di Alessandro Pezzella*
Una strana ironia lega la “salvezza” che l’esecutivo ha ottenuto ieri con il risultato di 314 a 311 alla Camera e la “salvezza” dai suoi mali che viene offerta all’università con la riforma che può riprendere ora il suo corso parlamentare.
Glissiamo con un rigo sul fatto che l’1% di differenziale positivo ottenuto dal governo sia composto da parlamentari di condotte e posizioni politiche apparentemente non del tutto radicate in una visione di coerenza.
Soffermiamoci piuttosto sul segnale per l’università: elemento critico per l’ottenimento della fiducia è stato anche il voto di Catia Polidori, emblema di quello che puo accadere domani in tanti Cda della nuova università figlia della riforma Gelmini. Polidori è parente, dicono alcuni, o affettuosa amica, dice lei, di Francesco Polidori, titolare del Cepu, l’istituto privato per la formazione a domicilio.
Il suo voto è stato determinante per l’esecutivo e riapre la strada ad una riforma dell’università che riproporrà su scale più piccola – dal parlamento agli atenei – lo stesso tema: interessi privati nella gestione di risorse pubbliche, come scrivevamo in un precedente post.
Ieri quindi una certa visione del bene pubblico ha segnato un nuovo punto, ha avviato un processo riproduttivo, ha gettato i semi per una riproposizione del problema. E’ vitale riflettere su quanto accaduto, sul contenuto culturale e politico al di là di quello tecnico, sul fattore auto-amplificativo di quelli che possono sembrare piccoli episodi.
Intanto segnalo il gruppo Facebook “Vergognati Catia Polidori“, importante non tanto per le espressioni a volte discutibili, ma per i ventimila sostenitori raggiunti in poche ore.
* Rete29Aprile