In carcere anche il boss Ruga e un imprenditore. A proposito del comune calabrese il gip scrive: "Si tratta di un’amministrazione in cui le regole non esistono, il tutto ad esclusivo vantaggio e favore di amici, potenti e mafiosi"
Il mafioso, l’imprenditore e il dirigente comunale. A Monasterace, in provincia di Reggio Calabria, bastavano loro tre per manovrare gli appalti dell’amministrazione comunale e garantire alla cosca Ruga il monopolio del movimento terra. Questo racconta l’ordinanza d’arresto firmata dal gip Silvana Grasso su richiesta del pm Nicola Gratteri. E così in carcere sono finiti boss Benito Vincenzo Antonio Ruga, già condannato nei processi “Stilaro” e “Stilaro 2” per associazione mafiosa e interdetto dai pubblici uffici, l’imprenditore Aladino Grupillo e il responsabile dell’ufficio tecnico comunale Vito Micelotta. Per quest’ultimo, già arrestato in passato, l’accusa è di concorso esterno in associazione mafiosa. In sostanza, sfruttando il suo ruolo pubblico, Micelotta ha favorito gli interessi criminali della cosca Ruga padrona incontrastata nel territorio di Monasterace. “Un territorio che dal 1993 non era al centro di un’indagine antimafia”, ha sottolineato il magistrato Gratteri nel corso della conferenza stampa tenuta assieme al procuratore Giuseppe Pignatone e al colonello Francesco Falbo.
Le ditte riconducibili alla famiglia mafiosa, hanno raccontato gli investigatori, erano riuscite ad accaparrarsi il sub-appalto anche dei lavori di ristrutturazione di un edificio comunale, un ex ostello della gioventù che da lì a poco sarebbe diventato la caserma dei vigili del fuoco. Il tutto senza che il Comune desse l’autorizzazione al sub appalto e senza che il sindaco Maria Carmela Lanzetta ne sapesse nulla. Uno scenario inquietante tratteggiato dalle intercettazioni telefoniche tra il primo cittadino e il dirigente comunale indagato.
Il sistema era sempre lo stesso e poggiava le sue basi su documenti falsi e su strumenti quali quello della “somma d’urgenza” o il “silenzio assenso”. Con un ribasso del 19,321% rispetto all’importo di 533mila euro, la ditta Eudelia aveva vinto la gara. Dopo qualche mese “veniva depositata presso l’ufficio tecnico del comune una richiesta di autorizzazione di subappalto per le ditte: M.R.M. di Ruga Mauro per i lavori di scavi e movimento terra e la C.C. Costruzioni di Cirillo Caterina. Il responsabile Micelotta, dopo aver richiesto alla ditta aggiudicataria documentazione integrativa, emetteva un provvedimento espresso di autorizzazione per il subappalto solo ed esclusivamente per la ditta C.C. Costruzioni di Cirillo Caterina, omettendo deliberatamente di pronunciarsi per la MRM di Ruga Mauro”. Omissione che, però, non ha impedito al boss Ruga di infiltrarsi nei lavori della caserma dei vigili del fuoco così come in tutti gli appalti del Comune di Monasterace.
In merito al funzionario comunale, il gip Grasso scrive: “L’indagato ha posto in essere una serie di condotte classiche e incontestabili di abuso di ufficio e falso che costituiscono contributo fondamentale all’esistenza, conservazione e rafforzamento dell’associazione mafiosa, posto che si è appurato che una delle sue finalità accertate era proprio l’arricchimento mediante assunzione massiccia di appalti pubblici locali. Attese le condotte descritte in atti e richiamate innanzi, non v’è dubbio, che i comportamenti del pubblico ufficiale si caratterizzino proprio per la creazione dall’interno dell’Ente di appartenenza delle condizioni perché la cosca, grazie all’assunzione per via diretta o indiretta degli appalti, possa continuare ad operare e a trarre illeciti vantaggi secondo i propri fini in uno dei settori prediletti inibitole per legge a seguito di condanna definitiva dell’effettivo titolare”.
Per capire bene cosa significa il “contesto ambientale” in cui si sono mossi gli uomini della Dia è sufficiente rileggere la relazione conclusiva della commissione d’accesso al Comune disposta dal Prefetto nel 2003. Un “contesto ambientale” che non è cambiato nel 2010. Una relazione che – scrive il gip nell’ordinanza di arresto – “rende perfettamente il senso di un’amministrazione in cui le regole non esistono, il tutto ad esclusivo vantaggio e favore di amici, potenti e mafiosi: nessuna vigilanza da parte della Polizia Municipale sull’uso del territorio, organo che, in tre anni (2001-2003), accerta solo sei violazioni edilizie e nessuna contravvenzione al Codice della Strada; varianti al piano regolatore, lottizzazioni e permessi di costruire rilasciati in violazione delle norme, con falsi macroscopici e con palesi intenti di favoritismo; appalti di opere pubbliche aggiudicati con il criterio “a sorteggio” (sic!) con ribassi d’asta predeterminati dall’ufficio tecnico; un ufficio tributi praticamente inesistente senza alcuna forma di prelievo dei tributi che, praticamente, non vengono pagati dai cittadini”.
di Lucio Musolino