PERCHE’ ZUCKERBERG. In un articolo pubblicato sul proprio sito dal titolo “Perché abbiamo scelto Zuckerberg”, il direttore del Time, Richard Stengel, articola la mancata scelta del fondatore di Wikileaks come “personaggio dell’anno” (a proposito in Rete è già partito un tam-tam che denuncia presunte pressioni dell’Amministrazione americana per non far andare all’hacker il riconoscimento).
“Come altri due candidati di quest’anno – spiega il direttore del Time – ovvero Julian Assange e il Tea Party, Zuckerberg non ha un grande rispetto per le autorità tradizionali”. In un certo senso, aggiunge, “Zuckerberg e Assange sono due facce della stessa medaglia, entrambi esprimono un desiderio di apertura e trasparenza“. Ma mentre “Assange attacca le grandi istituzioni e i governi attraverso una trasparenza involontaria con l’obiettivo di depotenziarli, Zuckerberg dà la possibilità agli individui di condividere volontariamente informazione con l’idea di dare loro più potere“.
Non basta: se il fondatore di Wikileaks vede “il mondo pieno di nemici reali o immaginari”, l’ex studente di Harvard, “ha messo in relazione tra loro oltre mezzo miliardo di persone” quindi, “considera il mondo zeppo di potenziali amici” tanto da “aver tracciato la mappa delle loro relazioni sociali” che “ha cambiato il modo di vivere le nostre vite”.
NE’ AVIDO NE’ ASOCIALE. Nel lunghissimo articolo che spiega la decisione, viene elogiato lo spirito americano che motiva l’ex studente di Harvard diventato il più giovane miliardario del mondo: “Zuckerberg, pure esserendo parte della generazione di esseri umani che ricordano ancora il mondo prima di Internet, in soli sette anni (Facebook è stato fondato nel 2004, ndr), ha unito un dodicesimo dell’umanità in un unico network”.
Dal Time viene anche smentita la versione del Mark “nerd asociale e avido” fatta propria dal film The social Network di David Fincher che ha già sbancato i botteghini di mezzo mondo e ieri ha incassato sei nomitations ai Golden Globe.
“Zuckerberg, in realtà, è fidanzato da sei anni, e ha conosciuto la sua ragazza Priscilla Chan da prima che nascesse Facebook. Inoltre, la sua indifferenza nei confronti del denaro è quasi patologica”. Non solo: “Mark non è un alienato, né un perdente. E’ l’esatto contrario: ama essere in mezzo alle persone, tanto da aver dedicato la sua intera vita alla creazione di un intenso ambiente di connessioni sociali”.
LE POLEMICHE. Di certo la scelta farà discutere. Non solo per la contrapposizione del sito blu al sito web del momento, ovvero Wikileaks (tra l’altro Facebook ha chiuso d’imperio la pagina fan degli Anonymus, il gruppo di hacker che si sta spendendo a favore del sito di Assange). Ma anche perché numerose sono state le polemiche sulla privacy del social network più famoso in Occidente, tanto che ne è nato un concorrente aperto: Diaspora, che ha aperto i battenti il mese scorso – anche se stenta a decollare.
Alcuni, inoltre, non perdonano al fondatore di Facebook di aver ospitato solo due settimane fa, nelle sede centrale del sito, in California, George W. Bush, il presidente di Guantanamo e della “armi di distruzione di massa” che è andato a presentare a Palo Alto il suo libro di memorie “Decision Point” ed è apparso in grande sintonia con lo stesso Mark.
HA CAMBIATO ANCHE IL SESSO. Non solo ombre naturalmente. L’impatto di Facebook sulla vita di molti di noi è stata dirompente. Ha cambiato il nostro modo di relazionarsi, i rapporti umani, le modalità d’informazione, persino le relazioni sessuali: sempre più spesso una “richiesta di amicizia” sul social network è oggi il primo passo di qualsiasi flirt, passione, amore.
Facebook è diventato inoltre uno strumento di aggregazione politica, a partire dall’Italia, dov’è stata la base di organizzazione di una manifestazione come il No B. Day del 5 dicembre 2009. E’ ormai strumento di uso quotidiano per connettere politici, aziende, sportivi, uomini di spettacolo, intellettuali, con un pubblico che, grande o piccolo che sia, ha potuto abbattere le distanze analogiche con i propri interessi e i propri beniamini.
DIPENDENZA? È vero anche però che Facebook si nutre di un meccanismo di “dipendenza” nei confronti del nostro avatar virtuale. Studi e approfondimenti sono in corso, e la cultura diffusa al riguardo è in grande ritardo. Eppure sono numerosi i casi di “Facebook addiction disorder”, di dipendenza da aggiornamenti, notifiche, chat, commenti. E ancora non è chiaro come possano essere travisate le relazioni sociali sulle quali investiamo avendo solo lo strumento testuale per manifestare noi stessi e per intelleggere gli altri. Emerge ormai chiaro un rapporto diretto tra un altro grado di narcisismo e un’eccessiva attenzione a Facebook.
Con tutte queste questioni, di sicuro, faremo i conti nei prossimi anni. Anche perché Mark ha chiaro il suo obiettivo: “Facebookizzare il web”, ovvero rendere il suo sito la piattaforma per ogni attività online. Ci riuscirà? È da vedere.
Di certo, anche se chi ha una visione aperta del web avrebbe preferito un riconoscemento per Assange, il giovane Mark non ha rubato nulla. Zuckerberg, ci piaccia o meno, ha cambiato le nostre vite, e il mondo. A noi il compito di aggiornare la nostra intelligenza usando al meglio, e non facendosi usare, dagli strumenti che il progresso sempre più veloce ci offre.