“Traditori”, strilla Libero in prima pagina additando i deputati del terzo polo al pubblico ludibrio; “traditore” dice Silvio Berlusconi a Gianfranco Fini, il quale peraltro risponde che è il Cavaliere ad aver “tradito” le promesse elettorali.
Fatevi caso. Sembra che il tradimento sia qualcosa di più di un incidente o di un’ingiuria, nella storia italiana, quasi un passaggio inevitabile. La storia dell’Impero romano e la stessa epica riposavano sul fondamento mitologico del tradimento fraticida tra Romolo e Remo (non “Remolo”, quello è un mito ad personam del Cavaliere). L’Italia risorgimentale nasce sul tradimento della Francia, visto che i garibaldini approfittavano della sconfitta di Sedan per conquistare Roma. La prima guerra mondiale ha fatto l’Italia nelle trincee del Carso, dopo aver tradito l’alleanza con gli imperi centrali. La seconda guerra mondiale l’abbiamo cominciata con l’Asse e finita con i partigiani, grazie al doppio tradimento, quello del 25 luglio e quello di Badoglio. E andando a stagioni più recenti: Martelli tradisce Craxi, D’Alema tradisce Occhetto, Bossi tradisce Berlusconi inventando il ribaltone, Veltroni e D’Alema tradiscono ( due volte!) Prodi.
Forse dobbiamo mettere da parte la retorica e provare a immaginare che il tradimento in Italia sia qualcosa di diverso da una ingiuria o una carognata, ma l’unico modo che il nostro paese si é dato per sfuggire alle gabbie dell’ideologia e alla prigione dei fanatismi. Forse il tradimento da noi é qualcosa di più complesso, l’unico sistema di autocorrezione che il Paese dei Borgia ha trovato per emanciparsi dai suoi errori.