Diceva Oscar Wilde che “niente ottiene successo come l’eccesso”. Per questo mi stupisce poco la reazione scomposta e imbizzarrita del presidente del Consiglio regionale Davide Boni alla mia partecipazione alla trasmissione L’Infedele di Gad Lerner su La7: l’eccesso è la matrice propagandistica della Lega Nord che con il gioco manicheo del nord pulito e buono contro il sud sporco e cattivo ha sfamato la pancia molle di un esercito di semplicisti e banalizzatori.
La relazione al Parlamento della Direzione investigativa antimafia (Dia) riferita al primo semestre 2010 dice chiaramente che “la consolidata presenza in alcune aree lombarde di sodali di storiche famiglie di ‘ndrangheta ha ‘influenzato la vita economica, sociale e politica di quei luoghi”. La relazione sottolinea il “coinvolgimento di alcuni personaggi, rappresentati da pubblici amministratori locali e tecnici del settore che, mantenendo fede a impegni assunti con talune significative componenti, organicamente inserite nelle cosche, hanno agevolato l’assegnazione di appalti e assestato oblique vicende amministrative”.
Di fronte a questa analisi del più alto organo istituzionale antimafia in Italia la mia stringata opinione durante la trasmissione rischia addirittura di essere banale se non scontata. Certamente per niente rivoluzionaria. Molti mi stanno scrivendo che ho parlato specificatamente di Consiglio regionale. Certo, ho parlato di persone chiaramente indicate dai gruppi criminali per le elezioni regionali e lo ripeto qui. Nell’ordinanza dell’operazione Infinito al foglio 387 i magistrati scrivono:
“Sintetizzando quanto fin qui è emerso dalle attività tecniche e dai servizi di osservazione, si può affermare che Barranca Cosimo e Pino Neri hanno promesso di convogliare un certo numero di voti a favore di due candidati alle elezioni regionali lombarde (Abelli e Giammario) e ciò è avvenuto attraverso la ‘mediazione’ di Carlo Chiriaco, esponente di rilievo della sanità lombarda. L’impegno della famiglia Barranca a favore di Angelo Giammario emerge anche da una conversazione il 12.03.2010, intercorsa tra Chiriaco e Barranca Pasquale, detto ‘Lino’, fratello di Cosimo. Nel corso della stessa, i due interlocutori commentavano il proprio sostegno alla candidatura di Giammario Angelo, esteso altresì alla sua famiglia, ad esempio alla figlia che veniva indicata essere impegnata presso la sezione elettorale di Viale Monza, con l’incarico di telefonista: ‹‹… Qui Cosimo sta facendo Giammario e tutti quanti Giammario. Anche mia figlia sta rispondendo al telefono lì in viale Monza per Giammario››. Due conversazioni il 22.2.07 e 23.2.07 e quando Barranca viene richiesto da Chiriaco di portare ’50 – 60 fotocopie’ (forse 50-60 mila euro) all’avvocato Sciarrone, indicato quale uomo di Giammario, in prospettiva delle elezioni Regionali 2010. L’esito delle consultazioni elettorali, che dal punto di vista di numero dei voti non ha sicuramente rispettato le attese, ha però visto l’elezione di entrambi i candidati sostenuto dall’interno ‹‹nucleo di calabresi›› mobilitato da Chiriaco. Abelli, infatti, è stato eletto con 8600 preferenzee; Giammario l’ha comunque spuntata a Milano, come ultimo eletto (oltre 6000 voti), anzi vi è da sottolineare che le indicazioni provenienti dalle intercettazioni non lasciano dubbi sul fatto che quest’ultimo sia stato sostenuto (a detta di Chiriaco) dai voti procurati dall’entourage di Barranca Cosimo perché, a dire sempre dello stesso Chiriaco, Giammario avrebbe rifiutato i voti “compromettenti” provenienti da Neri Giuseppe: Chiriaco… ma che cazzo devono dire… non c’entra un cazzo Maullu… questi qua pigliano i voti e poi se ne fottono… inc… ah… io stavolta io ho dato una mano ad Angelo Giammario… no… Franco… si… Chiriaco… io gli ho detto, Angelo… questi sono voti puliti… essendo che ad un certo punto i miei amici gli hanno portato circa 1800… nome cognome, residenza e dove votavano… se vuoi posso darti ancora dei contributi… però sono voti che poi ad un certo punto… sai… io… no, no, mi ha detto non ne voglio… e infatti dietro c’è Pino Neri… ho detto Pinuccio… lascia stare… Franco: l’amico di Ciocca Chiriaco… nooo Franco: Giammario è quello che è stato eletto a Milano? Chiriaco: sì Angelo Giammario…”
In un’altra ordinanza relativa alla maxinchiesta della Dda di Milano (quella firmata dal gip del Tribunale di Milano Giuseppe Gennari) il gip, riservando un capitolo ai “Rapporti politici ed istituzionali” scrive: “È chiaro che, se l’obiettivo dei nostri è quello di mettere le mani su appalti pubblici, avere ottimi rapporti con esponenti politici rappresenta un capitale aggiunto di notevole valore e considerevole interesse. Ciò lo si dice, ovviamente, a prescindere dal tipo di ‘risposta’ del soggetto istituzionale di riferimento che talvolta, come nel caso di Oliverio, ma anche di Santomauro e di Ponzoni – si presenta incredibilmente spregiudicata mentre, in altri casi, può essere del tutto neutra. Insomma, queste relazioni altro non sono che parte di quello che il pm, nella richiesta di misura cautelare, definisce il capitale sociale dell’organizzazione criminale. Per l’ex Assessore regionale lombardo Ponzoni – continua il gip – si registra immediatamente un salto di qualità rispetto ai due faccendieri Oliverio e Santomauro. Sono i calabresi che ‘forzano’ un appuntamento con Ponzoni su richiesta di Santomauro; è personalmente Strangio (Salvatore Strangio, anche lui arrestato nella maxioperazione) che procura un appuntamento tra l’imprenditore e l’assessore. Ciò a dire che Ponzoni fa parte del capitale sociale della organizzazione indipendentemente e da prima dell’ingresso dell’imprenditore e delle sue relazioni”.
Questi due episodi, per citare qualche esempio nel mare magnum di elementi e atti, ci raccontano come sia inevitabile che la ‘ndrangheta anche in Lombardia punti con i propri voti all’elezione di uomini ritenuti “disponibili” all’interno del Consiglio regionale. Che siano amicizie millantate e che abbiano ottenuto in cambio qualche promessa è materia della magistratura. Ma la febbrile ricerca di sponde politiche è un problema di cui si deve fare carico proprio il Consiglio regionale, in primis nel presidente Davide Boni. Se no, chi altro?
Risponderò punto per punto alle accuse che mi sono mosse, senza problemi. Avrò anche occasione di ripetere i nomi e i fatti in Tribunale e (visto che la Lega lo chiede ad alta voce) anche in Aula consiliare. Il mio unico vero pensiero e dubbio (al di là delle levate di scudi o delle raccolte di firme che non servono più di un impegno ordinario e sottovoce di tutti coloro che credono alla dignità di una regione senza puzzo di malaffare e compromesso) è per tutti gli altri: parlo di un’infinità di giornalisti e di blogger che nell’ombra si ritrovano a dovere fronteggiare questo eccesso di difesa in un momento in cui si vorrebbe negare anche la verità storica. Penso a chi non ha voce per difendere le proprie opinioni ma si ritrova strozzato dalle querele e dal silenzio tutto intorno. Penso ad una libertà di parola che si autocensura di fronte allo spettro di una querela. Penso ad una legge seria sulla “lite temeraria” che oggi in Italia serve subito, come spesso invocato da Milena Gabanelli. Penso al dovere che dobbiamo imporci di dare voce chi non ha voce.
Per me, la mia unica preoccupazione è sapere se andando in Aula a riraccontare quello che dico da anni sui libri o sui palchi devo o non devo pagare la Siae.