La titolare della Cultura della vecchia Giunta Delbono e vedova Pavarotti è sotto indagine per abuso d'ufficio. Avrebbe assegnato senza gara né bando uno spazio in un prestigioso palazzo comunale al regista Stefano Salvati, anche lui sul registro degli indagati
L’ex assessore alla Cultura del Comune di Bologna, Nicoletta Mantovani, vedova del tenore Luciano Pavarotti, è indagata dalla procura di Bologna con l’accusa di abuso d’ufficio.
Insieme a lei sono finiti sul registro degli indagati un funzionario dell’amministrazione comunale e la persona “economicamente favorita”: il regista Stefano Salvati, autore di alcuni videoclip e del film Albakiara dedicato a Vasco Rossi.
Secondo i magistrati, la vicenda riguarda l’assegnazione all’artista di un intero piano (244 metri quadri) del Palazzo de’ Notai, uno degli edifici più antichi del capoluogo emiliano che si affaccia direttamente sulla centralissima piazza Maggiore.
L’accusa sostiene che fu proprio la Mantovani, quando era in giunta, a darsi da fare in prima persona per l’assegnazione gratuita dello spazio, in uso temporaneo. Nelle intenzioni dell’ex assessore, Videoshow, l’associazione di Salvati, avrebbe dovuto sviluppare un progetto culturale destinato ai giovani appassionati di danza e video. Ma non se ne fece niente, complice anche la bufera giudiziaria sul sindaco Flavio Delbono e le sue conseguenti dimissioni.
Secondo quanto è stato possibile ricostruire, Salvati avrebbe dovuto lasciare Palazzo de’ Notai il 15 marzo 2010, ma se ne andò soltanto ad agosto dopo lo sfratto che gli venne notificato dal capo di gabinetto Bernardino Cocchianella su mandato del commissario che guida la città, Anna Maria Cancellieri.
Nell’atto di sfratto venne scritto che “le attività previste in quei locali prestigiosi non avrebbero ottenuto il sostegno dell’amministrazione in carica e che risulterebbero a carattere esclusivamente privato”. Il Comune, spiegò Cancellieri, “non offre niente gratis, è una cosa mai vista. Il regista Salvati non può stare a Palazzo de’ Notai perché dice di avere progetti, al limite si dovrebbe fare un bando che invece non è mai stato fatto”.
Mantovani da parte sua, ha spiegato che niente di illecito è stato commesso. “Era un’assegnazione temporanea e in cambio i beneficiari avrebbero dovuto eseguire dei piccoli lavori”. Ma perché non venne fatta una delibera o un bando? “Semplicemente perché si trattava di una cosa temporanea, non era una convenzione, ma un uso di soli tre mesi”, risponde l’ex amministratrice della città felsinea. La Mantovani ci tiene a togliersi qualche sassolino dalle scarpe: “Non capisco perché nessuno abbia mai aperto inchieste sul fatto che quel palazzo fosse rimasto inutilizzato per cinque anni, così come esistono molti altri beni pubblici in disuso e che vengono fatti deperire. Una volta in cui si è provato a fare qualcosa finisce così”.
Gli indagati saranno ascoltati dal pm Giuseppe Di Giorgio che vuole chiarire tutti i passaggi dell’operazione e, soprattutto, la cessione di un bene pubblico, anche se per un breve periodo, fatta senza un bando.
Nicoletta Mantovani era stata scelta come assessore alla Cultura del Comune dall’ex sindaco, Flavio Delbono che, per lo scandalo del Cinzia-gate, nei giorni scorsi, ha patteggiato una pena di un anno e dieci giorni. Un patteggiamento che si è reso possibile grazie al risarcimento di 50.000 euro che Delbono ha già versato alla Regione Emilia Romagna per il danno patrimoniale e quello di immagine. “Il tempo – ha detto con una lettera alla città Delbono – è più galantuomo di tanti frettolosi e interessati inquisitori mediatici e dimostrerà la reale dimensione degli avvenimenti che mi hanno travolto”. Su Delbono pende ancora però un’indagine per corruzione, ma l’ex sindaco in questo caso respinge tutte le accuse: “Non ho mai preso mazzette. Ho servito la città mettendo a disposizione le mie conoscenze in ambito economico. Nel mio pur breve mandato Bologna non è stata amministrata da un sindaco corrotto e lo dimostrerò”.
Di Emiliano Liuzzi