La Banca centrale europea raddoppia il proprio capitale per cautelarsi dalla probabile svalutazione dei titoli di Stato di eurolandia in suo possesso. Un altro segnale negativo in una crisi debitoria continentale che non sembra avere fine
La Banca centrale europea (Bce) ha deciso di raddoppiare il proprio capitale portandolo a quota 10,76 miliardi contro i 5,76 attuali. Lo ha reso noto lo stesso istituto centrale in una nota diffusa nel primo pomeriggio. L’intervento avrà effetto a partire dal 29 dicembre e richiederà lo sforzo di tutti i Paesi membri dell’eurozona che contribuiscono proporzionalmente alle casse della Bce. Il contribuito richiesto alla Banca d’Italia è di 624,8 milioni da versare in tre rate. Gli istituti centrali dei Paesi Ue “non euro”, come la Banca d’Inghilterra ad esempio, non dovranno contribuire alla causa salvo eventuali aggiustamenti relativi ai costi operativi della Bce. La loro quota nel capitale di quest’ultima verrà sostanzialmente dimezzata (dal 7% al 3,75%).
A motivare la decisione, spiega la nota, la necessità di cautelarsi di fronte “all’aumento della volatilità dei cambi, dei tassi di interesse, del prezzo dell’oro e del rischio associato al credito”. Vengono quindi confermate le indiscrezioni della vigilia quando una simile mossa era stata prevista con l’obiettivo di offrire maggiori garanzie di fronte al probabile deprezzamento dei titoli sovrani emessi dai Paesi più a rischio (Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna in primis) e acquistati dalla stessa Bce.
In sintesi: la Banca centrale non sembra riporre troppa fiducia, almeno per il momento, nelle prospettive di recupero dei Paesi della periferia continentale temendo, al contrario, una svalutazione degli assets in suo possesso e, di conseguenza, del suo patrimonio. Un motivo sufficientemente valido per ricorrere all’aumento di capitale ma anche un segnale di rischio per le economie maggiormente in difficoltà chiamate a sostenere costi sempre maggiori per rifinanziare i propri debiti. La scorsa settimana, la Bce aveva acquistato titoli di Stato per oltre 2,6 miliardi di euro.
Nella stessa nota, la banca centrale ha tentato di spegnere sul nascere i focolai di allarme sottolineando come “l’aumento di capitale, il primo intervento generale in 12 anni, risulti anche motivato, in una prospettiva di lungo periodo, dalla necessità di garantire un’adeguata base di capitalizzazione nell’ambito di un sistema finanziario che è cresciuto notevolmente”. Al di là delle valutazione di lungo termine, tuttavia, restano evidenti i timori circa un ulteriore deterioramento della situazione generale del Continente stante il rischio contagio che incombe sull’Italia e la paura legata all’aggravarsi della crisi stessa al di fuori delle cosiddette periferie.
Nel mirino degli analisti, in tal senso, sono finite da qualche tempo Austria e Belgio. Su Vienna pesa la notevole esposizione al tormentato settore creditizio dell’Europa centrale e orientale. Il Belgio, invece, sconta le ricadute di mercato della sua prolungata paralisi politica, gli effetti della bolla immobiliare locale e un quoziente debito/Pil prossimo a sfondare quota 100% collocando idealmente il Paese sul terzo gradino del poco invidiabile podio europeo dopo Grecia e Italia.