La marcia No Tav di questo sabato pomeriggio 11 dicembre si è conclusa a Susa con una inedita serie di telefonate in diretta amplificate dall’altoparlante, per suggellare il coordinamento della lotta contro quelle che vengono definite “le grandi opere inutili”. La data era stata scelta dai comitati che nel Sud Ovest della Francia – e appena oltre confine in Spagna, zona basca – si battono contro l’ennesimo super treno francese, e che avevano dato vita coi valsusini alla “Carta di Hendaye” contro la generalizzazione del modello Alta Velocità scavalcando la volontà delle comunità locali. Felicemente la data coincideva con quella della ripresa in grande stile della mobilitazione a Stoccarda, contro il progetto della Tav in città e della demolizione della storica stazione di superficie.
Dopo una fase di relativo armistizio per un tavolo di confronto pubblico tra promotori e oppositori, nella città tedesca si è tornati massicciamente in piazza per la mancanza di una soluzione intermedia. I valsusini hanno generosamente scelto l’11 dicembre solo per favorire il significato inter-nazionale della giornata, non avevano un’esigenza specifica di manifestare in questo momento, dopo il grande successo della marcia di ottobre. E hanno portato in dote anche il loro gemellaggio e collegamento con i comitati vesuviani e napoletani che si battono contro la soluzione impiantistica dell’emergenza rifiuti, e in particolare contro la discarica di Terzigno. Discariche e inceneritori sono questione diversa dalle linee ferroviarie supercare e parallele a quelle esistenti. Ma c’è un’analogia nella difesa del territorio e – per i settori più “intellettuali” del movimento – c’è analogia nella contestazione del modello di sviluppo economico.
Mentre il lungo serpentone di valsusini di tutte le età avvolti in bandiere Notav – 15 mila secondo i promotori, con pochissimi torinesi saliti a partecipare – camminava dall’autoporto al centro di Susa, si scambiavano notizie e valutazioni sulla tormentata vicenda della Torino Lione. La Commissione Europea si starebbe finalmente rendendo conto degli enormi ritardi, difficoltà e opposizioni che il progetto italiano porta con sé. Per cui, anche se Bruxelles non pretende che l’Italia dimostri di poter spendere più di 12 miliardi di euro nell’opera, è possibile che il confinanziamento europeo, e innanzitutto il prefinanziamento dei lavori del progetto saltino.
L’Italia dovrebbe siglare con la Francia entro la fine dell’anno un nuovo trattato sulla ripartizione dei costi. E dovrebbe far partire il cosiddetto tunnel esplorativo di Chiomonte entro la fine di marzo. La manifestazione ha confermato che c’è una muraglia umana pronta alla resistenza non violenta. Se non ci saranno novità da parte della Commissione Europea – in un senso o nell’altro – a marzo rischia di esplodere un enorme e prolungato caso politico di ordine pubblico a livello nazionale. I sindaci No Tav saranno lunedì 13 a Bruxelles per cercare di dimostrare alla Commissione Europea che è meglio lasciar perdere il progetto di una seconda linea ferroviaria tra Torino e Lione.
di Paolo Hutter