dell’immobilità”.

E’ molto poco poetico, invece, assistere alle polemiche “politiche” che cercano di inscatolare una scelta personale e, sicuramente, convinta, in un accapigliarsi sterile e inopportuno. Trovo orribile e persino cattivo, aver scelto il giorno della morte di Eluana per “celebrare” la vita. Trovo inopportuno che chi, sulla base del proprio personale (e rispettabilissimo) credo religioso pensi di poter diventare “gestore” della vita e, soprattutto, delle coscienze di altri.

Mia nonna, Arcangela Vitale, aveva 95 anni (meno un paio di mesi), quando è morta. Era una donna estremamente forte e profondamente religiosa. Ma era molto stanca di vivere, costretta alla quasi immobilità, con un Parkinson che le rendeva insopportabile quel movimento senza riposo e una memoria sempre più smarrita che non le consentiva di riconoscerci più. Forse potendo arrivare alla finestra, anche lei l’avrebbe aperta. Forse, scegliendo di rifiutare quasi completamente il cibo, in qualche modo l’ha aperta lo stesso la finestra. Ma di lei ricordo il grande amore per la vita che ci ha trasmesso senza rughe né incertezze. Ricordo il rigore poetico di una vita onorata in ogni istante. Al di là di una fine che è solo immobilità di un movimento perpetuo.

Mi piacerebbe tanto che si lasciasse a ciascuno la scelta del proprio movimento. In religioso silenzio.