I tassisti: "Di questo passo non andremo più a votare". I commercianti: "Basta alle leggi sull'onda dell'emergenza". I comitati di quartiere: "E' un incentivo alle azioni criminose". E la Guardia padana si chiude in un secco "no comment"
Lo stupore è unanime, anche se la notizia del mini-indulto inserito nel ddl Alfano (in vigore dal 16 dicembre) non è circolata sui media e sono in molti a non sapere nulla del provvedimento. Commercianti, guardia padana, rondisti, comitato dei tassisti: sono tante le associazioni che fanno della “sicurezza”, intesa come rischio-microcriminalità, la propria bandiera. Questo governo ha sempre cavalcato e alimentato il problema, giocando proprio sulla pena “inadeguata” per chi commette rapine negli esercizi pubblici, furti in abitazione o altri reati violenti. Slogan e attacchi politici che alla fine, però, si sono tradotti in un provvedimento che prevede, per i detenuti condannati in via definitiva, di scontare l’ultimo anno ai domiciliari, spostando di fatto da tre a quattro anni il periodo di condanna che non viene scontato in carcere. Che diventano sette anni per i reati coperti da indulto.
Una misura che pochi mesi fa (era il 6 maggio), veniva stigmatizzata anche dal ministro Roberto Maroni. “Noi non siamo in grado di controllare le circa 10 mila persone che, ora, se fosse approvato il ddl, andrebbero ai domiciliari – confidò all’Ansa dal Cairo – la metà è costituita da stranieri e molti sono clandestini, senza casa. Dove dovrebbero scontare i domiciliari?”. Bella domanda. Sondando le opinioni sul territorio, fra operatori, commercianti e volontari delle cosiddette “ronde” istituite dal ministro Maroni, quello che colpisce immediatamente è che nessuno sa molto del mini-indulto inserito nel ddl Alfano. Appresa la notizia, però, le reazioni sono sorprese, salvo qualche no comment dettato probabilmente dalla prudenza politica di associazioni vicine alla Lega Nord, che ancora più del Pdl incarna il controsenso.
“Bene, vorrà dire che con questo provvedimento si ingrosseranno le fila del partito del non voto”. Lo afferma Corrado Fanelli, presidente di Assotaxi, una delle più grandi associazioni di tassisti italiani. “Siamo passati – continua Fanelli – dall’indulto del governo Prodi a quest’altro provvedimento assurdo che dovrebbe supplire al sovraffollamento delle carceri. Se questo fosse il Paese della certezza della pena potremmo anche comprenderlo, ma sappiamo che così non è”. Assotaxi rievoca l’ultima vicenda di cronaca, accaduta a Milano : “Il collega ucciso è la prova di quanto noi siamo esposti al rischio di rapine e aggressioni. Dal 2007 giriamo con una proposta che ogni anno rinnoviamo al Parlamento italiano sulla messa in sicurezza con sistemi di videosorveglianza delle aree posteggio taxi collegati alle questure, soprattutto di notte quando si fanno vivi tossici e balordi. Ma non sono mai arrivati riscontri”.
“Io innanzitutto sono per la certezza della pena” spiega Luca Squeri, presidente della commissione sicurezza e legalità di Confcommercio e assessore al Bilancio della Provincia di Milano. “Se questo provvedimento – continua – rientra nel rispetto di questo principio, ha come effetto positivo quello di andare incontro al problema del sovraffollamento delle carceri. Comunque mi auguro che ci siano anche una serie di vincoli, per esempio quello della buona condotta”. Ma i commercianti non temono un impatto diretto per la sicurezza sulle loro attività? “Se il provvedimento non viene vissuto – spiega Squeri – come uno sconto approssimativo e grossolano di una giusta pena inflitta io credo che sia sensato pensare a pene alternative come i domiciliari.” Staremo a vedere. E dire che Squeri non è proprio uno che va giù leggero. Nel 2008, commentando i fatti di Nicolosi, dove un gioielliere sparò durante una colluttazione e uccise due rapinatori, ferendone un terzo dichiarò: “Piena solidarietà a chi è stato costretto a difendere la propria moglie e se stesso dall’ennesimo assalto criminale. Io al suo posto, fossi stato armato, avrei fatto lo stesso”.
I commercianti, comunque, non sono tutti d’accordo sulla linea morbida rispetto al mini-indulto. “Ci risiamo con le leggi emanate sull’onda dell’emergenza. Eravamo contrari all’indulto e lo siamo anche su questo provvedimento”. Lo dice Lino Busà, presidente di Sos imprese, che fa capo a Confesercenti. ”Sostanzialmente – aggiunge – non è diminuito il numero delle rapine negli ultimi due anni e questo provvedimento che garanzie ci dà? Eravamo a 40mila rapine nel 2008 e la cifra è la stessa per il 2009, teniamo conto che il 30-40 per cento delle rapine sono a danno proprio degli esercizi commerciali. Poi c’è un altro problema che va rilevato ed è quello dei dati statistici sulla sicurezza, sempre più difficili da reperire. E sempre meno raccontati dai media”. Più cauto Stefano Bartoli, direttore generale Federazione Italiana Tabaccai: “Non ci esprimiamo su questo provvedimento del mini-indulto, vediamo come e se sarà finalizzato. Siamo per le pene certe, questo possiamo dirlo. Quello che constatiamo è che noi tabaccai, 56mila in tutta Italia siamo sempre più esposti a furti e rapine. Questo perché il denaro che muoviamo è sempre di più, visti i servizi ai cittadini che le tabaccherie rendono”.
Ma non sono solo i commercianti ad agitare il tema della sicurezza. C’è anche il mondo delle cosiddette “ronde padane”, istituzionalizzate nel pacchetto sicurezza con il nome di “osservatori volontari per la sicurezza”. Secondo Renato Zeppa, ex maresciallo dei carabinieri e responsabile dei volontari per la sicurezza di Varazze, una delle poche associazioni di controllo (non vogliono essere chiamati ronde) presenti sul territorio italiano, “il provvedimento non toccherà tanto noi, quanto i carabinieri e la polizia. Certo – continua Zeppa, riproponendo l’obiezione sollevata a maggio dal ministro dell’Interno – bisogna domandarsi se le forze di polizia come numero saranno in grado di controllare tutte queste persone ai domiciliari. Già ci sono stazioni dei carabinieri che hanno problemi a controllare 3-4 persone. Se se ne aggiungono, che so, dieci, voglio vedere come fanno. Inoltre una misura del genere dovrebbe andare di pari passo con politiche di reinserimento”.
Perplesso anche Angelo Amoruso, istruttore di arti marziali, titolare della omonima associazione di volontari “Amoruso, aiuto, solidarietà e sicurezza”. Amoruso è stato uno dei primi in Italia a presentarsi al primo corso per “osservatori volontari”, che si è tenuto a ottobre a Varese, e ci tiene a sottolineare che la sua non è una ronda, ma un gruppo di persone che presidiano il territorio e al massimo possono segnalare alle forze di polizia. “Certo qualche preoccupazione la abbiamo – ammette – anche per la nostra sicurezza, ma bisognerà stare a vedere come si sviluppa la faccenda. Chiaro che mettere fuori la gente così è forse un po’ azzardato. Noi comunque faremo del nostro meglio, abbiamo già lavorato a dei progetti di reinserimento con dei ragazzi segnalati dal tribunale dei minori”.
Secco “no comment”, invece, dai volontari della Guardia Nazionale Padana. “Noi ci occupiamo di attività legate alla protezione civile e non alla sicurezza, quello non è il nostro campo. L’unica emergenza che abbiamo in questo momento è quella della neve”.
Un’altra realtà che spinge sul problema della micro-criminalità è quella dei comitati civici e di quartiere, soprattutto quando si tratta di realtà periferiche delle grandi città. Ilfattoquotidiano.it ha contattato tre responsabili di altrettante associazioni milanesi. Nettamente contraria al mini-indulto è Fabiola Minoletti portavoce del comitato Abruzzi-Piccinni (contro la prostituzione nel quartiere): “Questa è una pessima notizia. Da questo governo a avevamo aspettative maggiori sul tema della sicurezza e in particolare sulla lotta alla prostituzione. Ma la proposta della Carfagna del 2008 è stata un flop e giace ferma alla Camera, probabilmente imboscata. In particolare, chi si fa garante della sicurezza come la Lega, deve mantenere le promesse e dimostrarle con i fatti. Siamo stanchi di passerelle in campagna elettorale. Siamo inorriditi da questo provvedimento e temiamo la degenarazione”.
Altrettanto negativo è il commento di Raffaella Piccinni, del comitato “Riprendiamoci Milano” per la lotta all’immigrazione clandestina: “Questo governo, e in particolare la Lega, cavalca i problemi ma non ha la volontà di risolverli. Credo che abbiano un programma per la campagna elettorale e un altro, occulto, per quando sono al governo”. Sulle incongruenze della Lega punta anche Vittorio Cavenaghi presidente comitato “Vivi Casoretto” che, sempre a Milano, si occupa della sicurezza sul territorio. Cavenaghi, però, nonostante il giudizio negativo sul mini-indulto, considera positivo l’impegno del governo e della Lega sulla sicurezza: “Questo mini indulto a mio avviso è una scelta infelice, allontanare ancor di più la certezza della pena significa incentivare le azioni criminose. Credo che, da parte della Lega sia stato un ‘obbedisco’ alla Garibaldi fatto per Berlusconi, ma dal punto di vista della sicurezza credo che Maroni finora, con la lotta all’immigrazione e alla camorra, abbia mantenuto le promesse elettorali”.
Interviste raccolte da Eleonora Bianchini, David Perluigi e Federico Simonelli