“La cosca Bruni è stata disarticolata”. Ne sono convinti gli investigatori che stamane hanno eseguito 49 ordinanze di custodia cautelare in una nuova operazione contro la ‘ndrangheta in Calabria. L’operazione congiunta tra l’Arma dei Carabinieri e la Polizia di Stato è stata coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro.
Le accuse vanno dall’associazione a delinquere alle rapine, furti, riciclaggio e reati connessi al reinvestimento di capitali illeciti in attività economiche pulite.
Secondo quanto è emerso dalle indagini, la cosca si sarebbe infiltrata in numerose attività imprenditoriali, gestendo, tra l’altro, il racket delle pompe funebri e una discoteca nel centro di Cosenza. Il gruppo criminale avrebbe avuto anche un ruolo attivo nel traffico di stupefacenti, nelle estorsioni e nelle rapine contro i furgoni portavalori eseguite con la complicità di mafiosi pugliesi.
Tra i presunti affiliati ai Bruni di Cosenza figura anche l’ex parlamentare Bonaventura La Macchia che questa mattina è stato arrestato a Roma. Eletto per la prima volta nel 1996 con la Lista Dini, nel 1999 aveva aderito all’Udeur di Clemente Mastella. L’ex senatore era già finito in carcere negli anni 90 per reati finanziari quando patteggiò una condanna a due anni e mezzo per bancarotta fraudolenta e tentata estorsione. Secondo gli inquirenti, La Macchia avrebbe implementato il pacchetto clienti delle ditte di onoranze funebri controllate dai boss. In particolare l’ex senatore avrebbe fatto pressioni su un imprenditore della sanità privata in modo che si servisse delle società di onoranze funebri di riferimento della ‘ndrangheta.
Sono finiti in manette anche due carabinieri che sono accusati di concorso esterno in associazione mafiosa. Uno dei due militari era in servizio nella Compagnia di Rende (Cosenza), mentre l’altro era stato sospeso.
Il capo della ‘ndrina, Michele Bruni, era stato scarcerato appena ieri ed era stato posto agli arresti domiciliari. Assieme al boss, sono stati arrestati la compagna e tre fratelli, due dei quali, comunque, erano già detenuti. Secondo gli investigatori era la compagna polacca di Bruni, Edyta Kopaczynska, 29 anni, che dirigeva gli affari della cosca nel periodo in cui il boss era detenuto. Dall’attività investigativa è emersa anche l’influenza che la donna aveva non solo sul compagno, ma anche sugli altri affiliati. Per farsi capire da tutti, tra l’altro, la polacca aveva imparato e si esprimeva in dialetto cosentino.