Pietro Diodato nel 2001 partecipa ai tafferugli con la polizia davanti a un collegio elettorale di Pianura e viene condannato a un anno e sei mesi in via definitiva. Ma nel 2010, dopo una campagna elettorale fatta a braccetto con la Carfagna, entra in consiglio regionale
Napoli – Galeotta fu una condanna a un anno e sei mesi per i disordini elettorali di Pianura del 13 maggio 2001. E’ l’election day, gli elettori hanno in mano diverse schede: per le politiche, le comunali, le circoscrizionali. Si formano file chilometriche, la gente protesta, qualcuno non riesce ad accedere ai seggi, teme di non riuscire a votare, sale la tensione, saltano i nervi, vengono forzati i cancelli per far entrare anche chi è rimasto fuori e il consigliere regionale Pdl Pietro Diodato, all’epoca consigliere comunale di Napoli, partecipa ai tafferugli e agli scontri contro la polizia. Per questa sentenza, diventata definitiva nel 2008 e condita dalla sospensione per cinque anni dei diritti elettorali, Diodato è stato dichiarato decaduto dal consiglio regionale della Campania e al suo posto è subentrato il primo dei non eletti, l’ex sindaco di Pozzuoli Pasquale Giacobbe.
Strano, però, che non se ne siano accorti prima. Perché la legge impone di dichiarare il proprio status penale al momento della candidatura. E perché Diodato, al momento della condanna, non era un privato cittadino qualsiasi: era consigliere comunale di Napoli in carica e pochi mesi dopo sarebbe entrato in consiglio regionale subentrando a un eletto in Parlamento. Nel dispositivo di condanna si legge che la pena è stata sospesa. Ma la sospensione non varrebbe per le sanzioni accessorie ai diritti elettorali e comunque questa sentenza è rimasta ignota per due anni e mezzo. E’ saltata fuori grazie a qualche mano malandrina che l’ha fatta circolare in forma di ‘velina’ nei giorni in cui il Pdl stava decidendo le candidature per le regionali. Gli annunci di formare liste pulite in Campania finiranno nel cestino: verranno farcite di condannati e inquisiti, ma fino a poche ore prima della chiusura della lista il nome di Diodato è l’unico tra quello con problemi giudiziari a non comparire nella bozza. Per protesta i suoi fans occupano la sede del Pdl campano in piazza Bovio. La contestazione cessa quando da Roma arriva la notizia che è tutto a posto: anche Diodato è stato candidato.
Seguirà una campagna elettorale fatta a braccetto con Mara Carfagna, sfruttando la legge elettorale campana che consente di esprimere due preferenze, purché di sesso diverso. Napoli viene tappezzata di manifesti che li ritraggono sorridenti e affiancati. Diodato conquista 28.000 preferenze e la presidenza di una commissione. Ma quella vecchia sentenza continuerà a inseguirlo. Un network locale, JulieNews di Lucio Varriale, ne fa oggetto di un’incessante campagna stampa. Il giornalista Giovanni De Cicco fa leggere in tv le intercettazioni tra Diodato e un suo parente con seri problemi con la giustizia, captate nell’ambito di un’inchiesta sui scontri per impedire la riapertura della discarica di Pianura nel gennaio 2008, quando Napoli era colma di rifiuti per le strade. Sono intercettazioni imbarazzanti. E quella condanna per i disordini elettorali del 2001 diventa un caso politico-giudiziario quando il nuovo prefetto di Napoli Andrea De Martino, venuto in possesso di copia del certificato penale di Diodato, chiede spiegazioni al consiglio regionale, invitandolo ad attivarsi. La giunta per le elezioni dà il via a una procedura che si conclude con il voto segreto dell’aula che ‘salva’ Diodato: secondo loro, la sospensione della condanna si allargherebbe anche alle sanzioni accessorie.
Ma il Comune di Minturno, in provincia di Latina, dove Diodato risiede (residenza che è finita nel mirino di un’inchiesta della Procura di Napoli che lo ha indagato per una storia di presunti rimborsi spese gonfiati), la pensa diversamente. E lo cancella dalle liste elettorali. Lo scrive in esclusiva De Cicco sul sito Internet di JulieNews. Ed è tutto vero. Il presidente del consiglio regionale, Paolo Romano, molto vicino a Cosentino, spedisce un messo a Minturno per acquisire la documentazione. E la giunta per le elezioni, stavolta, vota per la decadenza. Il consiglio ‘prende atto’ e dichiara decaduto Diodato senza nemmeno metterlo ai voti. Nello stesso giorno in cui la Carfagna, a pochi metri di distanza, depone in Procura come testimone sul caso Cosentino e sulle dichiarazioni rilasciate in un’intervista al Mattino, quando annunciò le dimissioni (poi rientrate) da ministro: “Prendo atto che la mia presenza è inutile, visto che mi viene impedita la possibilità di battermi a favore della legalità”. Sul caso Diodato, però, in questi mesi la ministra ha taciuto e non ha preso posizione. Né per difendere un candidato che ha contribuito in maniera rilevante al suo boom di 58.000 preferenze, né per prenderne le distanze.
“Mi sento vittima di un vile dossieraggio e protagonista di una situazione kafkiana – ha detto Diodato – e non intendo fare l’agnello sacrificale che ridà legittimità a un’assemblea elettiva che non mi sembra frequentata da soggetti con problemi giudiziari inferiori ai miei. C’è stata molta fretta e dai verbali della giunta per le elezioni si capisce inoltre che ci sono state pressioni di Romano e del segretario generale per un’accelerazione della vicenda che non mi ha dato la possibilità di difendermi. Sarebbero bastati venti giorni per l’esito dell’Appello contro la decisione del Comune di Minturno. Considero ciò che ho fatto un reato d’opinione, elettorale. So che pezzi del Pdl non mi sono amici, ma so anche che per me si sono spesi Gasparri e Quagliarello”.
Non finisce qui. La Procura di Napoli ha aperto un fascicolo. Dentro sono confluite le documentazioni relative alla candidatura di Diodato. Si vuole accertare se l’ex consigliere abbia o meno dichiarato la sua condanna. E se qualcuno lo abbia coperto in qualche modo.