“Buonasera…”. Ma non è nemmeno mezzogiorno. Libero Mancuso sorride. E’ emozionato. Non lo nasconde. Applausi. L’affetto delle settecento persone che riempiono il cinema Modernissimo di Napoli. “Anzi, buongiorno…”. Il discorso riparte. Lentamente. Non parla a braccio l’ex magistrato del processo sulla strage di Bologna e degli omicidi della Uno Bianca, poi assessore nella giunta bolognese di Sergio Cofferati. Mancuso legge un testo, non stacca gli occhi dal foglio. Quindici minuti in tutto per annunciare, con parole semplici, senza scadere nel politichese, che “accetto questo impegno e mi candido alle primarie del centrosinistra per la candidatura a sindaco alle prossime amministrative di Napoli, perché ho ritrovato sul mio nome mobilitazione ed entusiasmo in una città che vive una profonda crisi, la mia città, quella dalla quale provengo”.

Il dado è tratto. E se primarie ci saranno (il dubbio è lecito, viste le girandole organizzative cui si è assistito sinora), non resteranno chiuse nel recinto del Pd napoletano. Libero Mancuso il 23 gennaio dovrebbe sfidare i tre candidati democrat già da tempo usciti allo scoperto: l’assessore comunale alla Cultura Nicola Oddati, l’europarlamentare recordman di preferenze Andrea Cozzolino, l’ex deputato e responsabile Mezzogiorno del partito, Umberto Ranieri. Mancuso ha dalla sua il sostegno ufficiale di Sinistra e Libertà e della Federazione di Sinistra, i cui dirigenti affollano le prime file del cinema-teatro, e l’appoggio di circa 500 tra intellettuali e professionisti napoletani che hanno firmato un appello in suo favore, alcuni dei quali con importanti esperienze nei governi di centrosinistra degli ultimi 15 anni a Napoli.

Lui, però, non accetta di essere definito il candidato dei vendoliani. “Non ho nessun partito alle spalle”. A chi gli chiede se altri partiti oggi estranei alle primarie (Verdi, Idv) potrebbero convogliare sul suo nome, Mancuso risponde: “Guardi, ci sono altre persone che si occupano di queste cose. Io mi occupo di incontrare la gente e di discutere dei problemi di Napoli”. E chissà quanto e se sia fondata la maldicenza captata tra i seggiolini della platea, secondo cui Di Pietro non intende sostenere Mancuso perché non gli perdona di essere l’avvocato di Achille Occhetto nelle cause che lo contrappongono all’ex leader della Quercia dopo la burrascosa e breve alleanza di una lontana stagione elettorale. Maldicenza, probabilmente. Dopo aver giocato invano la carta di convincere gli alleati a candidare Luigi De Magistris senza passare per le primarie, Idv intenderebbe restare alla finestra e poi discutere del programma con chi uscirà vincente dal voto del 23 gennaio.

Maldicenza, secondo Mancuso, è invece quella di chi intende definire la sua candidatura a Napoli “un ripiego” rispetto alla mancata candidatura a Bologna per il dopo Delbono. “Mi è stata proposta la stessa cosa a Bologna – ha detto in un’intervista a Simona Brandolini – e non ho accettato perché non era così impossibile, alta e attraente come l’avventura napoletana. Ho avuto tanto da Bologna, ma Napoli è sempre stata nel mio cuore”. Sì, ma lei non vive a Napoli da molti anni. “Ma non ho mai perso i contatti con la gente e le vicende di questo posto, qui ci sono la mia famiglia e i miei affetti”. Domanda: se suo fratello Paolo Mancuso, procuratore capo di Nola, dovesse prendere il posto di Giandomenico Lepore alla guida della Procura di Napoli? L’istanza è stata presentata e il Csm dovrebbe pronunciarsi nelle prossime settimane. “Con Paolo c’è un legame molto intenso, ci vogliamo bene: i nostri sono percorsi che possono proseguire serenamente senza incompatibilità”.

Uno dei fili conduttori degli interventi dei sostenitori di Mancuso è la pressante richiesta al Pd di ritirare le sue candidature e sostenere l’ex magistrato senza se e senza ma. “Io mi riconosco nel popolo del Pd – dice Mancuso senza prendere posizione sul punto – ma non mi riconosco nel suo gruppo dirigente. Mi reputo un uomo di sinistra, di centrosinistra. Rispetto i tre candidati del Pd, non siamo avversari ma competitori e spero in un confronto leale. Se li ho sentiti in questi giorni? No, per ora no”.

La platea dei fans di Mancuso mostra verso il Pd sentimenti di amore-odio. Applausi convinti e sinceri quando viene ricordata la contemporanea manifestazione a Roma contro il governo Berlusconi. Ma feroci critiche ai 15 anni di bassolinismo, iniziati tra speranze ed entusiasmi e conclusi nel disastro dei rifiuti e nel curioso tentativo, avviato da Oddati, di attribuire agli altri candidati (e in particolare a Mancuso) il presunto sostegno di Bassolino. Quasi fosse un disvalore elettorale. Un gioco stoppato sul nascere da una dichiarazione dell’ex Governatore della Campania: “Stimo tutti i candidati e non ho espresso sostegno per nessuno”. Finora.

Dal palco ci va giù durissimo lo storico Francesco Barbagallo, tra i primi firmatari dell’appello pro-Mancuso: “Il problema non è battere questa destra, ma cambiare l’identità di questo centrosinistra, mettere fine alla trasversalità che ha caratterizzato le vicende dei rifiuti, documentata nell’ordinanza di arresto di Nicola Cosentino. Ai compagni del Pd, che una volta erano comunisti… (e qui il pubblico si lascia andare a un boato, ndr), chiedo di fare un passo indietro e di sostenere Mancuso, perché solo con lui recupereremo persone e forze che si erano ritratte di fronte a una politica che era diventata solo uno strumento per elargire carriere, posti, prebende, stipendi di decine di migliaia di euro secondo logiche di clan”. Forse ha ragione lo sconosciuto militante che applaude in una delle ultimissime file: “Mancuso ha coraggio, perché ci vuole un bel coraggio a tornare in questa città”.

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