Secondo l’agenzia il peso del debito pubblico e le scarse prospettive di crescita mettono a repentaglio la solidità degli istituti della Penisola. Intesa, Unicredit e Monte dei Paschi sono già nel mirino degli analisti
Preoccupati di fronte alla voragine dei conti pubblici e al rischio contagio della crisi del debito sovrano europeo – che dopo Grecia e Irlanda dovrebbe ora interessare anche la penisola iberica e successivamente l’Italia – gli investitori sembrano fidarsi sempre meno degli istituti italiani. Il costo dell’assicurazione sui debiti di Unicredit – misurato dagli interessi pagati sui derivati di tipo Credit default swaps (Cds) – ha conosciuto un balzo record nel mese di novembre evidenziando un aumento del rischio di insolvenza. Dal 29 ottobre al 30 novembre, i Cds sulle obbligazioni Unicredit sono cresciuti di circa 50 punti base toccando quota 189 (servono 189 mila euro per assicurare un credito da 10 milioni), l’incremento più significativo dal febbraio 2009 a oggi. Il costo della protezione sui bond di Intesa ha seguito lo stesso trend salendo fino a 173 punti (contro i 122 circa di fine ottobre), quello sul debito di Monte dei Paschi è addirittura cresciuto di 78 punti chiudendo a 262,5 al 30 di novembre.
Mentre gli interessi sui bond seguono a ruota salendo ancora, i tre istituti evidenziano pessime prestazioni borsistiche. Nel corso dell’ultimo anno, riferisce Bloomberg, il titolo Unicredit scambiato a Piazza Affari ha ceduto il 26% del suo valore, a fronte del -32% di Intesa e del -28% di Monte dei Paschi. Nel medesimo periodo, l’indice di riferimento preso in esame dalla stessa agenzia, il Bloomberg Europe Banks and Financial Services Index, ha perso decisamente di meno evidenziando un declino di 7,3 punti percentuali.
“Il sistema bancario in Italia è relativamente forte – ha dichiarato a Bloomberg l’analista di Moody’s Henry MacNevin – . Le banche sono in buona forma ma le loro prospettive sono correlate all’economia”. Anche se il debito degli istituti pesa in Italia per il 20% del Pil contro il 38% dell’Irlanda e addirittura il 54% della Spagna, insomma, la sfiducia e i timori di una crisi sistemica del Paese pesano sempre di più. “Non mi piacciono le dimensioni del debito italiano – ha sottolineato il manager di Swisscanto Peter Braendle – , sono un po’ preoccupato per via dei più alti tassi di interesse e delle potenziali perdite cui andrebbero incontro gli istituti”. Perdite che potrebbero essere legate ai destini delle nazioni europee maggiormente colpite dalla crisi del debito. L’esposizione netta di Banca Intesa sui bond sovrani di Portogallo, Spagna, Grecia, Irlanda e Italia ammonta a 65 miliardi di euro, equivalenti al 240% del valore del suo patrimonio di qualità primaria (il cosiddetto tier-1, capitale azionario più riserve). Unicredit si ferma invece a 40,3 miliardi (103%).
Per gli osservatori internazionali, dunque, non mancano i motivi di preoccupazione. L’agenzia di rating Standard & Poor’s attribuisce una prospettiva “stabile” al 50% delle banche italiane identificando come “negativo” il futuro prossimo del 40% degli istituti. Di fronte ai crescenti timori sul debito nazionale e sulla scarsa capitalizzazione, spiega ancora Bloomberg, gli analisti di Morgan Stanley hanno invitato i propri clienti a tenersi alla larga dai titoli di Monte dei Paschi e Banco Popolare SC.